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Il Governo tira il guinzaglio ai boss scarcerati. Approvato il “Decreto boss”

La detenzione di individui con problemi di salute impone un obbligo allo stato molto impegnativo, quello di garantire il fragile equilibrio tra il diritto alla salute del condannato e il diritto – dovere dello Stato a fargli scontare la pena.



L’emergenza coronavirus ha dato l’opportunità a molti carcerati di ottenere misure di detenzione alternative a causa di situazioni di salute precarie.

Secondo le stime i boss scarcerati sarebbero 376 di cui 3 erano al 41bis. Sotto accusa il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.

In tutta Italia mafiosi e narcotrafficanti sono usciti dalle carceri e tornati a casa, dove sono sottoposti agli arresti domiciliari, i magistrati antimafia sono allarmati da queste concessioni, è un rischio non da poco l’aver consentito a questi detenuti di poter tornare nei loro territori.



Per i magistrati sarebbe stato preferibile spostarli temporaneamente in centri medici penitenziari, bisogna garantire il diritto alla salute dei condannati ma allo stesso tempo non bisogna dimenticare la sicurezza pubblica.

Tra i soggetti definiti come ad alta pericolosità 61 sono tornati a Palermo, 67 a Napoli, 44 a Roma, 41 a Catanzaro, 38 a Milano, 16 a Torino.

Ieri sera l’esecutivo ha però affrontato l’urgente e ormai mediatica questione, ed è stato approvato rapidamente, anche per salvare la traballante poltrona del guardasigilli, un decreto legge per fissare i parametri per la scarcerazione dei mafiosi, parametri che dovranno essere riesaminati periodicamente.



Il decreto prevede una prima valutazione del tribunale di sorveglianza dopo quindici giorni dalla scarcerazione dovuta allo stato di emergenza causato dal coronavirus.

Successivamente il tribunale di sorveglianza dopo attente valutazioni con il procuratore distrettuale antimafia e con il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo decideranno se sussistano, con una periodicità mensile, i criteri della scarcerazione.



Verranno tenute in considerazione la disponibilità di strutture penitenziarie sicure dal punto di vista sanitario e reparti di medicina protetta idonei alle condizioni di salute del detenuto, strutture la cui disponibilità renderà immediata la decorrenza dei termini sopra indicati.

Un’altro criterio molto importante che dovrà effettuare l’autorità giudiziaria è quello riguardo la situazione sanitaria locale, ascoltando l’autorità sanitaria regionale, al fine di verificare l’effettivo rischio di contagio per i detenuti.

Salvatore Gabriele Popolo



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