Siamo giunti al sesto appuntamento della nostra rubrica e questa volta, anziché occuparci di artisti, moderni o contemporanei, indagheremo sulla nascita e lo sviluppo del’Arte Astratta, ossia quel movimento artistico internazionale che ha rivoluzionato la Storia dell’arte.

Una premessa metodologica è un chiarimento necessario all’inizio di un lavoro particolarmente complesso e articolato come quello che ci accingiamo ad affrontare e a rendere “semplice” per una più efficace fruizione.

È necessario sia a noi, per provare ad organizzare al meglio il lavoro, in modo da conferirgli una sistematicità e un’accuratezza che permettano una trattazione sintetica, imparziale, non ideologica e quanto più completa dell’argomento; sia al lettore, per avere fin dall’inizio ben chiaro cosa debba attendersi dalle pagine che verranno a seguire.


Quindi, prima di procedere nell’indagine de qua, giova sottolineare che, come nei nostri precedenti appuntamenti, tutto quanto viene redatto, è frutto di una sorta di post produzione (già del mondo cinematografico e musicale nonché di alcune arti visive postmoderniste contemporanee).

In particolare, previe ricerche e letture sul soggetto-oggetto d’indagine, ossia la cosiddetta lavorazione, ci si immerge in un’opera di montaggio e rimissaggio di pensieri, parole e scritti di artisti, critici, storici, scienziati, teologi e intellettuali che hanno affrontato e approfondito l’indagato e che sono rilevanti per la versione definitiva dell’elaborato.

Si procede, in sintesi, creativamente al riutilizzo di fonti autorevoli e determinanti per la ricostruzione e la comunicazione, ma soprattutto necessarie per attivare una conoscenza critica e una riflessione sul mondo dell’arte.

Tale strumento ci consente, pertanto, attraverso l’accostamento di movimenti, artisti e immagini diversi nel tempo, nel pensiero, nello spazio, nelle forme e nei colori, di dare origine a una comunicazione aperta, contaminata, talvolta dissonante, ma con un risultato e un taglio del tutto imprevedibile, persino a noi.

Dopo questa premessa metodologica passiamo al nostro sesto incontro.


Per dotarci quindi, come dicevamo sopra, degli strumenti critici necessari alla conoscenza, alla discussione e alla riflessione, anche questo progetto è stato costruito sulla base di opportune citazioni e assunti di artisti, critici e storici dell’arte, nonché scienziati, teologi, religiosi e siti web (Vedi Fonti Citate alla fine), che si sono interessati all’Arte in generale e nello specifico all’Arte Astratta.

“L’arte è un’espressione della vita e la precorre” (P.Mondrian)

Questa frase di Piet Mondrian, uno dei padri dell’arte astratta, non è condivisa da tutti gli studiosi ma costituisce comunque una delle visioni sull’importanza dell’arte nella vita e uno dei punti fermi da cui osservare la nascita e l’evolversi di tale movimento artistico.

Per alcuni storici dell’arte, con la Rivoluzione Francese, si dissolve lentamente nel mondo dell’Arte la committenza per come la si era sempre conosciuta fino ad allora (dell’aristocrazia e del clero) e gli artisti sono oramai più liberi nello scegliere i soggetti dei loro dipinti.

La nascita dell’arte cosiddetta moderna, e quindi anche di quella astratta, coincide, in questa ottica, con l’origine della moderna concezione politica.

Precisamente, la fine del sistema dell’Assolutismo e l’avvento dell’Idea Repubblicana e Democratica portò alla dissoluzione di ogni forma di principio assoluto e la sovranità venne “redistribuita” in ogni individuo.

Da un altro punto di vista, invece, il farsi strada dell’arte astratta non è altro che la logica conseguenza del processo evolutivo della filosofia pittorica moderna.

Invero, la ribellione nei confronti dell’arte accademica, maturata nelle correnti artistiche dell’Ottocento; proseguita con la  riduzione dell’oggetto rappresentato all’essenzialità cromatica e geometrica di Seurat e Cézanne; con la concezione Espressionista del quadro, ove si preferisce l’aspetto emozionale a quello estetico; con l’eliminazione della prospettiva del Cubismo; e con la possibilità di un linguaggio di puri colori suggerita dai Fauves, si approda a un’Arte Nuova e Moderna.


