Sono stati convalidati i fermi dei quattro esponenti della famiglia Carfora, ritenuti responsabili dell’agguato a colpi di pistola nei confronti del 20enne Salvatore Pennino.
Ieri pomeriggio il gip di Torre Annunziata ha confermato tutte le accuse a carico dei fratelli Antonio e Giovanni Carfora (figli del boss ergastolano Nicola o ‘fuoco, rispettivamente 30 e 28 anni), il cugino Raffaele Iovine (41) e Giovanni Amendola (34). Secondo i magistrati, il raid consumato nella notte del 24 maggio sarebbe stata la risposta all’uccisione del 17enne Nichloas Di Martino, avvenuta in via Vittorio Veneto al termine di una lite. Di Martino, nipote dei Carfora, rimase ferito mortalmente da una coltellata sferrata dai suoi aggressori all’inguine. Per quel delitto sono stati già arrestati i presunti responsabili Maurizio Apicella (19 anni) e Ciro Di Lauro (21).
Adesso in carcere restano anche i membri della famiglia Carfora, accusati in concorso di tentato omicidio e porto abusivo d’armi. Una notte di terrore e di sangue, quella vissuta il 24 maggio scorso tra le strade di Gragnano. In ospedale finì anche Carlo Langellotti, 30enne cugino di Nicholas, anch’egli rimasto coinvolto nella lite e ferito con due coltellate. Davanti al gip i quattro legati ai Carfora si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Subito dopo, sono stati trasferiti presso il carcere napoletano di Poggioreale. Intanto resta alta la tensione nella città dei monti Lattari, dove si teme una nuova faida.
Secondo il pm dell’Antimafia Giuseppe Cimmarotta, a scatenare la tragica lite furono questioni legate allo spaccio di stupefacenti e, quindi, al predominio territoriale di un gruppo rispetto all’altro. Una lite che è degenerata, sfociando poi in tragedia, con la morte di Nicholas. Poche ore dopo, la vendetta dei parenti del 17enne con l’agguato ai danni di Pennino. Almeno tre uomini, secondo la ricostruzione fatta agli inquirenti dalla stessa vittima dell’agguato, spuntarono da un portone di via Pasquale Nastro, esplodendo una raffica di colpi di pistola nei confronti dell’automobile guidata dal 20enne, amico dei presunti responsabili dell’omicidio di Di Martino. E continua la caccia ad un quinto uomo che avrebbe partecipato al raid.