Foto di cuori, bambini e donne in sexy collant: sì ai social di Santa Maria ma con moderazione. La scelta comunicativa dell’Ente punta ai contest dei cittadini.
I social hanno stravolto la nostra vita, nel lavoro, per l’informazione e per il tempo libero come per il gioco online con i tanti casino, ma anche il modo d’intendere la comunicazione ed in tempi di Covid sono diventati una nuova piazza dove incontrarsi, discutere e confrontarsi. A Santa Maria la Carità, piccolo comune di circa 12mila abitanti in provincia di Napoli, sulla pagina Facebook del Comune si è pensato di puntare ad una digital strategy “singolare”.
L’idea è: proporre contest social (senza un regolamento definito del contest) per coinvolgere il pubblico, “regalando, in cambio di scatti meravigliosi e mi piace, delle sorprese”. A San Valentino, ad esempio, è stato lanciato un concorso fotografico per raccogliere le foto (ed i like) dei sammaritani “in love”. Tra gli scatti pubblicati compaiono foto di bambini, dei quali speriamo si abbia il consenso, regali romantici e una donna vestita di rosso con sexy collant tra due persone con il ventre scoperto.
Una austerity singolare quella del Comune che, tra una manutenzione di verde e una riparazione stradale, cerca di coinvolgere la città utilizzando strategie social del mondo privatistico e le applica ad un Ente pubblico. Anche se questo vuol dire una foto poco consona ad una Pa. Secondo il modello GoRel di James E. Grunig relativo alla comunicazione istituzionale, uno dei tre obiettivi di un piano di comunicazione è quello comportamentale, ovvero l’utilizzo dei social media per indurre gli utenti, in questo caso cittadini, a compiere azioni o adeguarsi ad un comportamento virtuoso. Per questo scopo, gli esperti si affidano a campagne di sensibilizzazione e storytelling, anche sotto forma di visual storytelling (avete presente quei video bellissimi che vi emozionano quando raccontano la vostra vita e le vostre emozioni?).
Insomma: esistono degli strumenti che mirano attraverso i social a motivare il cittadino ad acquisire una determinata condotta e sentirsi parte integrante di una community, quella dove si vive. Il tutto, con una business strategy adatta ad una caffetteria o un negozio di calze, ma quantomeno incongruente con le regole di una Pa e con i principi comunicativi e di rigore che la stessa dovrebbe necessariamente tenere.
Un Comune nelle sue mille sfaccettature social dovrebbe avere un’immagine istituzionale, austera, definita e trasparente. E parlando di trasparenza, un Comune dovrebbe anche regolamentare la sua posizione in merito alla gestione dei social. Difatti, la gestione dei profili social di un ente pubblico passa attraverso l’approvazione di un regolamento in consiglio comunale, secondo la legge del 07 giugno 2000, n. 150, in merito alla Disciplina delle Attività di Informazione e Comunicazione delle Pa.
Oltre le chiarificazioni in merito alla gestione dei sistemi digitali di Santa Maria, non ancora ben definiti, la vera domanda è un’altra: è giustificabile l’applicazione di un modello comunicativo da piccolo shop online? Si può sfruttare una strategia da negozio per l’increasing dell’engagement “comunale”? Ma per Carità!