Eliminato, poi e definitivamente, il soggetto e la sua rappresentazione figurativa riconoscibile, si fece strada un linguaggio artistico nuovo e rivoluzionario, con mire volte anche al miglioramento della condizione umana.

Parliamo, appunto, dell’Arte Astratta che, amata da pochi, odiata o non compresa da molti (chi non ha strumenti critici o non ha né la voglia né la curiosità di cercarli), è una forma d’arte, come si intuisce, moderna, libera e complessa sin dalle sue radici.

Ovvio che, parallelamente, l’Arte Figurativa proseguiva nel suo cammino sia pure anch’essa fortemente innovata, trasfigurata e moderna.

Ma questa è un’altra storia.

Per meglio comprendere le origini dell’Arte Astratta, già con i post-impressionisti o pre-espressionisti come van Gogh, Gauguin e Cézanne… la realtà diventa una creazione e una rappresentazione dell’io interiore e quindi c’è un primo allontanamento dal visibile reale (con delle novità nelle forme e nei colori).

All’inizio del XX secolo, con Picasso, Braque, Kandinskij, Malevic, Klee con le loro forme figurative o particolari (intere o frammentate), e poi con Leger, Le Courbasier, Moholi-Nagy, Boccioni, Balla, Prampolini, con le loro tendenze alle forme dinamiche (più o meno purificate dal reale), i semi dell’Arte Astratta erano stati interrati (con delle novità nelle linee, nelle forme e nei colori).

Le linee, le forme e i colori s’incamminavano verso la liberazione dalla figurazione del passato.

Con l’Arte Astratta non vi è più la ricerca di una Bellezza ideale, decorativa, idilliaca, lirica, e nemmeno la ricerca dell’armonia quale espressione di uno stato utopico del tutto avulso dalla vita; ma è la ricerca e la cultura della Bellezza, della Spiritualità e dell’Equilibrio “universali” quale espressione di uno stato preciso, che può “indurci” a realizzare nella vita una estetica nuova e reale, anche negli ambiti materiali e morali del nuovo mondo tecnologico e civilizzato.

“L’Arte e la Bellezza purificate dal passato figurativo o particolare sono esigenze imperiose per il mondo civilizzato”.

“L’Arte Pura e la Bellezza pura sono l’espressione vivente e veridica dell’equilibrio universale”.

“Se le nostre azioni e intenzioni fossero pure raggiungeremmo facilmente l’equilibrio universale anche lungo la strada della ricerca dell’utilità concreta, diretta a soddisfare le esigenze della vita attiva della società”.

“Infatti, l’utile purificato dall’utilità individuale, che crea squilibri, conduce all’utilità universale e quindi all’equilibrio universale”.


È del tutto evidente, dalla sintesi di alcuni assunti di Piet Mondrian, che la nascente Arte Astratta non è fantasmatica ma è concreta giacché tende anche all’equilibrio e all’influenza nella vita pratica fatta di rapporti sociali, politici ed economici che dovrebbero mirare all’utilità universale.

Ci si è chiesto sovente, in passato e ancora oggi, se questa espressione essenziale dell’arte astratta sia statica, e se sia realmente utile alla vita pratica.

Ebbene, per Mondrian non era affatto statica, ma un arte in perenne movimento puramente plastico, prodotto cioè da opposizioni continue di elementi con caratteri equivalenti ma non uguali (l’estetica pura ed esatta creata dall’uomo con la cadenza delle linee rette in opposizione ortogonale, con il “ritmo” dell’uomo che progredisce; del tutto contrapposta all’estetica naturale, con l’ondulazione delle linee curve o concentriche, con il “ritmo” della natura che l’uomo cerca di influenzare in misura proporzionale al suo progredire).

Per quanto concerne la sua utilità o meno alla vita concreta, Mondrian affermava che bastava osservare l’angustia e lo squilibrio della vita pratica, ricca di individualismi, di movimenti ed azioni, e considerare le ansie, i “vuoti” e gli “squilibri” che generava.

Anche per Kandinskij l’arte astratta non è fantasmatica.

Per Kandinskij il colore è un profumo, un suono, esprime un’emozione.

Kandinskij utilizza una metafora musicale per spiegare quest’ effetto: il colore è il tasto, l’occhio è il martelletto, l’anima è un pianoforte con molte corde. Il colore può essere caldo o freddo, chiaro o scuro.  Alle polarità caldo-freddo Kandinskij attribuisce un doppio movimento: uno “orizzontale” ed uno “radiante”.

