Affreschi, pavimenti in opus sectile, sculture, terrecotte, vasellame da mensa, oggetti in bronzo e in ferro e frammenti in stucco sono solo alcuni dei tesori dell’antica città di Stabiae che sono stati esposti nel Museo Archeologico di Stabia Libero D’Orsi.
Dopo tanta attesa, la struttura museale è stata inaugurata in data 24 settembre con un enfatico taglio al nastro alla presenza della fascia tricolore Gaetano Cimmino e di Dario Franceschini, ministro per i Beni e le attività culturali e per il turismo. Il museo è situato presso la reggia di Quisisana, dimora storica nella zona collinare di Castellammare di Stabia. Questa è stata costruita XIII secolo dai sovrani angioini e, a seguito degli interventi condotti dal re Ferdinando IV di Borbone nella seconda metà del XVIII secolo, ha assunto l’aspetto di palazzo per la caccia e per la villeggiatura. Giovanni Boccaccio l’ha scelta come luogo principale della VI novella del X giorno del Decameron.
Il plesso ha ospitato preziosi reperti storici tra cui alcuni del tutto inediti, mai esposti prima in Italia. L’obiettivo del suo percorso espositivo, il cui progetto scientifico è stato strategicamente curato dal Parco Archeologico di Pompei, è stato quello di offrire ai cittadini stabiesi ed ai turisti un quadro complessivo di Stabiae e dell’Ager Stabianus dall’età arcaica sino all’eruzione del 79 d.C. Sono state riconsegnate, infatti, importanti testimonianze della vita quotidiana condotta nelle ville romane d’otium e nelle ville rustiche.
L’itinerario artistico è stato scandito in tappe. Ogni sala è stata adibita per accogliere le opere inerenti agli scavi borbonici/ scavi D’Orsi, la necropoli di Santa Maria delle Grazie, il santuario in località Privati, villa San Marco, villa del Pastore, Secondo Complesso, villa Arianna, villa del Petraro e villa di Carmiano.
Museo Archeologico di Stabia Libero D’Orsi
Come punto di partenza del tour è stata scelta l’esposizione dei reperti degli scavi borbonici/scavi D’Orsi. Nel 1749 re Carlo III di Borbone ha intrapreso l’esplorazione di Stabie. All’epoca la ricerca dei manufatti è avvenuta nelle gallerie sotterranee, facendo brecce nelle strutture sepolte per creare vie d’accesso agli ambienti. Sono stati staccati e trasportati nelle collezioni reali vari affreschi parietali ed interi pavimenti in mosaico o in lastre marmoree. La raccolta dei documenti archeologici degli scavi borbonici, dopo un periodo di stasi, sono servite da guida al preside Libero D’Orsi che nel 1950 ha dato avvio alle indagini sistematiche per riportare alla luce quanto ancora sepolto. Gli affreschi parietali hanno rappresentato figure in volo, elementi e volti mitologici appartenenti a villa San Marco, villa Carmiano e villa Arianna.
Necropoli di Santa Maria delle Grazie
L’itinerario ha seguito con i ritrovamenti della necropoli di Santa Maria delle Grazie, il sepolcreto che si è esteso lungo il tracciato dell’antica via tra Nuceria, oggi Nocera, e Stabiae, negli odierni Comuni di Gragnano e di Santa Maria la Carità. La necropoli ha custodito più di 300 tombe su un’estensione di 15.000 metri quadrati. È stata in uso tra il VII e il III secolo a.C ed ha interessato particolarmente gli storici a partire dagli anni cinquanta in poi. Nella sala ad essa dedicata sono presenti ricchi corredi che hanno accompagnato le tombe, tra cui vasi, spille in ferro e in bronzo, anelli con sigillo, oggetti ornamentali e suppellettili di vario genere. Quest’ultimi hanno testimoniato i vari scambi mediterranei alle quali Stabiae ha partecipato. È interessante sapere che in quegli anni i defunti, di sesso maschile, sono stati sepolti con le loro armi come la lancia e la spada e vasi di vario genere, fra cui quelli per il vino di produzione etrusca come il calice, la brocca e la coppa in bucchero.
Santuario in località Privati
L’area scoperta nel 1984 nei pressi di Privati è sorta sulle pendici dei Monti Lattari, presso due valichi che hanno consentito di raggiungere il versante sorrentino ed amalfitano. Lungo le indagini archeologiche è risultato ostico risalire ai resti dell’edificio di culto. Sono stati rintracciati, pertanto, solo dei vasti scarichi di materiali votivi e terrecotte databili tra il IV e II secolo a.C. Questi sono stati intenzionalmente dismessi e di seguito seppelliti.
Villa San Marco
Villa San Marco, fiore all’occhiello del patrimonio archeologico stabiese, è stata edificata lungo i margini del pianoro di Varano, nel cuore pulsante dell’insediamento urbano di Stabiae. La villa, nonostante le spoliazioni subite durante il regime borbonico, grazie ai restauri con a capo il preside D’Orsi, ha conservato il sontuoso aspetto di una dimora signorile dotata di estesi spazi verdi, porticati, stanze e soffitti ornati da affreschi, mosaici e planisferi. Questi hanno ritratti al loro interno divinità della religione greca come Apollo ed Hermes.
Villa del Pastore
La Villa del Pastore è stata indagata per esteso ma poi rinterrata. Si è sviluppata su una superficie di circa 18.000 metri quadrati, come un crocevia tra villa San Marco e il “Secondo Complesso”, adiacente a villa Arianna. La struttura è stata caratterizzata da una larga terrazza porticata affacciata sul mare, con un giardino con piscina (natatio) centrale, da cui sono provenuti la statua che dà il nome al complesso e un prestigioso cratere (labrum) di marmo.
