Dall’Unità d’Italia ad oggi, in 160 anni, sono stati registrati 36 eventi disastrosi e oltre 150.000 morti. Fra i più terribili, sicuramente il più violento registrato in Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale, è quello di quaranta anni fa. Il 23 novembre 1980, alle ore 19,35 una fortissima scossa di terremoto di 90 secondi, con epicentro in Alta Irpinia, alla Sella di Conza, di magnitudo 6.9 scala Richter, il 10° grado della scala Mercalli, colpiva una vasta area tra province di Avellino, Salerno e Potenza sull’Appennino Campano-Lucano. L’onda sismica propagatasi per una estensione di 17mila chilometri quadrati, dall’Irpinia al Vulture, lasciò fra le macerie 2981 morti. I soccorritori recuperarono 9mila feriti mentre si contarono oltre 300mila senzatetto. Da quel momento furono 6 milioni le persone che ebbero sconvolta la loro vita quotidiana.
Il rumore dei crolli e dei boati venne fissato per coincidenza da un cittadino di Lioni mentre armeggiava con canzoni e registratore presso la propria abitazione. Solo qualche mese dopo la bobina venne consegnata a “Radio Alfa” con il direttore artistico, Michele Acampora, che la fece conoscere al mondo intero attraverso l’etere avellinese. E’ possibile riascoltare la colonna sonora di quella immane tragedia umana cercando sul web.
Il ritardo degli aiuti e l’inefficienza dello Stato, nell’organizzare i soccorsi per i paesi colpiti dal sisma, fu constatato di persona dal Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, il quale il 26 novembre 1980, lo stesso giorno in cui “Il Mattino” in prima pagina invocava: “Fate Presto”. Al suo ritorno al Quirinale, conclusa la visita alle zone terremotate, dopo aver lanciato un indignato atto di accusa per le gravi inadempienze e per i ritardi nei soccorsi, il Presidente Pertini così concludeva il suo messaggio alla Nazione con questo appello: «Qui non c’entra la politica, qui c’entra la solidarietà umana. Tutti gli italiani e le italiane devono mobilitarsi per andare in aiuto a questi loro fratelli colpiti da questa nuova sciagura. Perché, credetemi, il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi».
>>> Qui il suo discorso del Presidente Pertini <<<
La macchina dei soccorsi, veniva avviata sotto la guida del nominato Commissario straordinario del Governo, già reduce dall’esperienza in Friuli dopo il terremoto del 1976, Giuseppe Zamberletti, che sul campo conquistava l’indiscusso riconoscimento di “Padre della Protezione Civile” in Italia. Stato, Regioni ed Enti locali con i loro sindaci e amministratori, le Forze Armate, la Chiesa ed il mondo del Volontariato, tutti iniziarono a fare sistema per accingersi sulla via della rinascita grazie anche alla prodigalità e alla solidarietà degli italiani e di numerosi Paesi esteri. La macchina dei soccorsi che ebbe l’apporto provvidenziale di numerosissimi volontari, mai contati, in una catena di solidarietà Nord-Sud, vide l’impegno di 50mila unità militari.
Con la Legge n. 219 del 1981 veniva avviata la ricostruzione nei comuni danneggiati delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Foggia, Napoli, Potenza e Salerno. In quelle stesse aree sarebbe dovuto decollare anche lo sviluppo industriale che non c’è stato, In diversi casi aziende del Nord hanno impiantato macchinari obsoleti e dopo aver intascato consistenti incentivi dallo Stato, hanno chiuso i cancelli e sono “spariti”. Il numero dei comuni colpiti, dopo le poche decine inizialmente registrati, raggiunse la cifra finale di 687, ovvero l’8,5% del totale dei comuni italiani. All’epoca purtroppo si attivò immediatamente anche la parassitaria “camorra imprenditrice”.