“L’artista deve cercare di modificare la situazione riconoscendo i doveri che ha verso l’arte e verso se stesso, considerandosi non il padrone, ma il servitore di ideali precisi, grandi e sacri.

Deve educarsi e raccogliersi nella sua anima, curandola e arricchendola in modo che essa diventi il manto del suo talento esteriore, e non sia una vuota e inutile apparenza.

L’artista deve avere qualcosa da dire, perché il suo compito non è quello di dominare la forma, ma di adattare la forma al contenuto” (Vasilij Kandinskij, Lo Spirituale nell’Arte).

Kandinskij, nei suoi scritti, si dedica anche alla parte grafica che può esistere anche senza il colore.

“Il punto è il primo nucleo del significato di una composizione, nasce quando il pittore tocca la tela ed è statico.

La linea è la traccia lasciata dal punto in movimento, per questo è dinamica.
Può essere orizzontale, verticale, diagonale, spezzata, curva, mista.
I singoli suoni possono essere mescolati tra loro.
La linea curva esprime lirismo.
La linea spezzata esprime drammaticità.

La superficie è il supporto materiale destinato a ricevere il contenuto dell’opera, si tratta solitamente di una tela”.

L’ obiettivo di Kandinskij è mostrare come le figure astratte, geometriche o liriche, composte dalle linee costituiscono insieme ai colori dei simboli attraverso i quali l’uomo può comprendere e migliorare la propria vita e spiritualità.

Appare chiaro che sia Mondrian che Kandinskij miravano con l’Arte Astratta, anche, a redimere la vita concreta fatta di relazioni e progresso.

Ma al di là delle mire, volte alle influenze e all’elevazione della vita naturale, spirituale e concreta, con l’Arte Astratta entriamo in un’altra dimensione perché in “Arte” siamo oramai liberi di vedere oltre il visibile rimuovendo il comune vedere della figurazione.

Prima dell’arte astratta tutto il conoscere nell’arte era soggiogato dal visibile solare, dalla figurazione.


Con l’astrattismo lirico di Kandinsky (che parte da van Gogh, Gauguin e i Fauves), e l’astrattismo geometrico di Mondrian (che affonda le sue radici in Cézanne, Seurat, il Cubismo, il Futurismo), si dà inizio all’Arte Nuova e al viaggio verso il limite, l’ignoto.

È vero che molti artisti si muovevano ancora tra astrazione e figurazione frammentando e cancellando quest’ultima, ma ormai, e in particolar modo, come abbiamo visto sopra, con Kandinsky e Mondrian, si era aperta la strada verso l’ignoto attraverso un visibile non legato alle realtà figurative.

L’Arte Astratta era volta oramai al superamento delle apparenze realistico-figurative attraverso le visibili forme astratte, “per guardare più con la mente che con gli occhi”, come aveva preconizzato il filosofo Hegel.

“La natura, osservata e amata in se stessa, viene gradualmente assorbita da una visione spirituale più possente, più virile, poi, dopo il completo assorbimento, dimenticata, perfino rinnegata, ed è la visione dello spirito ad essere amata in se stessa” (M.Seuphor su Mondrian).

E le esperienze astrattiste, prima e dopo la seconda guerra mondiale, hanno proseguito nella direzione delle avanguardie e in altre ramificazioni confluite nelle neoavanguardie dando vita a diverse correnti, quali l’Action Painting, il Color Field Painting, l’Informale, la Minimal Art, l’Arte Concettuale, l’Optical Art, …

Insomma, nuovi campi di sperimentazioni sono stati tentati dagli artisti uscendo dal campo delle immagini, al fine di rendere esperienza estetica la gestualità, l’idea, l’interiorità, la materia, lo spazio, la luce ed altro ancora.

Essa, infatti, non ha interessato solo il piano pittorico ma anche quello “spaziale”.

L’esplorazione dell’infinito spaziale è, dalla seconda metà del ventesimo secolo, una delle più grandi avventure che il genere umano si è trovato ad affrontare al fine di chiarire importanti quesiti scientifici e filosofici inerenti alla storia e all’evoluzione dei pianeti e del Sistema Solare (e, forse ancor più interessante negli ultimi anni, inerenti alla presenza di vita oltre la Terra e alla scoperta di pianeti extrasolari simili al nostro mondo).

