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La “maledizione dell’antica Pompei”. Restituiti dal Canada cinque frammenti archeologici

Un pacco con dei reperti archeologici rubati accompagnati da una lettera anonima dal Canada: 'portano sfiga, riprendeteveli'. Se li è ritrovati sulla scrivania il titolare di un'agenzia di viaggio di Pompei che, dopo un primo momento di stupore, li ha consegnati ai carabinieri del posto fisso del parco archeologico. Nel pacco c'erano due lettere, scritte in inglese e ovviamente anonime. Era la confessione di qualcuno dall'altra parte dell'oceano che raccontava di aver rubato dei reperti durante una visita agli scavi. Accanto allo scritto, due tessere di mosaico, un pezzo di ceramica e due pezzi di anfora. I reperti, continuava la lettera, erano stati rubati nel 2005: dopo quel furto, però, la loro vita era stata contrassegnata solo da eventi negativi e così si erano 'pentiti'. Di qui la decisione di rimandare in Italia le tessere del mosaico e gli altri pezzi, sostenendo che era loro la colpa di così tanta sfortuna. ANSA

“Portano sfortuna, riprendeteveli”. Ed è così che cinque frammenti di Pompei sono rientrati in in pacco anonimo, proveniente dal Canada, a Pompei. Il pacco è giunto sulla scrivania del titolare di un’agenzia di viaggio di Pompei, che lo ha consegnato ai Carabinieri del posto fisso Scavi archeologici per la restituzione alla Soprintendenza.



Nel plico, senza mittente ma con francobollo canadese, c’erano cinque reperti archeologici e due lettere in inglese nelle quali gli autori, senza firmarsi, confessavano di aver rubato quei frammenti nel 2005 dagli scavi e di volerli restituire perché da allora la loro vita era stata contrassegnata solo da eventi negativi e così si erano “pentiti”. Di qui la decisione di rimandare in Italia le tessere del mosaico e gli altri pezzi, sostenendo che era di quegli oggetti la colpa di così tanta sfortuna.

Due tessere di mosaico, un pezzo di ceramica e due pezzi di anfora, questi i reperti restituiti.

In una lettera una donna canadese, Nicole, parla di problemi economici e anche gravi problemi di salute, una “maledizione” quella che si sarebbe abbattuta su di lei negli ultimi 15 anni.




Nella lettera si legge: “Ho preso alcuni tasselli quando ho visitato Pompei nel 2005Ero giovane e stupida. Volevo avere un pezzo di storia che nessuno poteva avere. Non ho effettivamente pensato o realizzato cosa stessi prendendo. Ho preso un pezzo di storia cristallizzato nel tempo e che in esso ha tanta energia negativa. Persone sono morte in un modo così orribile e io ho preso tasselli legati a quella terra di distruzione. Da allora la sfortuna ha giocato con me e la mia famiglia.

Ora ho 36 anni e ho avuto il cancro al seno due volte, l’ultima volta finito in una doppia mastectomia. Io e la mia famiglia abbiamo anche avuto problemi finanziari. Siamo brave persone e non voglio passare questa maledizione alla mia famiglia o ai miei bambini. Per questo perdonatemi per il gesto fatto anni fa, ho imparato la lezione. Sto chiedendo il perdono degli Dei. Voglio solo scrollarmi di dosso la maledizione ricaduta su di me e la mia famiglia. Per piacere accettate questi reperti così da fare la cosa giusta per l’errore che ho fatto. Mi dispiace tanto, un giorno tornerò nel vostro bellissimo paese per scusarmi di persona” – così conclude Nicole, che, inoltre, spiega di aver dato un tassello “a un’amica perché condividiamo l’amore per la storia. Gli ho detto che io li avrei rimandati indietro nel luogo a cui appartengono, ma non so se lo ha fatto”.


Ai Carabinieri pompeiani, in verità, è arrivata anche una seconda lettera, questa volta firmata da Alastain e Kimberly G., i quali scrivono: “Vi restituisco queste pietre che io e mia moglie abbiamo preso mentre visitavamo Pompei e il Vesuvio nel 2005. Le abbiamo prese senza pensare al dolore e alla sofferenza che queste povere anime abbiano provato durante l’eruzione del Vesuvio e la morte terribile che hanno avuto. Siamo dispiaciuti e per piacere perdonateci per aver fatto questa terribile scelta. Possano le loro anime riposare in pace. Chiediamo il vostro perdono”.

Sulla vicenda e sulle motivazioni della restituzione ha detto la sua anche Vittorio Sgarbi: “Una cosa rubata va restituita al di la del fatto che ci sia qualcosa di anomalo. Il principio è sbagliato, però capisco la signora, perché se una cosa porta male è meglio lasciarla. Diciamo che basta la leggenda. Questi poveri reperti non hanno alcuna colpa. Però quando si afferma che portano sfortuna alla fine diventa una cosa a cui si crede. E’ l’interpretazione napoletana del diritto di Stato, quella per la quale la sfortuna va considerata un dato oggettivo e non casuale”.

 

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