Sarebbero dovuti arrivare in queste settimane gli scienziati dell’Organizzazione mondiale della sanità, incaricati già dallo scorso dicembre di far luce sulla comparsa e diffusione del contagio che ha messo in ginocchio l’intero globo.

Eppure a poche ore dall’arrivo degli esperti a Wuhan, considerato dai più l’epicentro dal quale il virus si è poi propagato con una velocità ed un indice di mortalità tali da sconvolgere il pianeta in un lasso di tempo incredibilmente breve, la Cina ne ha bloccato l’ingresso, adducendo come pretesto la mancanza di visti e permessi.


Ad un anno dalla comparsa del Covid-19, il team composto da circa 12-15 scienziati avrebbe il compito di esaminare i campioni umani ed animali raccolti dai ricercatori cinesi nella prima fase dello studio per poter, si spera, giungere a delle risposte più certe.

Le indagini non saranno sicuramente semplici perché determinare l’origine animale o umana sarà come “cercare un ago in un pagliaio” aveva osservato Keith Hamilton uno dei ricercatori che dovrebbe recarsi a Wuhan.


Ora la mancata autorizzazione che impedisce di fatto l’ingresso in Cina e la spiegazione fornita dal Governo cinese hanno fatto riapparire all’orizzonte vecchie perplessità, rinnovando malumori mai sopiti. La presenza di un noto istituto di virologia a Wuhan ha, infatti, innescato sin dagli esordi le ipotesi più disparate e il duro affondo dell’ex Presidente degli Stati Uniti d’ America. Dal canto loro le autorità sanitarie cinesi continuano a sostenere la possibilità che il virus sia stato in realtà “importato” dall’Europa, avendone riscontrato traccia in un carico di cibo congelato proveniente proprio dal continente europeo.

Insomma una storia, quella della comparsa del Sars CoV-2, complessa e ancora molto lontana dall’esser chiarita.

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