“…è l’infinito, e allora buco questa tela, che era alla base di tutte le arti, ed ecco che ho creato una dimensione infinita, un buco che per me è alla base di tutta l’arte contemporanea, per chi la vuol capire. Sennò continua a dire che l’è un büs (buco) e ciao…”

Con Lucio Fontana, infatti, l’astrazione si è fatta azione visibile nello spazio attraverso i buchi e gli slabbrati tagli sulla tela, il cosiddetto “Concetto Spaziale”.

Lo Spazialismo, introducendo un nuovo tipo di arte astratta, dà visioni sintetiche che combinano il colore, il suono, la luce, lo spazio, la materia, il movimento.

In sintesi, “si realizza l’azzeramento di ogni tramandata figurazione della realtà umana e naturale in pittura e scultura attraverso un segno di accecamento perforante oltre il visibile dove la traccia materiale e quella immateriale causata dalla prima si fondono”. (L.P.Finizio)

Così la Tela, ultimo granitico principio del fare pittorico, atteso il superamento con le Avanguardie artistiche delle altre colonne portanti (e mi riferisco alla prospettiva, all’anatomia, alle proporzioni, al chiaroscuro, al rapporto figura-sfondo, alla presenza di figure riconoscibili), era stata anch’essa oltrepassata in “fatto” e in “concetto”.

Che piaccia o no, Lucio Fontana è uno di quegli artisti che ha cambiato la Storia dell’Arte e che ha influenzato le generazioni venute dopo di lui.

Con i suoi lavori, per la prima volta l’opera non è più oggetto su cui dipingere altro, ma diventa soggetto essa stessa e lo spazio attorno ad essa entra a farne parte.

Nella sua vita ha svolto il compito che ogni artista dovrebbe svolgere: guardare la realtà con occhio critico e diverso, indicarne i limiti e poi cercare di superarli.


Dopo Fontana, si ripete, molti artisti nel mondo sono stati influenzati dalla sua arte e si sono diretti verso la tela come soggetto opera  e oltre la tela, nello spazio, nella materia (estroflessioni, utilizzo di materiali poveri o tecnologici, happening, body art, …) per poi ritornare alla tela e ai colori (pittura pittura, pittura analitica, …) in un continuo, e forse ancora attuale, andirivieni sia pure con linguaggi diversi, che ha generato spiazzamento per chi non ha i necessari strumenti critici.

Uno di questi artisti è Piero Manzoni, morto giovanissimo nel ‘63 a soli 29anni, di cui Lucio Fontana – che sin dall’inizio lo aveva “coccolato” e ne aveva riconosciuto la genialità – dichiarò che con le sue “Linee”, in particolare, si era arrivati alla fine dell’arte.

Intendendo dire che con Manzoni ha fine l’idea di quadro, certo, e più in generale l’idea di quadro-oggetto di valore: “il manufatto era evaporato nel concetto”.

La pittura analitica negli anni ‘70, però, si propose di ritornare al fare pittura e a un discorso sulla pittura (dialettica superficie e rappresentazione già della fine dell’Ottocento), e quindi di condurre un’analisi: delle componenti di base della pittura (tela, cornice, materia, colore e segno); e del rapporto materiale che intercorre fra l’opera come oggetto fisico e il suo autore.

La pittura diventò quindi oggetto di indagine di sé stessa, di una sua grammatica e perse la referenzialità che la legava alla realtà (nella pittura figurativa), all’espressività (nella pittura astratta) e al significato sotteso (nell’arte concettuale).

Per dirla con L.P. Finizio, è vero, comunque, che i segni pittorico-plastici dell’astrattismo, sia geometrico che informale, hanno comunque continuato il loro inarrestabile percorso perché costituito da un linguaggio aperto che conduce a una comunicazione, a un percepire e un intuire che va “oltre” il semplice vedere e comunicare dell’opera che guarda a se stessa, che figura, che narra, che simboleggia, che fa cronaca, poesia, filosofia, sociologia…

“Vi è in essi, nei diversi linguaggi dell’astrattismo, un campo di immagine in cui un’intelligenza e sensibilità ben disposta potrà cogliere e percepire i molteplici pensieri e messaggi non solo della vita concreta ma anche dell’ineffabile”.

