I casi covid-like sono “del tutto simili a Covid ma senza che il virus emerga dal tampone, talvolta lo scoviamo solo nel liquido del lavaggio bronco-alveolare”, lo diceva pochi mesi fa Mario Balzanelli, presidente nazionale della Sis 118.
Troviamo spiegato quanto accennava Balzanelli in maniera dettagliata anche nello studio scientifico “COVID-19 and COVID-like Patients: A Brief Analysis and Findings of Two Deceased Cases”.
Prima di passare allo studio ricordiamo cosa affermava il presidente della Sis – Societa italiana sistema 118 già nel mese di maggio (2020).
Parliamo sempre di Covid e di pazienti che erano risultati negativi al tampone, ma poi dopo una TAC si ritrovavano ad avere polmoniti interstiziali in corso e simili a quelle dei pazienti Covid.
Dunque si era riscontrata un’elevata percentuale di “possibili falsi negativi in soggetti oligosintomatici o francamente sintomatici”, il presidente Sis 118 parlava di una “percentuale del 50%” e spiegava che attraverso “l’esame broncoscopico” si poteva “contribuire in modo determinante a chiarire, anche precocemente”.
Balzanelli specificava all’Adkronos di aver visto “sempre meno pazienti positivi”, ma che invece “questi casi simil-Covid” erano aumentati, oltreché “tutti uguali”. Arrivò a dire che si trattava si pazienti che “dal punto di vista clinico” sono identici ai casi Covid, ma anche che il virus andava cercato dunque “più in profondità, trovandolo talvolta nel liquido del lavaggio broncoalveolare”.
Lo studio che descriviamo in questo post mostra l’importanza e la necessità di fare indagini più approfondite quando si ha a che fare con persone e/o pazienti che inizialmente vengono dichiarati positivi o negativi al Sars-Cov-2 tramite la RT-PCR (quello che chiamiamo comunemente “test del tampone”).
Viene proposto un nuovo protocollo diagnostico, anche perché come è scritto: “I risultati negativi alla RT-PCR non dovrebbero essere conclusivi dello stato libero da infezione da SARS-CoV-2 e non dovrebbero essere usati come unico indicatore nel piano di trattamento decisionale in casi sospetti di Covid-19“.
Gli studiosi infatti concludono che è “obbligatoria un’indagine migliore, in cui le procedure di RT-PCR e TC sono completate da dati provenienti da analisi di laboratorio più dettagliate, analisi ABG, BALF e una valutazione clinica più approfondita”.
In questa ricerca gli autori hanno descritto due casi di due maschi deceduti. Uno di questi era stato confermato COVID-19 con una RT-PCR, ma non TC, mentre il secondo – che era un COVID-like (simile a COVID) – era risultato negativo alla RT-PCR, ma positivo per TC con vetro smerigliato opacità. Nel frattempo però – scrivono gli autori – “la condizione, i modelli di malattia e l’analisi erano molto simili”.
Lo studio “Pazienti COVID-19 e COVID-simili: una breve analisi e risultati di due casi deceduti” presenta appunto dei rapporti descrittivi che riguardano due casi che – come scrivono i ricercatori – “sono solo una parte di uno studio più ampio ancora da pubblicare”, ma sono anche “un tentativo di confrontare Covid-19 e malattie simili al Covid“.
Insomma qui si pone notevole importanza non solo nell’identificazione dei pazienti ad altissimo rischio di mortalità, ma anche sul fatto che ad esempio quando si descrive la RT/PCR si specifica che esiste la possibilità di falsi positivi e falsi negativi.
Infatti uno dei punti di cui parlano gli scienziati riguarda ad esempio la possibilità che se il virus sia “spostato verso il basso” e si sia “insediato nei polmoni”, questo generi “risultati negativi con il tampone”.
Troviamo ancora scritto nella ricerca che “la principale procedura accettata per confermare la positività al Covid-19 si basa sul tampone nasofaringeo analizzato mediante RT-PCR”, ma che comunque presenta alcune problematiche.
I ricercatori spiegano in tre punti le problematiche relative all’affidabilità della trascrizione inversa-reazione a catena della polimerasi (Rt/Pcr):
- problema legato “alla bassa specificità della procedura nel verificare la presenza sia di falsi negativi che di falsi positivi”;
- problema legato “ad errori relativi alla procedura manuale da parte del personale sanitario”;
- problema, ancor più grave, legato alla “possibilità che il virus si sia spostato verso il basso e si sia insediato nei polmoni, generando risultati negativi con il tampone”.
Se guardiamo al punto 3 appena descritto infatti gli studiosi specificano che non escludono “che tra i pazienti simili a Covid possa rimanere qualcuno che alla fine è stato infettato da SARS-CoV-2 ma è risultato negativo allo screening del tampone“.
Il discorso è che – come spiegano gli autori – “il campione testato senza un adeguato controllo interno potrebbe falsare i risultati”.
Gli studiosi specificano inoltre che nella loro esperienza “la presenza di pazienti Covid-like (Covid-simili) ha rappresentato un numero importante (n ≥ 60)”, poi aggiungono che “2 pazienti su 60 sono stati sottoposti a test del liquido bronchi-alveolare (liquido di lavaggio broncoalveolare – BALF) risultando da positivo ad acuto grave sindrome respiratoria coronavirus (SARS-CoV-2)”.
In pratica “i risultati clinici e di laboratorio hanno mostrato sostanziali somiglianze tra i pazienti SARS-CoV-2 e COVID-simili“, i quali “condividono caratteristiche fisiopatologiche legate a tratti specifici di grave polmonite interstiziale con presentazione clinica molto simile“.
I ricercatori, come accennavamo sopra, hanno proposto quindi un nuovo protocollo diagnostico “che alla fine include le osservazioni cliniche, l’anamnesi del paziente, BALF, sangue e risultati dei campioni con la tomografia computerizzata toracica (TC) essenziali per giungere alla conclusione finale”.
Ricordano inoltre che SARS-CoV- 2, “con più di venti milioni di individui infetti in tutto il mondo, rimane ancora sconosciuto in molti aspetti, tra cui il modo in cui il virus si diffonde e coopera con altri patogeni che colpiscono i polmoni e diversi organi come cuore, reni, fegato e cervello”
I ricercatori affermano che entrambe le forme, Covid-19 e Covid-like, “sono principalmente respiratorie con coinvolgimento multiorgano ed entrambe hanno rivelato periodi di incubazione comparabili, spesso con un inizio rapido e un decadimento inaspettato”.
Viene specificato che sono stati trovati molti casi con sintomatologia Covid-19 simile nonostante questi siano “risultati negativi da tampone nasale-faringeo” eseguito con RT-PCR (la reazione a catena della polimerasi di trascrizione inversa).
Questi pazienti, dunque chiamati Covid-like, hanno mostrato “segni clinici analoghi con emogasanalisi arteriosa, emocromo cellulare e parametri di laboratorio simili e stesse opacità a vetro smerigliato con tomografia computerizzata (TC)”, ma erano molto simili anche sintomi come “tosse, febbre e difficoltà respiratorie”.
Nello studio si conclude quindi che, ripetiamo come sopra, ancora una volta: “…è obbligatoria un’indagine migliore, in cui le procedure di RT-PCR e TC sono completate da dati provenienti da analisi di laboratorio più dettagliate, analisi ABG, BALF e una valutazione clinica più approfondita”.
Andrea Ippolito