È passato poco più di un mese da quando il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi ha annunciato che dall’anno accademico 2020/2021 le università telematiche non potranno più offrire corsi di laurea triennale e magistrale in Psicologia, Scienze dell’Educazione e Scienze Pedagogiche.

Lo psicologo è una professione sanitaria e, in quanto tale, non può essere intrapresa da chi non frequenta l’università. Di conseguenza, non può più essere una laurea telematica.

In questo modo, molti giovani dovranno rinunciare ad affiancare lo studio ad impegni lavorativi e, se vivono lontano da città universitarie, dovranno necessariamente spostarsi e aggiungere al costo della tassa d’iscrizione e dei libri anche quello dell’affitto e di eventuali mezzi di trasporto.

Molti studenti di alcune facoltà telematiche, tra cui quelli iscritti ai corsi di psicologia della UniCusano, hanno reso pubblica una lettera-appello indirizzata al governo per invitarlo a riflettere su quanto decretato. Dalle loro parole emerge chiara la denuncia di essere stati penalizzati a causa dei pregiudizi che ancora perseguitano le università telematiche.

Questo caso ha sollevato un acceso dibattito che riguarda l’inserimento del digitale nell’ambito educativo. Un dibattito che va avanti da diverso tempo e che vede l’Italia indietro rispetto al resto del mondo sull’argomento. Pensiamo solo alla discussione suscitata dal decreto Profumo ormai più di cinque anni fa. Tale decreto prevedeva che in tutte le scuole fosse abbandonato l’uso dei libri tradizionali per usare solo le versioni digitali. Ci fu una grandissima protesta da parte degli editori e, alla fine, il decreto non venne mai attuato e le nostre scuole rimangono legate a una didattica tradizionale.

Che il passaggio al digitale nelle scuole sia un argomento complesso con risvolti sia positivi che negativi è certo. Che le nuove generazioni siano naturalmente portate ad avere competenze digitali e che la scuola non possa più ignorare i nuovi strumenti mediatici lo è altrettanto. Bisognerebbe cercare di integrare il vecchio con il nuovo e di capire come non far perdere l’abitudine alla scrittura manuale pur non censurando l’uso di tablet e pc.

Il discorso delle università telematiche è, però, diverso. Si è a un livello d’istruzione in cui si sono già raggiunte determinate competenze. I vantaggi che se ne possono trarre sono molti, non da ultimo, la possibilità di iscriversi a una facoltà mentre si lavora. È utile soprattutto per tutti coloro che desiderano rinnovarsi a livello professionale o acquisire nuove competenze.

A livello internazionale cresce il numero di iscritti a corsi di laurea telematica. Nel nostro paese, invece, l’e-learning è ancora spesso associato all’idea di una “laurea facile”, di “esami a crocette” e di “studio sintetico e insufficiente”. Idee stereotipate, soprattutto se si considera che la maggior parte dei detrattori delle università telematiche non ne fa parte. Non bisognerebbe mai giudicare una situazione dall’esterno. Detto questo, gli esami di università simili sono sempre sostenuti in sede per opera del decreto Profumo del gennaio 2012. Questo permette ai professori di verificare l’effettivo svolgimento del programma online e la visione di tutte le lezioni.

Sarebbe opportuno non fermare il progresso e interrogarsi sui modi più efficaci ed efficienti per garantire sempre la migliore preparazione sia didattica che professionale.

 

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