La scoperta della nuova variante brasiliana del coronavirus che va ad ingrossare le fila delle varianti già individuate, ha alimentato negli studiosi la convinzione della necessità di una mappatura sempre aggiornata dell’evoluzione e delle mutazioni in atto e la possibilità di studiarle in strutture ad hoc.
L’ultima variante scoperta, in ordine di tempo “è una variante bella tosta, che ci tocca studiare e studiare parecchio”, ha dichiarato Massimo Galli, infettivologo dell’Ospedale Sacco e dell’Università degli studi di Milano. “La variante brasiliana, che ha fatto già chiudere l’Inghilterra, è una cosa pesante purtroppo”, ha aggiunto.
Proprio per la sua possibile alta pericolosità e per le conseguenze determinatesi nella città di Manaus, in Amazzonia, dove gli ospedali non hanno più ossigeno da somministrare ai pazienti, secondo il virologo non poteva esserci altra decisione, da parte del governo, se non quella di chiudere i voli provenienti dal Brasile.
“Quello che è capitato a Manaus – ha aggiunto l’esperto – mette la pietra tombale sulla strategia di chi ha in mente di far circolare il virus indisturbato per arrivare a un’immunità di gregge a furia di infezioni. A Manaus è accaduto invece che, lasciando girare il virus come gli pare, si è avuta sì una percentuale importante di gente che si è infettata e quindi immunizzata, ma non importante abbastanza per creare una vera barriera. È successo quindi che il virus ha sviluppato la mutazione giusta per tornare a essere in grado di colpire non solo quelli che non aveva ancora infettato, ma in qualche caso a quanto pare anche quelli che si erano già ammalati. È un elemento di notevole preoccupazione”.
Allo stato attuale nessuno è in grado di affermare se il vaccino della Pfizer sia o meno efficace anche contro questa variante. Nell’attesa delle verifiche in merito da parte della Pfizer/Biontech, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha esortato gli studiosi alla raccolta delle sequenze genetiche. L’Oms ha anche invitato gli esperti ad elaborare un sistema standardizzato per la catalogazione delle nuove varianti che eviti una denominazione geografica, così come già fatto dal NIID, ossia dall’Istituto Nazionale Giapponese per le malattie infettive, quando il 6 gennaio scorso ha isolato per la prima volta la nuova variante in 4 persone provenienti dal Brasile, cui ha dato la sigla B.1.1.248.
La suddetta B.1.1.248 è il risultato di 12 mutazioni concentrate sulla proteina Spike e fra queste quelle già conosciute e siglate come N501Y e E484K.