Dalla relazione conclusiva della “Commissione parlamentare d’inchiesta sulla attuazione degli interventi per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori della Basilicata e della Campania colpiti dai terremoti del novembre 1980 e febbraio 1981”, presieduta dal deputato Oscar Luigi Scalfaro, nominato il 19 settembre 1989, resa in Parlamento il 5 febbraio 1991, risulta la complessiva cifra di 50.620 miliardi di lire stanziati dal Governo italiano. I fondi, sempre in miliardi di lire, sono così distribuiti: 4.684 per l’emergenza di quei giorni; 18.000 destinati alla ricostruzione dell’edilizia privata e pubblica; 2.043 assegnati alle regioni; 8.000 diretti alla ricostruzione degli opifici e allo sviluppo industriale; 15.000 per il programma abitativo del comune di Napoli e le relative infrastrutture; 2.500 per le attività delle amministrazioni dello Stato; 393 residui passivi.
Con il “Piano Napoli” vennero realizzati 20.000 alloggi, oltre 100.000 vani distribuiti nella periferia cittadina e in 17 comuni della sua provincia di Napoli. In quei cosiddetti “Quartieri 219” una sofferta umanità sopravvive dignitosamente anche nel disagio sociale ed economico. Purtroppo persistono anche sacche di povertà e presenza deviante di attività illecite.
Il sociologo e giornalista Antonio Castaldo, richiama alla memoria la sua esperienza con i terremoti: «Nell’anno 1962, bambino abitante in Via Materdomini a Mariglianella giocando in strada colgo lo spavento degli adulti lanciati nella disordinata corsa sotto la spinta terrorizzante di una scossa di terremoto. Nel 1968 come scolaro delle medie, mi ritrovo a compitare sul terremoto del Belice in Sicialia. Nel 1977 partire, da volontario per il Friuli, dopo il terremoto del 1976, per donare un mese di lavoro nella ricostruzione nel villaggio di Masarolis di Cividale, con il Gruppo Giovani Volontari di Caserta, in un campo internazionale insieme a giovani coetanei francesi, spagnoli e ragazzi dell’Europa Orientale.
Durante il sisma del 1980 in Irpinia, sono solo e lontano dalla famiglia e dagli amici, emigrato a Novellara, Reggio Emilia, dove il sabato e la domenica lavoro nella carpenteria metallica, mentre negli altri giorni della settimana, son allievo di uno dei corsi del Centro di Formazione IFOA. La notte dopo il 23 novembre, sono al volante lungo l’autostrada per il sud, incolonnato tra i tanti mezzi di soccorso e per la stanchezza mi prende un colpo di sonno interrotto da una luce bianca che mi riporta alla veglia ed alla vita prima che il viaggio diventi incidente e morte. A casa, il tempo di salutare i familiari, insieme ai compagni di Brusciano facciamo una raccolta di viveri e indumenti e li portiamo nelle zone terremotate. Nell’aprile del 2009, insieme al gruppo dei volontari guidati da Giovanni Cimmino da Somma Vesuviana, sono ad Onna, Paganiga, L’Aquila. Ricordo che nel Campo di San Martino di Picenze, Comune di Barisciano, nella notte del Venerdì Santo nella tenda insieme ai parrocchiani terremotati, Padre Benjamin, i ragazzi della Marina Militare Italiana, i volontari, la Protezione Civile della Regione Piemonte ed i Vigili del Fuoco del Lazio ed altri, per la Messa Solenne della Celebrazione della Passione del Figlio di Dio e quella dei figli degli uomini della Terra d’Abruzzo. Nel 2016, sono nel Lazio, zona terremotata di Amatrice in provincia di Rieti insieme ai volontari dell’AISA, provenienti da Nord, Emilia Romagna, Bologna e Verona e dal Sud dalla sede nazionale di Somma Vesuviana e da quella di San Vitaliano. Tutti convogliando, sotto la guida del Presidente Nazionale AISA Cav. Giovanni Cimmino, presso il Campo di Turritta della Colonna Mobile della Protezione Civile della Regione Molise, diretto da Angelo Del Gesso e poi al Campo di Saletta dell’AEOPC Italia, coordinato dal suo Presidente, Alessandro Sacripanti, un veterano della rete di Protezione Civile del Lazio. A tutti la rinnovata stima e gratitudine. Alle popolazioni colpite la massima solidarietà, Alle vittime il commosso ricordo».