“Il suo segno, ordinato o informe, che non figura, che non racconta, che non fa riferimento alla realtà delle cose e della natura vegetale o animale, penetra più profondamente la vita concreta e si spinge fino al limite”.

E ancora: “Oggi più che mai, si necessita del linguaggio visivo dell’astrattismo per una attiva immaginazione sia dell’artista che dello stesso fruitore”.

L’Arte Astratta, oltretutto, è anche il veicolo che ci consente di viaggiare nello spirito avendone cura di carezzarlo.

Nella vita concreta, l’arte astratta non solo può indicare la strada verso l’utilità e l’equilibrio universale, come auspicato da Mondrian, ma può senz’altro contribuire a creare un’atmosfera di gradevole carezza dello spirito attraverso una raffinata pausa di riflessione attiva e creativa.

Purtroppo, come evidenziato da L.P. Finizio, oggi nel mondo dell’Arte siamo immersi in una “passività” del vedere generata dalla simulazione figurativo-tecnologica e dall’illusione digitale delle realtà virtuali, e non riusciamo a sviluppare alcuna “attiva” criticità visiva.

Nonostante ciò, oggi, le forme dell’arte astratta non solo non sono separate ma, addirittura, inglobano le forme oggettive del postmoderno e dall’interno ne esaltano la negatività, le trasfigurano e contendono gli aspetti visibili.

Ciò è possibile grazie alla libertà che muove in radice l’Arte Astratta e nel suo divenire e che agisce tuttora da forza motrice.

L’arte astratta, ancora attingendo da L.P. Finizio che ne ha scritto il suo Elogio, non è stata e non è un’arte popolare e si distingue dentro la cultura visivo-informazionale dell’attualità.

“Il trend di popolarizzazione cui siamo coinvolti e partecipi, continua ad imperversare in modo massificato nella cultura visiva dei media televisivi e cartacei e non poche forme dell’arte di oggi sono, purtroppo, fagocitate dalla suasoria comunicazione pubblicitaria e dall’attrazione multimediale dei siti telematici.

Chi ama l’arte astratta fa parte di una comunità di cultura e ciò l’ha preservata dalla bulimia di questa popolarizzazione.

Le forme astratte e i messaggi dell’astrattismo sino ad oggi, al di là dell’atto stesso del dipingere, hanno in parte influenzato (come preconizzato da Mondrian) anche le esigenze di vita fattive, e la vita urbana (architettura e design).


Segni essenziali, nette stesure di colore, disinvolti piani e volumi svolti in un ordine razionale o anche in orditi sciolti e decostruttivi sono le “poetiche dell’astrattismo”.

Ma in ogni caso l’astrattismo sa mutare per essere sia temporale che atemporale perché le forme astratte sono flessibili e si integrano con altri stili e agiscono tacitamente come fanno tuttora.

Mondrian considerava le forme astratte come una conquista emancipatrice della coscienza nel progresso dello spirito moderno ed una democratica dimensione estetico-organizzativa del futuro della vita umana e del suo rapporto con la natura.

L’idea di pittura di Mondrian nella sua ricerca poetica è una rappresentazione di pensieri legati alla realtà per trascenderla ed essere generativa con chiaroveggenza di una bellezza generale sul corso dei tempi di cui è capace solo la pittura.

Ad ogni modo, è evidente la disposizione delle forme astratte di dare immagine non alle cose, non alle sembianze naturali, bensì agli intervalli tra le cose, ai loro distacchi, ai loro silenzi.

Esse sono un segno comunicante fra le assenze, tra i vuoti delle realtà umane per introdurvi “un’unità di senso”.

Rotko aveva sin dagli inizi avvertito e sostenuto che il linguaggio dell’arte astratta con le sue incondizionate disponibilità ad integrarsi e rigenerarsi sarebbe durato per secoli.

“L’astrattismo non è mai stato e non lo è un’evasione di linguaggio, una euforia fantasmatica”.

Continuando ancora con alcune citazioni dello storico dell’arte L.P. Finizio (sempre da Elogio dell’astrattismo), per avere un quadro maggiormente esaustivo circa la conoscenza e la discussione sull’Arte Astratta: “La sua ricerca del limite e dell’altrove, dell’invisibile che sta nel visibile non figurativo, che ha reso iconiche e trasparenti di senso l’opacità amorfa e insignificante delle materie, pur nelle dinamiche di un vedere trainato dal pensiero, ha la consistenza fruttuosa e vissuta del fare, del fare arte”.

