Questo bisbiglio, questo rantolo di una vita rubata, si è trasformato in brevissimo tempo in una valanga di urla e proteste.

La sera del 25 maggio la morte di George Floyd ha svegliato tutte quelle persone già in crisi a causa della pandemia globale, che hanno visto, oltre la maschera, il sistema in cui confidavano, hanno visto un volto macchiato dalla violenza e del razzismo.




Si sono riconosciuti in quell’uomo a terra, un uomo indifeso e oppresso a cui veniva tolto pian piano il respiro e la vita. Lo stesso respiro di tutti quei cittadini americani sempre più in affanno a causa della emergenza sanitaria.

Ed è in questa situazione di diffusa sofferenza che l’ulteriore ferita ha spinto tutti a rialzarsi, a raccogliere le forze per cercare di sollevare quel ginocchio, ormai troppo pesante, dal collo di George.




È così che in tutti gli Stati Uniti sono iniziate proteste prima pacifiche, ma anche poi sfociate nella violenza e nei saccheggi. Proteste contro gli abusi e la violenza delle forze dell’ordine, abusi quotidiani, la maggior parte delle volte ingiustificati e mossi da un radicato razzismo mai fino ad ora totalmente estirpato. E’ notizia delle ultime ore il ritrovamento di altri video che documentano la violenza delle forze dell’ordine. In uno di essi ancora un omicidio ingiustificato.

In base alle statistiche raccolte dal Supplementary Homicide Reports (SHR) dell’FBI e dal programma Arrest-Related Deaths (ARD) del Bureau of Justice Statistics, un uomo o un ragazzo di colore ogni mille verrà ucciso da un agente di polizia negli USA nel corso della propria vita.

Infatti essere uccisi, durante un arresto da parte di un agente di polizia, rappresenta in Nord America la sesta causa di morte per gli uomini di età compresa tra i 25 e i 29 anni, e le persone di colore sono 2,5 volte più a rischio rispetto ai bianchi.




Washington D.C., New York, St. Louis, Buffalo, Philadelphia, Minneapolis, Omaha, Chicago, Seattle, Austin, Oakland, Los Angeles sono solo alcune delle città dove le proteste sono scoppiate generando caos e disordini.

Le richieste, le aspettative dei manifestanti?

Semplicemente giustizia, e l’impegno da parte delle autorità affinchè questi comportamenti, di abusi, prevaricazioni e violenze, non siano più considerati comune quotidianità, nonché la vicinanza delle istituzioni nella lotta contro al razzismo e contro le discriminazioni.

Eppure mentre i maggiori centri metropolitani degli Stati Uniti erano in subbuglio, i governatori locali hanno deciso di combattere quello che è un diritto tutelato dal Bill of Rights del 1791 con altra violenza, dimostrando ancora una volta il volto prepotente e brutale di questa famigerata democrazia.




Spuntano continuamente nuovi video che testimoniano le violenze contro i manifestanti: uso sproporzionato dei gas lacrimogeni, cariche della polizia, proiettili di gomma, suv lanciati contro la folla, spray al peperoncino, proiettili di vernice sparati contro i residenti di Minneapolis, per il solo fatto di osservare le manifestazioni dai porticati di casa.

Numerosissime e agghiaccianti sono le foto dei manifestanti feriti; a differenza di quello che può far credere il nome, i proiettili di gomma possono essere molto pericolosi. Quando si mira alle gambe, tali proiettili possono impedire a una persona o alla folla di avvicinarsi a un agente di polizia, ma quando vengono sparati a distanza ravvicinata possono penetrare nella pelle, rompere le ossa, fratturare il cranio o far esplodere il bulbo oculare.




E il presidente invece? Trump, come ha risposto alla morte di George Floyd e a tutto quello a cui sta portando?

Il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, dopo essersi messo al sicuro nelle sere in cui le manifestazioni erano più accese nel bunker della Casa Bianca, ha definito tali proteste come “terrorismo domestico” e ha invocato l’Insurrection Act del 1807, la legge che dà al presidente americano il diritto di dispiegare l’esercito all’interno degli Stati Uniti per sopprimere disordini, insurrezioni e rivolte.

Il presidente ha affermato di aver chiamato a Washington migliaia di soldati per placare le rivolte, suggerendo ai governatori degli Stati di agire con il “pugno di ferro” promettendo che nel caso loro non riescano a placare le sommosse interverrà lui stesso con “una schiacciante presenza di forze di sicurezza” inviando direttamente l’esercito nei vari focolai ribelli.

Ebbene attualmente il popolo americano che con animo infuocato dalle ingiustizie e affamato dalla crisi imperversa nelle strada vede un presidente timoroso, che si nasconde sottoterra prima del tempo; un presidente che è disposto a dar guerra al suo stesso popolo, che non esita a schierare l’esercito per le strade d’America.




Un presidente che dopo essersi aperto un varco tra i manifestanti con lacrimogeni e violenza va davanti ad una chiesa, la Saint John Epyscopal Church, per scattarsi una foto con tanto di bibbia in mano per poi pubblicarla sui social.

Di sicuro è un presidente che difficilmente verrà dimenticato, se non altro per la coerenza delle sue azioni e delle sue affermazioni.

Proprio ieri ha smentito la sua fuga nel bunker della Casa Bianca, affermando di essersi recato lì solo per una breve “ispezione”. Nelle sue parole un non so che di fatalismo: “mi hanno detto che era un buon momento per scendere, per dare un’occhiata nel caso mi dovesse servire un giorno.”

È cosa ben nota che grazie al diffuso possesso di armi negli Stati Uniti i cittadini americani hanno un’incredibile potenza di fuoco, basti pensare che gli americani rappresentano il 4% della popolazione mondiale ma possiedono circa la metà delle armi da fuoco globalmente disponibili.




Il buon cittadino secondo Cicerone è quello che non può tollerare nella sua patria un potere che pretende d’essere superiore alle leggi.

E i momenti di crisi sono occasioni imperdibili per gli aspiranti dittatori di tutto il mondo di ottenere quel potere che tanto bramano.

Ne abbiamo avuto dimostrazione in questi mesi con il premier ungherese Viktor Orbán, il quale non è il solo ad aver sfruttato la scusa della lotta al coronavirus per arrogarsi poteri speciali e assoluti, lo ha fatto anche per esempio Jair Bolsonaro in Brasile.




Sia il passato che il presente ci offrono importanti spunti di riflessione, e ci mostrano la fragilità della società; ci evidenziano come uno “stato di emergenza” può effettivamente, se non si è vigili, trasformarsi in un’autocrazia silenziosa coperta dalla legge.

Montesquieu sosteneva che “Non c’è tirannia peggiore di quella esercitata all’ombra della legge e sotto il calore della giustizia.”

Salvatore Gabriele Popolo



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