“I custodi della ortodossia scientifica non ammettono esitazioni o tentennamenti”, sono le parole di Andrea Crisanti inerenti il vaccino contro il Covid-19 e presenti nella sua lettera scritta pochissimi giorni fa.
Il professore, ordinario di microbiologia all’Università di Padova, ha detto a Focus Live, canale di Focus di Mondadori Scienza (proprietà del Gruppo Mondadori), che non avrebbe fatto il vaccino, come racconta lui stesso anche al Corriere della Sera: “Fino a che i dati di efficacia e sicurezza non fossero stati messi a disposizione sia della comunità scientifica sia delle autorità che ne regolano la distribuzione”.
Ma c’è un’altra affermazione del professore che mette un punto sulle sue dichiarazioni, e la troviamo sempre nella sua lettera: “Tutte le speranze sono riposte nel vaccino come la pioggia per un popolo assetato nel deserto. Questo non giustifica la demonizzazione di chi possa avere dubbi, di chi chiede spiegazioni e di chi chiede trasparenza”.
A Focus Live gli è stato chiesto sull’inoculazione del vaccino in arrivo (se avesse fatto il vaccino, ndr.), lui ha risposto: “Senza dati no”. Poi alla richiesta del perché del suo secco no, il prof. replicava che voleva essere rassicurato che fosse un vaccino testato e che soddisfacesse “tutti i criteri di sicurezza ed efficacia”, aggiungendo inoltre: “come cittadino ne ho diritto, e non sono disposto a da accettare scorciatoie”.
Crisanti però ha presenziato anche a SkyTg24 l’altra mattina, dove è stato incalzato più volte e ripetutamente sulle sue affermazioni di precauzione nei confronti del vaccino contro il Covid19.
Il professore oltre a riaffermare e confermare ciò che aveva detto già in precedenza, aggiunge però altri spunti di riflessione interessanti, come ad esempio quello che troviamo sul Washington post dove viene descritto che infermieri è medici americani avevano mostrato la loro esitazione alla distribuzione del vaccino. Questo mentre i primi due vaccini, da Pfizer e Moderna, sembra siano prossimi all’implementazione. Infatti Pfizer e il suo partner BioNTech, hanno presentato venerdì 20 novembre la loro domanda, per uso di emergenza, alla Food and Drug Administration.
(La posizione di alcuni medici ed infermieri USA, come riporta la commissaria sanitaria del New Jersey Judith M. Persichilli è questa: “Alcuni non volevano essere al primo turno, quindi potevano aspettare e vedere se ci sono potenziali effetti collaterali. Di coloro che hanno detto che non avrebbero preso il vaccino, molti hanno detto che sarebbero stati più che disposti a ottenere il vaccino in un secondo momento, quando saranno disponibili più dati”).
Sempre a SkyTg24, ad un certo punto quando la giornalista ha ricordato a Crisanti cosa ha affermato l’AIFA, quindi che dovrebbe chiedere scusa per la sua posizione sul vaccino, lui ha risposto invece che devono chiedere scusa loro per aver autorizzato il Remdesivir in modo frettoloso, risultato poi inadatto per le complicanze: “È stato approvato, ma è un farmaco con degli importanti effetti collaterali. Adesso tutta la procedura di approvazione è in revisione: di queste cose bisogna rendersene conto. Ci sono delle procedure che sono accelerate e che hanno intrinsecamente dei rischi”.
La giornalista di SkyTg24 ha chiesto poi al prof. se volesse rivalutare la sua posizione, e lui ha risposto che non solo non ha cambiato posizione, ma ribadisce che sulle basi delle conoscenze che si hanno oggi non si farebbe il vaccino: “Se dovessero rendere pubblici i dati e la comunità scientifica ne validasse la bontà me lo farei, non ho alcun dubbio su questo”.
Il prof. spiega ancora in seguito alla conferma della suo rifiuto all’obbligatorietà che “è una questione di trasparenza: se si vuole generare fiducia bisogna essere trasparenti”. Poi continua: “Più gli scienziati lamentano assenza di informazioni e più la pretendono, più la gente si fida. Possibile che non si capisca questo meccanismo? La trasparenza genere un bene inestimabile: la fiducia. Questa levata di scudi che c’è stata è assolutamente irragionevole, perché non ho detto che non mi farò il vaccino, ma semplicemente che è necessario che tutti nella comunità scientifica abbiano accesso ai dati grezzi. In questo modo facciamo il vaccino tutti quanti, senza nessun timore e alcun retropensiero”.
Lo stralcio dell’intervista a Focus Live
Focus Live: “Quanto ci vuole per produrre un vaccino partendo da zero?”
Crisanti: “Normalmente di vogliono dai 5 agli 8 anni”
Focus Live: “Nel caso del covid questo periodo è stato abbreviato drammaticamente. Lei se lo farebbe il vaccino che arriva a gennaio?”
Crisanti: “Senza dati no”
Focus live: “Perché?”
