Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), detto anche “Fondo salva-Stati”, nasce in seguito alle “turbolenze finanziarie” derivanti “dal crollo dei mutui subprime negli Stati Uniti nel 2008/2009”, nonché con la conseguente crisi economica scoppiata anche in Europa nel 2010.
Come recita lo stesso sito web del MES: “I mercati hanno iniziato a diffidare di un certo numero di paesi, richiedendo tassi di interesse sempre più elevati”.
Questi Stati venivano considerati e giudicati “sempre più rischiosi”, perché “i loro governi avevano lasciato che i disavanzi aumentassero”, facendo perdere loro la competitività.
Nel 2010 questi Paesi “hanno iniziato a perdere l’accesso al mercato” e di questi la Grecia “è stata la prima a chiedere” ed a ricevere “prestiti bilaterali…dagli altri paesi della zona euro”.
Infatti nel giungo 2010 viene istituito, “come soluzione temporanea”, l’European Financial Stability Facility (EFSF), che oggi “esiste ancora come entità legale e grande emittente di obbligazioni, ma non può più concedere nuovi prestiti”.
Mentre il famoso MES, Meccanismo Europeo di Stabilità è stato istituito nell’ottobre 2012, proprio come successore dell’EFSF.
Quest’ultimo a differenza dell’EFSF è una “soluzione permanente” per “la mancanza di un sostegno per i paesi dell’area dell’euro che non sono più in grado di accedere ai mercati”.
Ma come leggiamo dal dossier del Senato della Repubblica italiana di aprile 2012, sul disegno di legge per la ratifica del Trattato che istituì il MES: “L’idea dell’istituzione di un meccanismo permanente per la gestione delle crisi dell’area euro è stata inizialmente prospettata dal Consiglio europeo del 28 e 29 ottobre del 2010 al fine di sostituire, a partire dal luglio del 2013, le soluzioni temporanee approntate per la gestione della crisi greca, l’EFSM e l’EFSF”.
Così nel luglio 2011, dopo la fase di trattativa tra gli Stati aderenti, si giunge ad un accordo, che poi verrà superato da uno successivo, che riguarderà l’anticipazione di un anno l’entrata in vigore del MES, stabilendo che questi inizierà ad operare dal luglio 2012 anziché nel 2013, come previsto inizialmente.
L’11 luglio 2011 dunque, i ministri delle finanze (per l’Italia Giulio Tremonti) dei 17 paesi dell’area dell’euro hanno firmato il trattato che istituisce il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).
Va detto che nel luglio 2011 in Italia era operativo il governo Berlusconi, con Giorgia Meloni ministro per la gioventù e la Lega con ruoli importanti all’interno della maggioranza (anche se poi i leghisti non hanno votato comunque il MES).
Come riporta il sito web della Commissione europea: “Il Trattato segue la decisione del Consiglio europeo del 25 marzo 2011 e si basa su una modifica dell’articolo 136 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Sebbene il trattato sia stato firmato dai 17 paesi dell’area dell’euro, il MES sarà aperto anche ai paesi dell’UE non appartenenti all’area dell’euro per la partecipazione ad hoc all’operazione di assistenza finanziaria”.
Ma è solo nel luglio 2013 che il MES assumerà i compiti attualmente svolti dal Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (FESF) e dal Meccanismo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria (MESF).
Chi lo ha votato in Italia
La “Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), viene approvato dunque al Senato della Repubblica italiana nella Seduta n. 764 del 12 luglio 2012, con 191 SI, 15 astenuti e 21 NO; viene poi promulgato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 23.7.2012.
Ma vediamo meglio che cosa successe all’epoca in Italia…
Il disegno di legge intitolato “Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes)” venne stato presentato in Senato il 3 aprile 2012.
Il voto favorevole al Senato, come detto sopra, è arrivato il 12 luglio 2012 ed il Presidente del Consiglio era Mario Monti.
L’approvazione definitiva della Camera arrivò dopo pochi giorni, il 19 luglio 2012.
Le votazioni del via libera alla ratifica
325 voti favorevoli, 53 contrari, 36 astenuti e 214 assenti.
Votarono a favore: 168 deputati del Partito Democratico, 83 parlamentari del Popolo della Libertà, 30 dell’Unione di Centro e 14 di Futuro e Libertà.
La Lega nord fu l’unica a votare contro con 51 NO, insieme ad altri due voti contrari all’interno del Pdl (Guido Crosetto e Lino Miserotti).
Il giorno della votazione, la futura leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, all’epoca deputata del Popolo della Libertà, era invece assente.
Andrea Ippolito