“In Italia, ci sono tutte le condizioni sanitarie per accogliere i migranti in sicurezza, soprattutto a fronte di numeri veramente esigui come quelli di cui stiamo parlando. Stiamo vivendo una crisi sanitaria grave, che ha avuto conseguenze drammatiche per decine di migliaia di persone, ma questo non cancella i problemi di violenza e povertà che continuano ad angosciare buona parte del mondo”.
Quella che abbiamo appena letto è solo parte della denuncia di Emergency, palesemente contraria al decreto interministeriale del 7 aprile.
All’interno della denuncia si aggiunge inoltre che “impedire l’attracco nei porti italiani alle navi che salvano i migranti in mare non può essere giustificato dall’emergenza Covid“.
Come apprendiamo dall’Avvenire il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, il Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, il Ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio ed il Ministro della Salute, Roberto Speranza, hanno sottoscritto che “per l’intero periodo di durata dell’emergenza sanitaria nazionale derivante dalla diffusione del virus Covid-19, i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di Place of Safety (“luogo sicuro”), in virtù di quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo, sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area SAR italiana”.
Le associazioni del tavolo Asilo Nazionale, di cui Emergency fa parte, hanno dunque manifestato la propria preoccupazione scrivendo che “la dichiarazione”, presente all’interno del decreto 7 aprile 2020 n.150, “appare inopportuna e non giustificabile in quanto con un atto amministrativo, di natura secondaria, viene sospeso il Diritto Internazionale, di grado superiore, sfuggendo così ai propri doveri inderogabili di soccorso nei confronti di chi è in pericolo di vita”.
Il coordinamento delle associazioni ACLI, ActionAid, Amnesty International Italia, ARCI, Caritas Italiana, Centro Astalli, CIR, CNCA, Comunità papa Giovanni XXIII, Emergency, Europasilo, FCEI, Focus – Casa dei Diritti Sociali, Fondazione Migrantes, Intersos, Médecins du Monde – missione Italia, Oxfam Italia, Save the Children Italia, SIMM – Società Italiana Medicina delle Migrazioni, scrivono: “Si attacca ancora una volta il concetto internazionale di Porto Sicuro, la cui ha trovato conferma nelle decisioni della nostra Magistratura“.
Le Associazioni ribadiscono inoltre che “la Libia è un paese in guerra, dove i migranti sono oggetto di torture e schiavitù e chiedono fermamente al Governo italiano di operare senza indugi in tal senso”.
Si sono espresse nel dettaglio ARCI, che ha fatto ricorso al TAR, e ASGI – associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione che chiede l’immediata revoca del decreto.
Ma non ci sarà nessuna sospensione cautelare urgente del decreto interministeriale – come si legge nell’ANSA del 23 aprile – perché viene respinta la proposta dell’associazione ARCI, con decreto monocratico dal presidente della terza sezione del Tar del Lazio.
Per il TAR il decreto infatti “è motivato mediante argomentazioni non implausibili circa l’attuale situazione di emergenza da CovidD-19, e la conseguente impossibilità di fornire un ‘luogo sicuro’, senza compromettere la funzionalità delle strutture nazionali sanitarie, logistiche e di sicurezza dedicate al contenimento della diffusione del contagio e di assistenza e cura ai pazienti Covid-19”.
Andrea Ippolito