La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina non ha dubbi. Si ritornerà a scuola come preannunciato, il 14 settembre. La data di inizio, prevista dall’Ordinanza da lei firmata, ha valore su tutto il territorio italiano e per ogni ordine e grado di scuola, dall’infanzia alla secondaria, compresi i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti. L’articolazione del calendario scolastico è demandato alle singole Regioni, per quanto di loro competenza, purché vengano garantiti i duecento giorni di lezione previsti dalla normativa vigente.
La ministra sembra essere certa della possibilità di poter tornare a scuola in sicurezza e sottolinea come il Governo si stia adoperando con tutti i mezzi e le risorse disponibili per garantire alle famiglie quanto promesso. Inutile e fuori luogo perseverare nella polemica, perché sortisce come unico effetto quello di terrorizzare le famiglie.
All’ipotesi di “un nuovo lockdown generalizzato”, Azzolina risponde precisando che «A marzo non eravamo preparati, siamo stati travolti da uno tsunami. Ma l’Italia ha reagito molto bene». E convinta dell’operato del suo ministero e di tutto il governo e aggiunge: «Sono molto orgogliosa di come questo governo abbia gestito il coronavirus e l’istruzione. Lo vediamo anche rispetto a quello che, ahimè, sta succedendo in altri paesi del mondo. Credetemi, per me chiudere le scuole è stato un dolore enorme, una ferita che mi porterò dietro per sempre ma è servito a salvare vite umane. Sarebbe stata una follia riaprire le scuole».
Il riferimento del ministro dell’Istruzione è per quei paesi che hanno voluto riaprire, a tutti i costi, le scuole prima della fine dell’anno scolastico, laddove il governo italiano, seppur a malincuore e tra mille accuse e dispute ha preferito optare per una scelta difficile, eppur ritenuta necessaria.
Tuttavia a circa due mesi dalla fine del lockdown e a poco più di un mese dalla riapertura delle scuole, mentre nelle stanze del governo fervono i preparativi e si susseguono proposte e decisioni, non si placano le polemiche.
Al centro delle discussioni di questi giorni i nuovi banchi monoposto e la seduta su ruote di tipo innovativo.
Intervenendo in merito alla questione Azzolina precisa che è stato chiesto ai dirigenti scolastici di riferire al ministero la tipologia di banco di cui le singole scuole necessitano e che la gara avverrà a livello europeo.
L’affermazione della ministra ha suscitato però sconcerto e dubbi. Critico il farmacologo Silvio Garattini che non nasconde le sue perplessità. «Non sono molto ottimista su quel che succederà il 14 settembre – dichiara – penso ad affermazioni che vengono date come sicure, al ministro che dice “abbiamo ordinato 3 milioni di banchi”, come si potessero ottenere in 15 giorni». E per chiarire il suo pensiero aggiunge: «Mancano meno di due mesi con un periodo centrale di agosto in cui normalmente le attività sfumano molto. Questo comporterà certo gravi problemi, li abbiamo avuti tutti gli anni, figuriamoci quest’anno»”.
Perplesso anche Luca Trippetti, responsabile di Assufficio-FederlegnoArredo, un’associazione che raggruppa oltre 140 aziende produttrici di mobili per ufficio, pareti attrezzate e arredi scolastici.
Una delle problematiche che impedirà alle aziende italiane di poter partecipare al bando, secondo Tripetti, è la tempistica del bando che vede come date di scadenza il 7 e 31 agosto. In appena 23 giorni occorrerebbe produrre e consegnare tutto il materiale richiesto. E non si tratta di poca cosa. I numeri parlano di circa 2,5 milioni di banchi… paragonabile alla produzione di 5 anni in meno di un mese.
«Viene chiesto il corrispettivo di 5 anni di produzione dell’intero settore nazionale in 23 giorni. Non è logico né razionale. Le aziende del settore sono poche, è un mercato piccolo. Sono poco più di una decina di produttori nazionali. Tutti hanno interesse vedendo questi numeri e quindi vorrebbero rispondere e partecipare alla gara, ma non con questi tempi e in questo momento. Bisogna tenere conto che un’azienda non ha in magazzino tutto questo materiale e dal 7 al 31 agosto ci sarebbe la produzione e la consegna nelle scuole».
Altro terreno di dibattito restano ancora le elezioni per il rinnovo degli enti locali «So che il ministro Lamorgese e gli enti locali, che sono preposti a decidere dove devono essere i seggi elettorali, stanno lavorando – ci tiene a rassicurare Azzolina – Il 14 settembre si torna a scuola, le elezioni prenderanno due giorni: non si perderà una settimana e non riguarda tutte le scuole del Paese. In ogni caso, so che gli enti locali stanno lavorando anche a delle possibili alternative ai seggi nelle scuole».
«Non sembra una soluzione di buonsenso – le fa ancora eco Garattini, presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, intervenendo alla presentazione di una ricerca condotta dall’Irccs sugli effetti della quarantena per i bambini e i ragazzi under 15 – in molte regioni cominciare il 14 per avere il 21 le elezioni con la chiusura delle scuole e poi di nuovo la ripresa. Sono situazioni che secondo me delimitano quello che è l’atteggiamento politico e, alla fine, di una popolazione: lo scarso interesse per la scuola».
Un comparto, quello della scuola, che dovrebbe avere la precedenza, la massima cura perché è proprio nella scuola che si formano i futuri cittadini, uomini e donne consapevoli e capaci. Secondo Garattini, invece, manca proprio una nuova impostazione didattica. La scuola italiana non è, per il farmacologo, al passo con i tempi, resta impreparata, poco incentivata, e soprattutto poco attenzionata: «Manca una forma di conoscenza dei giorni nostri, che è data dalla scienza. La scienza non è presente nella scuola italiana, se non per alcuni suoi contenuti, ma questo non conta perché i contenuti cambiano rapidamente». Quello che manca, avverte, è «la scienza come fonte di conoscenza, manca la conoscenza della metodologia scientifica e questo è molto grave perché ci espone a situazioni viste molto bene in questa pandemia. Gli insegnanti che sono più all’avanguardia si coalizzino per far sì che la scienza entri di più nella scuola, a partire dalla prima elementare. Bisogna cominciare molto presto se vogliamo risultati che si vedano nel tempo».
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