Kandisnsky nel risaltare lo spirituale delle forme astratte ha sempre posto l’accento sulla loro dimensione materiale, sulla loro corporeità.

“Il colore e il segno che lo racchiude sono la materialità sensitiva, intesa come un tattile e plastico proporsi alla sensorialità, una estroversa e fisica costituzione”.

Così come ha sempre evidenziato la logica dell’ordine implicito nelle forme astratte, siano esse geometriche o corsive sino alla gestualità, secondo una struttura invisibile che alimenta la chiave espressiva, l’approdo di messaggio.

Tutta la pittura astratta (geometrica, informale-gestuale), continuando a far riferimento agli sudi di L.P. Finizio, “è verità espressiva e franchezza compositiva”.

“Nell’arte astratta non vi è l’illusione dell’immagine offerta da velature, modellazioni, tocchi di pennello e tonalità di luce, tipiche dell’arte figurativa.

Le forme astratte sono autosignificanti e generano una ampiezza di senso attraverso diverse vie e linguaggi espressivi e sono dirette all’invisibile oltre le comuni apparenze.

Questa è la sua possibilità di senso sempre aperta.

L’arte astratta, insieme solo alla musica, non più solo armonica, non più solo melodica, travalica le apparenze che ci attorniano per incorporarne i significati immaginativi nelle diverse forme materiali del proprio linguaggio.

Una pratica d’esperienza svolta con il comporre dell’artista e nelle vie personali di chi ne osserva ricettivamente l’opera.

Uno scambio di produzioni estetiche cui partecipano la sensibilità e l’intelligenza di chi crea e chi osserva”.

“L’ascoltatore estetico” (di Nietzsche) che si fa artista sull’opera dell’artista con l’atto di ascolto nella musica e di visione nelle forme dell’astrattismo”.

Alcuni scienziati hanno messo in luce come noi osservatori, interpretando ciò che vediamo sulla tela in modo personale, contribuiamo a “creare” l’opera d’arte: ogni osservatore, infatti, risponde all’ambiguità dell’opera “astratta” sulla base delle proprie esperienze e dei propri conflitti.

Il cervello, cioè, prende l’opera incompleta e la completa a modo suo.

In che modo?

Attraverso i processi “bottom up” e “top down”, due modalità di elaborazione dell’informazione.

Con i processi bottom-up (dal basso all’alto) il cervello parte dalla realtà e ne estrae le informazioni che gli interessano: l’immagine bidimensionale, le caratteristiche dell’oggetto, le linee, la forma, il colore, l’orientamento, la funzione.

Ma esiste anche un’elaborazione top-down (dall’alto al basso), grazie a cui diverse aree del cervello entrano in azione per dare un senso a ciò che vediamo.

Attenzione, apprendimento e memoria intervengono per aiutarci a interpretare l’informazione “decidendo” che cosa vedere.

Più precisamente nel nostro cervello avvengono 3 tipi di elaborazione: di basso, intermedio e alto livello.

Le prime due sono di tipo bottom-up: l’elaborazione di basso livello rileva l’immagine, quella a livello intermedio discerne le superfici e i confini che appartengono all’oggetto e lo differenzia dallo sfondo integrandone i contorni.

La terza è top-down: l’elaborazione visiva di “alto livello” integra le informazioni provenienti dal basso con l’esperienza e i ricordi immagazzinati, creando di fatto un’immagine nuova.

Come sostengono Kris e Gombrich, infatti, la percezione visiva è un processo creativo del cervello.


Ma il cervello non comprende solo la vista. Secondo le neuroscienze la fruizione di un’opera d’arte coinvolge anche altri sistemi: gli altri sistemi sensoriali (come l’udito e il tatto), i sistemi motori (che ci inducono all’azione e ci permettono di costruire la nostra percezione del mondo esterno), e i centri emotivi.

Attualmente, rispetto a tantissima produzione estemporanea ed effimera della “computer art” l’arte astratta ha ancora una volta ritrovato una nuova strada nelle pratiche digitali.

