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“Il Vomero – esordisce Gennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori collinari -, nei libri sulla storia del capoluogo partenopeo, viene sovente ricordato come la “Cinecittà di Napoli”, visto che, agli inizi del novecento, proprio nel quartiere collinare partenopeo si trovavano ben due stabilimenti di produzione cinematografica. La “Partenope film” fondata nel 1910 dai fratelli Troncone in una villetta posta in via Solimena, considerata la prima manifattura cinematografica napoletana e la “Lombardo Film” , rilevata da Gustavo Lombardo e da cui sarebbe poi nata la “Titanus”, in via Cimarosa 182, come ricorda una lapide apposta sulla facciata de fabbricato. A latere di questa attività di produzione, sempre al Vomero, cominciarono anche a proliferare le sale cinematografiche a partire dalla prima, l’Ideal, che sorse in via Scarlatti nel 1913 nei locali che attualmente ospitano il megastore Zara“.



“A distanza di quasi un secolo – afferma Capodanno -, perse da tempo le sue caratteristiche di quartiere agricolo, per la qual cosa veniva anche ricordato come “quartiere dei broccoli”, il Vomero si va sempre più caratterizzando quale “quartiere del fast food”, per il proliferare di questo tipo di attività, che oramai ha invaso piazze e strade dell’intero territorio amministrativo. Infatti, a fronte della scomparsa continua e costante della maggior parte delle attività commerciali storiche di altri settori, principalmente di abbigliamento e di accessori, anche in questi periodo caratterizzato dalla pandemia, continuano ad aprirsi attività adibite alla somministrazione di bevande e alimenti”.


“Vero è – puntualizza Capodanno – che oramai, a seguito della crisi, incrementata anche dal sempre più frequente ricorso all’e-commerce, molte attività al minuto, esercitate in passato da commercianti di tradizione, che si tramandano il testimone di padre in figlio, sono praticamente scomparse ma, anche per le implicazioni che comporta, questa proliferazione surdimensionata di attività legate ai pubblici esercizi, quali bar, ristoranti, pizzerie, paninoteche e quant’altro legato al settore del bere e del mangiare, crea non poche preoccupazioni anche per il forte richiamo che esercita su tanti giovani, che, specialmente nei fine settimana, invadono il quartiere collinare, con ripercussioni pure sulla viabilità e sull’ordine pubblico”.

“Purtroppo – aggiunge Capodanno – questa vera e propria metamorfosi del più importante settore produttivo del Vomero, quello del terziario commerciale, con circa 1.600 punti vendita su un territorio di appena due chilometri quadrati, alcuni dei quali della grande distribuzione, è stata agevolata dalla latitanza delle istituzioni preposte, che invece avrebbero dovuto attivarsi per tempo, con apposite iniziative e provvedimenti, tesi da un lato a salvaguardare le botteghe storiche e di tradizione dall’altro a porre un limite a questa vera e propria esplosione di attività per la somministrazione di bevande e cibi”.



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