Il 15 settembre sono stati 27 anni dall’omicidio di un altro prete, Don Pino Puglisi, e coincidenza simbolica, nello stesso giorno è stato ucciso don Roberto Malgesini.

Don Pino ucciso barbaramente dalla mafia a Palermo. Il suo obiettivo era allontanare i giovani dalla malavita; tolse dalla strada ragazzi che, senza il suo aiuto, sarebbero stati risucchiati dalla vita mafiosa e impiegati per piccole rapine e spaccio.




Don Roberto Malgesini si è sempre occupato di aiutare le persone in difficoltà, le persone più povere. Per anni ha tradotto in pratica il messaggio cristiano, portando la colazione ai poveri, accompagnandoli lui stessi dal medico, gestendo la mensa e il dormitorio comunali e accogliendo prevalentemente migranti. Due figure di preti che amavano stare vicino alla loro comunità, sino a perdere la vita per amore del prossimo.

Non mi piacciono gli appellativi che spesso usano i giornali di “prete degli ultimi”, “prete di strada”, “prete anticlan” perché ogni prete in quanto prete è ciò. Non dovrebbero esistere “preti dei potenti”, “preti di sacrestia”, “preti camorristi”




Mi ha colpito la morte di don Roberto come mi colpisce la morte di ogni mio coetaneo, perché penso che su quella strada, in quella bara potevo esserci io. E poi se si tratta di un prete ti rivedi in uno che ha condiviso la tua stessa scelta di vita. Ripenso ai momenti difficili della coerenza al vangelo che costa, e mette tanti preti a rischio di isolamento dalle gerarchie ecclesiali e classi politiche o della stessa vita quando hai a che fare con i più fragili o dici o fai cose che non piacciono alla criminalità. Ripenso al proposito che feci nel 2000 venendo a Torre Annunziata per la prima volta: anche se mi avessero preso a schiaffi, cosa successa ai miei predecessori, sarei riscero con i lividi in oratorio il giorno dopo.

Ripenso alla paura di quando ho visto le forbici puntate verso di me in casa famiglia da un povero cristo in preda ad una crisi di isterismo, ripenso al timore nell’uscire dal cimitero dopo il rito funebre di due camorristi uccisi in un agguato quando alle mogli, ai figli e ai giovani affiliati presenti, non esitai a dire con forza che la camorra porta solo a creare orfani e vedove.




Ripenso a tanti preti che buttano il sangue nei cortili degli oratori, nelle comunità di recupero, sui propri territori inficiati di cultura camorrista che ogni giorno rischiano il martirio. Ma i poveri sono la vera carne di Cristo come ci ricorda papa Francesco e spesso ripeteva don Roberto.

Don Antonio Carbone
Salesiani Torre Annunziata



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