“E’ cosa di ben pochi essere indipendenti:- è una prerogativa dei forti. E chi tenta di esserlo, dimostra con ciò che egli verosimilmente non è soltanto forte, ma temerario sino alla dismisura.”  F. Nietzsche

Mai menzione fu più azzeccata per descrivere la caparbietà dei braccianti del ghetto di Borgo Mezzanone, costretti ancora oggi a lavorare in condizioni disumane, e scendendo a compromessi insostenibili.


Non è passato molto da quando il burocratismo italiano, lento e negligente, ha mietuto la sua ultima vittima fra gli immigrati in cerca di riscatto.

Mohammed Benali, artigiano trentasettenne non poco noto ai sobborghi napoletani, per nutrire se stesso e la sua famiglia, era costretto,  in mancanza di regolarizzazione che attendeva da tempo, a lavorare come contadino, assieme ad altri migranti, in baraccopoli costruite abusivamente a Borgo Mezzanone, una frazione di Manfredonia già nota all’opinione pubblica per la disumanità delle suddette abitazioni.

Quest’ultime, non nuove ad incidenti domestici dovuti alla precarietà degli impianti elettrici e di riscaldamento, causarono la morte di Benali, il cui corpo fu ritrovato carbonizzato  a seguito di un incendio divampato troppo in fretta.


La vicenda si sommò inevitabilmente ad altre storie analoghe, e scatenò reazioni forti, fra cui quella del sindacalista Aboubakar Soumahoro, da sempre in prima linea nelle battaglie per i diritti umani e dei migranti.

Il 16 giugno scorso, difatti, avviò una protesta che lo vide legato ed incatenato a Villa Pamphili (RM) – atto che venne seguito da uno sciopero della fame – proprio per portare alla luce le degradanti condizioni lavorative dei migranti e denunciare il clima di omertà ed indifferenza che le istituzioni continuavano a rivolgergli.


Battaglia che, a quanto pare, sembra conquistare terreno dopo terreno; solo pochi giorni fa, sulle sue pagine social, Soumahoro ha annunciato con molto entusiasmo la nascita della “Lega Braccianti”, coniata al grido di “uguale lavoro, uguale salario”, e che s’impone fra i lavoratori e la loro necessità di tutela e giustizia.

“Ripartiamo oggi, con la Lega Braccianti, nel fango della miseria, dello sfruttamento, dell’abbruttimento”, esordisce il sindacalista ivoriano naturalizzato italiano. “Ripartiamo da qui, soprattutto nell’era dell’economia digitale, per dire che sono passati gli anni, ma le condizioni di sfruttamento e di miseria sociale e lavorativa dei braccianti si sono sempre aggravate”.


Conclude poi, ringraziando la tenacia e la dignità dei lavoratori coinvolti nella nascita della lega, citando quella che, forse, è stata la figura d’ispirazione in questa lotta.

“Oggi, in questa giornata di rinascita, inauguriamo la prima casa dei diritti e della dignità, dedicata proprio alla figura di Giuseppe Di Vittorio, ch’è il punto di riferimento delle nostre lotte”.

 Elvira La Rocca



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