Sembra proprio un déjà vu quello che si sta vivendo in queste ultime ore a Pompei. La città mariana, famosa in tutto il mondo per il suo immenso patrimonio culturale, nel prossimo mese di settembre, ricorrerà ancora una volta, la terza negli ultimi sei anni, alle urne per provare a riportare un sindaco a Palazzo De Fusco. Anche questa volta e per la seconda volta, forse ancora più clamorosamente, il Partito Democratico ritira il simbolo dalla competizione locale.


Qualcosa proprio non quadra per almeno due motivi: da una parte l’assalto alla poltrona tricolore portato, in prima persona, proprio dal segretario cittadino del partito di Zingaretti, Carmine Lo Sapio, che dopo tanto tempo è riuscito a ricompattare le troppe anime cittadine del Pd; dall’altra il tanto interesse per la città mostrata dal partito a livello nazionale che negli ultimi anni, con i suoi leader, ha favorito il rilancio della città, e delle sue potenzialità archeologiche e culturali, a livello nazionale, come vero e proprio fiore all’occhiello dell’Italia tutta. Nella giornata odierna verrà consegnato ufficialmente il simbolo del partito ai vertici locali del Pd, eppure niente simbolo per Pompei e per Lo Sapio.

Pare proprio che fra le 29 municipalità coinvolte nelle elezioni che si terranno a settembre, Pompei rappresenti, come già successo nel 2014, quando i democratici decisero per la prima volta di non presentare il simbolo alle elezioni comunali, una vera spina nel fianco.


Di certo a condizionare fortemente la decisione di non concedere il simbolo ai democratici pompeiani, il muro contro muro proprio tra Carmine Lo Sapio e la segreteria provinciale che al momento sembrerebbe orientato ad appoggiare il candidato civico Domenico Di Casola, appoggiato in città dall’ex sindaco Pietro Amitrano, a sua volta candidato alle regionali proprio sotto le insegne tricolori del Partito Democratico.

Lotte intestine che vedono il Pd cittadino schierato per la conquista del Palazzo di Città, ma osteggiato direttamente, a livello locale, dal candidato democratico al fianco di De Luca. Candidato silurato da sindaco, appena sei mesi fa, proprio da quel Pd che, sebbene fosse il suo partito, sotto la regia dell’attuale candidato sindaco, fu sfiduciato e mandato a casa, determinando ancora una città decapitata della guida politica.

Tutto sembrava già scritto. Il carrarmato democratico con in torretta Carmine Lo Sapio avrebbe dovuto, con una campagna elettorale “lampo”, agevolmente portare l’assalto al comune. Poi è arrivato il Covid e la “Guerra lampo” e diventata “politica di trincea”.



A complicare ulteriormente la situazione, la consultazione online dei grillini, che appena qualche giorno fa hanno dato il via libera alle alleanze con gli alleati di governo, facendo aprire una serie di fronti in tutta la regione dove Pd e M5s provano a compattarsi e continuano il tira e molla sui candidati unitari da appoggiare. Il gioco “dell’uno a te ed uno a me” forse riuscirà a creare alleanze in molti comuni, in altri si consumerà la rottura, ma alla fine i vertici regionali dei due partiti cercheranno comunque un possibile equilibrio: e a Pompei? Come si comporteranno i grillini? E nell’eventualità si provi un’alleanza: con “quale Pd” la si potrà realizzare?

Filippo Raiola



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