Crisanti: “Perché voglio essere rassicurato che sia un vaccino che e stato testato e che soddisfi tutti i criteri di sicurezza ed efficacia, io penso che come cittadino ne ho diritto, e non sono disposto a da accettare scorciatoie”
Focus live: “Questa è una domanda molto importante…qui non si tratta di essere non vax si tratta di usare la testa naturalmente…”
Crisanti: “Io sono favorevolissimo ai vaccini, però questi vaccini sono stati sviluppati saltando la sequenza fase 1, fase 2, fase 3, perché hanno avuto fondi statali e quindi si sono potuti permettere di fare questo perché i rischi erano a carico di chi gli aveva dato i quattrini. Però facendo fase 1, fase 2 e fase 3 in parallelo di fatto ci si porta appresso tutti i problemi delle varie fasi, quindi poi è vero che si arriva prima (al risultato), però c’è bisogno di un processo di revisione dietro che non è molto facile da fare”
Focus Live: “Questa è una risposta molto interessante e molto importante, perché questo significa che forse non possiamo aspettarci una soluzione miracolosa della situazione nella quale ci troviamo, forse dobbiamo continuare ad utilizzare i sistemi che abbiamo adesso”.
La lettera integrale di Andrea Crisanti indirizzata al Corriere della Sera
Caro Direttore,
in una recente intervista a Focus life in risposta alla domanda se mi sarei vaccinato a gennaio ho affermato che non lo avrei fatto fino a che i dati di efficacia e sicurezza non fossero stati messi a disposizione sia della comunità scientifica sia delle autorità che ne regolano la distribuzione. Ho formulato un concetto di buon senso che non esprimeva alcun giudizio negativo sulla bontà del vaccino né tantomeno metteva in discussione la validità della vaccinazione come il mezzo più efficace per prevenire la diffusione delle malattie trasmissibili. La mia storia personale e scientifica ne è la testimonianza.
La mia dichiarazione, che credo abbia interpretato il sentimento dei tanti che hanno a cuore e danno valore al metodo scientifico, è stata ispirata dalla modalità con cui le aziende produttrici hanno comunicato i risultati raggiunti senza accompagnarli ad una adeguata informazione almeno per quanto riguarda la Fase III. La trasparenza è la misura del rispetto che si nutre nei confronti degli altri e genera un bene prezioso, la fiducia. In questi giorni le aziende produttrici, invece di condividere i dati con la comunità scientifica, hanno privilegiato una comunicazione basata su proclami non sostanziati da evidenze.
Noi tutti riponiamo in questi vaccini delle grandi aspettative; se le aziende in questione sono in possesso di informazioni che giustificano annunci che possono apparire rivolti in particolare ai mercati finanziari, devono essere rese pubbliche anche in considerazione del fatto che la ricerca è stata largamente finanziata con quattrini dei contribuenti. La notizia che dirigenti delle due aziende produttrici abbiano esercitato il loro diritto, ne sono certo legittimo, a vendere le azioni per sfruttare i vantaggi legati al rialzo di prezzo non ha contribuito a generare un sentimento di fiducia.
A poche ore dalla mia intervista si è scatenato un inferno mediatico senza precedenti, illustri colleghi in coro hanno fatto a gara per censurare le mie parole definite irresponsabili. Secondo alcuni avrei addirittura messo in pericolo la sicurezza nazionale! I custodi della ortodossia scientifica non ammettono esitazioni o tentennamenti, reclamano un atto di fede a coloro che non hanno accesso a informazioni privilegiate «il vaccino funzionerà», tuonano indignati. Io sono il primo ad augurarmelo, mi permetto tuttavia di obiettare che il vaccino non è un oggetto sacro. Lasciamo la fede alla religione e il dubbio ed il confronto alla scienza che ne sono lo stimolo e la garanzia.
Tra gli indignati si annoverano alcuni che durante l’estate ci hanno raccontato che le evidenze cliniche portavano a pensare che la crisi sanitaria fosse superata e che il virus fosse meno contagioso, e purtroppo possono avere inconsapevolmente incoraggiato comportamenti che hanno dato un contributo importante alla trasmissione del virus in quei mesi. Altri sono autorevoli membri del comitato tecnico scientifico a cui l’Italia si è affidata fiduciosa per prevenire una possibile seconda ondata, tutelare le attività commerciali, favorire la ripresa produttiva e garantire le attività didattiche.
A partire dal mese di luglio il virus ha ucciso circa 15.000 persone e ne ha infettate 1.140.000: vorrei scriverlo «ad alta voce» perché per questa strage silenziosa non si indigna nessuno. Chi racconterà la storia di questa epidemia in futuro non troverà eco delle mie parole di qualche giorno fa, ma rimarranno impietose le statistiche a denunciare questi numeri e a mettere a nudo gli errori commessi.
La mia dichiarazione sul vaccino pronunciata con schiettezza ha toccato un nervo scoperto. Senza strumenti per controllare l’epidemia a meno di affidarsi a severe misure restrittive e senza una linea di difesa contro una seconda e possibile terza ondata, le opzioni a disposizione sono drammaticamente ridotte. A questo punto tutte le speranze sono riposte nel vaccino come la pioggia per un popolo assetato nel deserto. Questo non giustifica la demonizzazione di chi possa avere dubbi, di chi chiede spiegazioni e di chi chiede trasparenza. Continuare su questa strada è il modo migliore per alimentari sospetti e fornire argomenti a chi si oppone all’uso dei vaccini.
Andrea Ippolito