Il “Secondo complesso”
Per “Secondo complesso” si è intesa un’ampia villa, oggi solo parzialmente in luce, adiacente a villa Arianna. Questa è stata caratterizzata da apparati decorativi come affreschi parietali rappresentanti Apollo, Dafne e centauri, nonché da mosaici pavimentali asportati in età borbonica. Grazie proprio a questa età storica è stato possibile precisare che la villa si è articolata intorno a un grande giardino con portici su tre lati e, sul quarto, un complesso termale.
Villa Arianna
La villa Arianna, una delle più antiche residenze ubicate sul pianoro di Varano, è stata riportata in luce al giorno d’oggi per circa 3.000 metri quadrati: solo un quinto della sua estensione originaria. Si tratta di una villa fondamentale per le ricerche archeologiche, in quanto è stata ed è ancora tesoro dei migliori esemplari della pittura romana. Alcuni di questi pezzi si trovano ancora in posto mentre altri, come la celebre “Flora”, sono stati staccati nel corso delle esplorazioni borboniche. Grazie al giardino porticato, le grandi sale da pranzo e gli scorci panoramici, villa Arianna è stata stata definita come luogo di lettura e una struttura dedita all’otium, al piacere intellettuale ed ai banchetti tra commensali. Tra le protagoniste degli affreschi parietali esposti in sala sono spiccate le figure femminili e quelle maschili di Eros e Dioniso.
Villa del Petraro
La villa in località Petraro, nel territorio di Santa Maria la Carità, è stata indagata negli anni e poi rinterrata. Al momento della storica eruzione del Vesuvio del 79 d.C era in fase di ristrutturazione, come testimoniamo i materiali edili rinvenuti e l’assenza di apparati parietali e pavimentali in alcune stanze. Il complesso si è articolato intorno a un cortile centrale con locali per attività produttive e ambienti di soggiorno, mentre il lato minore meridionale è stato occupato da un complesso termale impreziosito da decorazioni figurate in stucco bianco con divinità fluviali ed animali alati, i cui frammenti sono esposti in sala.
Villa di Carmiano
La villa di Carmiano, situata nella città di Gragnano, è stata riportata alla luce nel 1963. In questo complesso rustico ha primeggiato la dimensione rurale e produttiva, testimoniata dagli attrezzi agricoli. Presente anche una dimensione residenziale, indicata dalle decorazioni parietali realizzate nella sala da pranzo (triclinium) e nella stanza da letto (cubiculum). Sono quasi integralmente esposti gli affreschi del triclinio, raffiguranti da un lato Dionisio, dio del vino, e Arianna sul cavallo marino; da un altro Poseidone ed Amyone con sfondo un paesaggio lacustre.
Alimentazione
Molto interessante lo spazio museale dedicato alle curiosità e alle usanze alimentari degli abitanti delle ville stabiane. Sono stati esposti molti oggetti legati alla preparazione e al consumo dei cibi. Tra le usanze inerenti all’alimentazione, è stato doveroso menzionare l’organizzazione d’importanti banchetti alla presenza di ospiti illustri di amici del padrone di casa. I tavoli sono stati imbanditi con piatti a base di verdure, carne e pesce, conditi con abbondanti spezie ed accompagnati da vino e frutta fresca.
Attività produttive
Nel territorio di Stabiae sono state localizzate circa una quarantina di ville rustiche: complessi produttivi e residenziali che rimandano la concezione delle moderne fattorie. È stata gettonata la coltura dell’ulivo e della vite, così come la produzione di olio e vino e la pratica della pastorizia. Le stalle e i depositi delle ville hanno conservato al loro interno molteplici anfore e grandi contenitori, entrambi indice della prosperosa economia agropastorale del territorio. Di questi sono esposti in vetrina il piccone in ferro, il corno di antilope e di cervo di villa Carmiano e l’ascia in bronzo di villa Arianna.
Maurizio De Giovanni in visita al Museo Archeologico Libero D’Orsi: “Castellammare ha una cultura genuinamente popolare”
L’apertura della struttura museale non è di certo passata inosservata a Maurizio De Giovanni, stimato scrittore e sceneggiatore italiano conosciuto per il successo del romanzo giallo “I bastardi di Pizzofalcone”. Questo ha di seguito offerto l’ispirazione per l’omonima serie televisiva firmata Rai, le cui riprese nelle ultime settimane hanno avuto luogo proprio nella città stabiese.
Lo scrittore, in data 10 ottobre, dopo aver ammirato le bellezze stabiane, ha tenuto il convegno sul tema “Viviani, Materia Viva” nell’aula consiliare di Palazzo Farnese. Così ha esordito: “Castellammare di Stabia è la vera Capitale Italiana della Cultura, perché ha una cultura genuinamente popolare in un mondo in cui la stessa cultura viene sempre più connotata come un giardinetto aristocratico per pochi. E Raffaele Viviani con il suo vicolo è a tutti gli effetti il padre culturale del nostro Paese”. Ha quindi difeso a spada tratta la candidatura di Castellammare di Stabia a Capitale della Cultura 2022, in quanto ha sostenuto che la città ha le risorse per poter fare la differenza sul territorio italiano nell’attuale momento di crisi culturale: “La cultura di questo paese è una grande forza economica. La cultura è un giardinetto aristocratico tenuto da poco e rivolto a pochi. Questo è un paese in cui non si legge, in cui non si va a teatro, in cui ci sta una massificazione in basso della fruizione di una cultura che è una sottocultura. Basti vedere il livello medio delle televisioni generaliste”.
Emanuela Francini