Oltre 130 anni di carcere in primo grado per capi e gregari del clan Cesarano. nell’ambito del processo Isaia con rito abbreviato. E’ la sentenza emessa dal gip di Torre Annunziata, che dà una nuova stangata alla cosca camorristica del rione Ponte Persica. Le accuse, a vario titolo, sono estorsione e traffico di droga ai danni di imprenditori e commercianti della zona e, in particolare, del mercato dei fiori. Il boss Luigi Di Martino (alias o’profeta, reggente del clan e tuttora recluso nel carcere di massima sicurezza di Milano Opera) è stato condannato a 20 anni di reclusione.



Pesanti anche le condanne per gli altri imputati. Ovvero 20 anni per Giovanni Cesarano, detto Nicola e braccio destro di Di Martino; 20 anni anche per Aniello Falanga, altro elemento apicale della cosca di Ponte Persica. Condannato a 12 anni anche Felice Barra da Secondigliano, affiliato al clan Contini e ritenuto il fornitore di cocaina per conto dell’Alleanza. Sono stati condannati anche Antonio Iezza (14 anni), Carmine Varriale (9 anni e 4 mesi), Luigi Di Martino alias cifrone (8 anni), Claudio Pecoraro (15 anni e 6 mesi), Francesco Mogavero (7 anni e 4 mesi di reclusione), Adelchi Quaranta (4 anni e 5 mesi) e Vincenzo Amita (2 anni e 8 mesi). Il blitz Isaia fu portato a termine nel novembre del 2019 dalla guardia di finanza. Gli inquirenti scoprirono un vasto giro di estorsioni ai danni delle ditte che operano nel mercato dei fiori di Castellammare – Pompei, costrette ad utilizzare i servizi della Engy Service per l’intermediazione, trasporto e carico – scarico merci.



Le indagini erano partite grazie alla denuncia di un imprenditore di Castellammare di Stabia del settore delle “slot machines”, a sua volta taglieggiato dalla cosca di Ponte Persica. Gli inquirenti contestano agli indagati i reati di associazione per delinquere di stampo camorristico, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti. Secondo le accuse, il clan comprava anche cocaina dai ‘broker’ del clan Contini di Napoli, una delle famiglie della cosiddetta Alleanza di Secondigliano. La droga veniva venduta poi nelle zone a sud del capoluogo, tra Castellammare, Pompei, Scafati e Santa Maria la Carità, ma anche ai clan della Piana del Sele, nel Salernitano, come i Pecoraro-Renna.



Dall’attività investigativa è emersa la collaborazione col clan salernitano: i ‘picchiatori’ dei Pecoraro-Renna venivano chiamati in causa dai Cesarano per convincere con la violenza gli imprenditori che si mostravano reticenti al pagamento del pizzo. La figura di Giovanni Cesarano emerge per la particolare prepotenza che usa anche nei confronti dei suoi sottoposti, incaricati di ritirare il pizzo. In un’altra intercettazione è stato ascoltato dagli investigatori mentre, con Aniello Falanga, intimidisce i suoi uomini: “Se ti dico struppialo, tu vai là e struppialo… se non paghi ti siedono sulla sedia a rotelle e ne esci con il cucchiaino”.



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