Il virologo del San Matteo di Pavia, Fausto Baldanti, ha una cattedra all’Università di Pavia, e da 26 anni lavora in uno dei poli da dove é partita la sperimentazione di plasma.
Infatti ha protocollato proprio lui la prima nuova cura italiana contro questo nuovo virus.
Il dottore non proprio a suo agio in TV e sotto i riflettori, come dirà lui stesso al Corriere della Sera, rilascia però una importante e preziosa intervista.
Baldanti racconta dei primi giorni e della drammaticità di quei momenti, ripercorrendo il tutto dal 29 febbraio, quando, dice egli stesso: “é appena trascorsa la settimana più drammatica della mia vita da medico. I malati arrivano a centinaia, tutti insieme, in ospedale, gravissimi. Il tasso di mortalità è pazzesco: 1 ogni 6 che entra in rianimazione non ce la fa“.
Il dottore del San Matteo descrive la sua esperienza con l’infettivologo Raffaele Bruno: “Ci troviamo in laboratorio…e ci guardiamo in faccia: ‘Adesso come ti curiamo?’…non c’è nessuna terapia certa. Il tentativo è di provare l’efficacia dei farmaci contro l’Hiv con gli antinfiammatori.
Non mi ricordo più chi di noi due quel sabato mattina a un certo punto azzarda: ‘Ma se provassimo con il plasma dei convalescenti?’. Sappiamo che una terapia simile è già stata utilizzata per l’Ebola e la Sars. Ci colleghiamo online a MedLine, il database sulla letteratura scientifica. Troviamo le conferme che cerchiamo. Telefoniamo subito a Cesare Perotti, a capo della Medicina trasfusionale. Era entusiasta della nostra idea.
Il virus l’avevamo già isolato in laboratorio. Decidiamo di farlo espandere in provetta per avere delle dosi uguali da utilizzare come bersaglio del siero dei pazienti ricoverati”.
Il 10 marzo arriva il primo test: “Quella notte non dorme nessuno di noi tre. I risultati arrivano a breve, più il livello di anticorpi neutralizzanti, quelli sviluppati dai pazienti che hanno avuto virus, è alto, più la malattia di chi è ancora malato regredisce”.
I risultati due mesi dopo: “Abbiamo presentato l’ormai noto studio pilota, ossia quello che si effettua per testare un’idea. Sono stati arruolati 46 pazienti tra Pavia, Mantova e uno a Novara. La mortalità è passata a 1 ogni 16 pazienti. Il nostro protocollo è ora richiesto da tutto il mondo. Ora servono donatori”.