Il plasma è la componente liquida del sangue formata dal 92% di acqua e da una porzione corpuscolata che contiene globuli rossi, piastrine e globuli bianchi, questi ultimi sono la nostra difesa contro virus e batteri dannosi per l’organismo.
Il plasma iperimmune è un plasma ricco di linfociti specifici, ovvero linfociti prodottisi nel nostroorganismo contro un determinato agente patogeno. Se prendiamo in esame il plasma donato da un paziente, che è riuscito a superare l’infezione da coronavirus, e che è quindi negativo al tampone, questo plasma sarà ricco di “soldati specializzati” pronti ad attaccare solo il virus COVID-19.
Ebbene, questa risorsa è stata sperimentata su un centinaio di pazienti ricoverati a causa del coronavirus negli ospedali di Carlo Poma a Mantova e in quello di San Matteo a Pavia, e dopo pochi giorni di trattamento i pazienti hanno mostrato incredibili miglioramenti.
La sperimentazione è stata effettuata su pazienti in condizioni critiche ma non ancora terminali, e consiste in infusioni di plasma iperimmune con volumi fino a un massimo di 600 mL, per un periodo variabile da uno a tre giorni consecutivi. Tale pratica è stata utilizzata anche in passato durante altre infezioni (Ebola e Sars) e consiste in una tecnica “passiva”, in quanto il paziente non riuscendo a produrre gli anticorpi necessari li ottiene “passivamente” da un altro individuo. Ed è proprio questa la differenza sostanziale rispetto ad un vaccino ovviamente non disponibile, in quanto il vaccino genera una immunità “attiva” nei confronti del virus, ovvero fa sì che il nostro corpo produca autonomamente gli anticorpi.
Questa procedura potrebbe però essere utilizzata anche come profilassi per i soggetti maggiormente esposti, come per esempio il personale medico e sanitario. I soggetti essendo già forniti di anticorpi sarebbero in grado di fermare il virus prima che si moltiplichi nell’organismo bloccando preventivamente la possibile infezione; in America, negli Stati Uniti, sarà avviata una sperimentazione su 30 soggetti, infermieri e medici, a cui sarà infuso il plasma iperimmune per renderli più forti contro il virus. Tale immunità sarebbe solo momentanea in quanto si stima una durata massima di due o tre settimane e quindi dovrebbe essere successivamente ripetuta, quasi periodicamente.
Tuttavia questa terapia ha inoltre un altro aspetto vantaggioso: è molto economica, il plasma è prodotto direttamente da noi, dal nostro sangue debitamente trattato, e non ci sono problemi di reperibilità dato che sono numerosissimi i pazienti ormai guariti, che, altruisticamente, sono pronti a donare a chi è nelle condizioni in cui prima erano loro.
Il plasma iperimmune consente un trattamento poco costoso, sicuro ed efficace, che garantirebbe la guarigione di moltissimi pazienti più fragili, si spera che in breve tempo questo trattamento possa essere utilizzato in tutti gli ospedali italiani.Nelle prossime settimane tale terapia verrà introdotta, grazie alla collaborazione con l’Università di Padova, anche in Puglia.
Salvatore Gabriele Popolo