“Dall’infinitezza dei “file compositivi” (sempre aperti ed in progresso e continuamente riplasmabili e ripercorribili all’infinito), agli sbocchi del “BIT” (che è incolore ma disponibile ad ogni colore nonché informe ma aperto ad ogni forma), il segno astratto ha conquistato la piena dimensione materiale-immateriale, la sua non figurata ma figurabile entità di pensiero”.

Con il primo Manifesto Spazialista l’artista Lucio Fontana affermava: “La materia, colore e suono in movimento sono i fenomeni il cui sviluppo simultaneo costituisce la nuova arte”.

E ancora: “Con le risorse della tecnica moderna faremo apparire nel cielo forme artificiali, arcobaleni di meraviglia, scritte luminose”.

Certo a quell’epoca non si riferiva alle attuali tecnologie ma a qualcosa di affine e in divenire.

Carlo Bernardini, per citare un artista italiano, utilizza sin dagli anni ‘90 la luce come elemento primario delle proprie opere.

Nel lavoro di Bernardini la luce è mediata dall’uso della fibra ottica, con cui realizza effetti strepitosi di geometrie e spazi che moltiplicano le possibilità di visione e di percezione.

Nel 1997 ha pubblicato il saggio teorico sulla “Divisione dell’unità visiva” in cui spiega concettualmente le ragioni operative del suo fare creativo e come egli concentri le proprie ricerche sulla trasformazione della percezione visiva.

La luce, la linea, l’ombra, la sottile differenza tra ciò che è visibile e ciò che è invisibile o illusorio, sono elementi fondamentali della sua ricerca.

Molti e altri sono gli artisti che ancora oggi fanno dell’Arte Astratta l’oggetto della loro ricerca (S. Scully, P.Halley…)

Essi anche se non mirano più apparentemente ad influenzare per migliorare la vita spirituale e concreta quanto meno stimolano e sviluppano un’ “attiva” criticità visiva.

L’astrattismo, in sintesi, è indubbiamente un traguardo dell’emancipazione dello spirito espressivo e delle libertà del pensiero nella vita dell’uomo e come tale non ha limiti nel cambiare e riformularsi attraverso il corso della storia.

Oggi, si discute anche di “realismo astratto”, termine teorizzato da Gastone Biggi, che tende a modificare la lettura dell’opera d’arte, annullando per la prima volta la diarchia figurativo-astratto.

Nel 2005 il maestro Biggi scrive il manifesto del realismo astratto e nel 2012 scrive il saggio che sviluppa l’intera ricerca del suo lavoro, ponendo le basi e i principi che costituiscono l’abbattimento tra astrazione e realismo, considerata da egli stesso, convergente in un’unica direzione.

Resta dell’astrattismo, comunque, una ampiezza dell’invisibile che si fa visibile e la sua attiva disponibilità ad integrarsi ad altre forme, ad altre configurazioni soprattutto con le aperture e i dispositivi del digitale, di cui parlavamo sopra.

È del tutto chiaro, al di là del recente sofisma di cui alla citata discussione sul “realismo astratto”, che il continuo divenire e adattamento dell’arte astratta risieda oltre che nella sua libertà, sua forza motrice, anche nella sua capacità di ispirare la nostra curiosità verso i limiti della nostra immaginazione.

“L’artista è sempre alla ricerca del senso recondito delle cose, il suo tormento è di riuscire ad esprimere il mondo dell’ineffabile” (Giovanni Paolo II, lettera agli artisti del 1999).

“Il limite deve essere vissuto sempre come una risorsa e un’opportunità di crescita”;

“Il limite è connaturato con la persona, la abita da sempre. L’uomo che va verso il suo limite, va verso la sua umanità”.

Alla lungimiranza di vedere oltre, di scorgere l’ulteriorità, di camminare sul limite, dovrà comunque essere affiancata sempre l’attenzione alla nostra presenza e a ciò che effettivamente siamo.

Fonti citate: P.Mondrian “Arte Nuova Vita Nuova”); F.Ferrari (“Aristocrazia dell’arte”); L.P.Finizio (“Elogio dell’astrattismo”); M.Seuphor; E.Kandel; M.Romano; M.Rotko; Settemuse; Blog di futurismo altervista; V.Kandisnsky (“Lo Spirituale nell’arte”); C.Bernardini; G.Paolo II (“Lettera agli Artisti”); Ernst Kris; Ernst H.Gombrich; A.Augelli; M.Cobuzzi; G. Biggi.

Raffaele Pisacane

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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