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Scavi di Pompei, nuove scoperte: anfore vinarie nel termopolio

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Con la foto di un’anfora vinaria, ancora “sporca” di cinerite solidificata, quasi addossata a un altro reperto di coccio, che dalle immagini pare essere il collo di un grosso contenitore di tipologia differente ma anch’esso destinato a contenere vino, l’ex direttore (oggi responsabile ad interim sino a quando il ministro Franceschini non ne sceglierà il successore) del Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna, torna a infiammare il web. Si tratta di elementi in terracotta che l’ambiente della popina (un’osteria che offriva cibo da asporto e bevande, oltre alla possibilità di un piatto caldo nel vano interno), scavata nella regio V tra il marzo 2019 e oggi, ha restituito in seguito alle indagini che si stanno ancora conducendo.



I due contenitori si aggiungono agli altri reperti: nove anfore, una patera di bronzo, due fiasche e un’olla di ceramica comune da mensa, ritrovati in due anni di scavo. Cosa contenevano le due anfore ce lo diranno le analisi a cui verranno sottoposti gli eventuali residui ancora presenti. Le prime analisi archeobotaniche sugli altri contenitori, in maniera speciale in quello che è stato identificato come “anfora vinaria”, hanno dato quale risultato la presenza di fave, rinvenute frammentate e macinate. Legumi che, secondo gli archeologi, sarebbero serviti per “aggiustare” il vino che in quella popina veniva venduto. Una pratica che era comune a quel tempo, come afferma Apicio, un gourmet dell’antichità, nel De re Coquinaria, testo ritenuto fondamentale per conoscere la cucina degli antichi.



L’osteria, che si trova di fronte auna piazzetta con fontana, ha anche restituito un bancone ancora ricoperto da intonaco decorato con pitture di animali: anatre che verosimilmente dovettero essere il piatto forte dell’oste. Gli scavi per riportare l’intera osteria alla luce, continuano. Secondo i vertici del Parco, quell’area e la popina potrebbero esser aperti alle visite nei prossimi mesi, allorché sugli italiani si allenterà la morsa del covid e i beni culturali torneranno a essere uno dei punto di forza dell’economia del Bel Paese.



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