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Ancora dubbi su AstraZeneca: Ema dovrà dare indicazioni sul siero anglo-svedese

Non c’è pace per il vaccino AstraZeneca che sin dal suo esordio ha fatto scaturire dubbi e incertezze. Un percorso travagliato sin dalla sua nascita che sembra non aver ancora trovato un lieto fine.

Tra ritardi, sospensioni, dubbi sulle possibili correlazioni con eventi gravi e pericolosi, il siero anglo-svedese non riesce a mettere tutti d’accordo né a sfatare le incertezze che continuano a serpeggiare e a farlo temere piuttosto che a considerarla una potenziale arma contro il Sars-CoV-2.


Ancora una volta l’attenzione si concentra sulla possibilità di un nesso tra la somministrazione del siero ed alcuni, seppur rari, casi di trombosi.  E così i tecnici dell’EMA sono nuovamente all’opera per verificare ed eventualmente fornire “una raccomandazione aggiornata”, che possa accompagnare l’utilizzo del vaccino e scongiurare la segnalazione di nuovi casi che potrebbero compromettere ancora la campagna vaccinale in corso.

D’altro canto ricercatori e virologi sono tutti concordi nel ritenere che sia di gran lunga maggiore il beneficio apportato dall’utilizzo del siero nella campagna vaccinale che i pericoli ad esso correlato. Tuttavia diventa sempre più difficile contrastare l’idea di una probabile correlazione fra la somministrazione del farmaco ed il verificarsi di casi di coaguli del sangue insoliti.


“Secondo me – ha dichiarato Marco Cavaleri, responsabile della strategia sui vaccini di Ema – ormai possiamo dirlo, è chiaro che c’è un’associazione con il vaccino. Cosa causi questa reazione, però, ancora non lo sappiamo”.

Un’ipotesi che rimette nuovamente in discussione l’affermazione di poco meno di un mese fa, dell’EMA stessa, che aveva rassicurato tutti, sostenendo la non esistenza di un rapporto diretto fra la somministrazione del vaccino ed il verificarsi di casi di trombosi.

La rassicurazione dell’Agenzia per il farmaco europeo, però, non aveva convinto tutti. Molti paesi dell’Unione, infatti hanno preferito bloccare la somministrazione di AstraZeneca o limitarne in via precauzionale il suo utilizzo per determinate fasce d’età. Nello stesso periodo di tempo, le autorità sanitarie inglesi hanno continuato a rassicurare e a invitare tutti i cittadini britannici a farsi vaccinare, portando a sostegno di quanto affermato il numero elevatissimo di vaccinati che non hanno avuto alcuna conseguenza negativa a fronte di pochissimi casi di trombi. Questi dati, secondo il governo inglese lascerebbe intendere che  “i benefici nella prevenzione dell’infezione da Covid-19 e delle sue complicazioni continuano a essere maggiori di qualsiasi rischio”.


Anche in Italia, a seguito di alcune reazione gravi ed avverse era stata sospesa per alcuni giorni la somministrazione di un lotto del farmaco AstraZeneca, per poi riprendere tranquillamente, dopo pochissime ore la campagna vaccinale.

Oggi, alla luce di quanto sta accadendo il nostro Paese attende nuove indicazioni per poter eventualmente procedere in modo sicuro e mirato nella somministrazione del siero scongiurando situazioni di criticità.

“E’ possibile, per maggiore precauzione – ha dichiarato il sottosegretario alla salute Pierpaolo Sileri –  che l’Agenzia europea dei medicinali Ema indichi che per una determinata categoria è meglio non utilizzare il vaccino anti-Covid di AstraZeneca”.

Gli esperti, dal canto loro, continuano ad invitare alla calma, in quanto il vaccino funziona, anche se ritengono, in ogni caso, opportuno continuare nella verifica degli effetti collaterali per poter eventualmente determinare quali categorie potrebbero risultare più a rischio rispetto ad altre.


“In generale AstraZeneca funziona benissimo per tutte le categorie di persone e protegge nella malattia grave al 100%, anche sopra i 60 anni –  ha spiegato Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto di ricerca farmacologiche Mario Negri – ma esiste un problema piccolo nelle dimensioni ma reale: questo vaccino nelle persone che hanno tra i 20 e i 50 anni, per il 90% donne, può indurre una forma rarissima di trombosi del seno venoso cerebrale.

Si tratta di una malattia nuova  – ha aggiunto Remuzzi –  che non si conosceva prima,  pur somigliando a certe malattie rare. Adesso che si conosce è possibile una diagnosi precoce, in laboratorio, ed è possibile curarla, ma non in tutti gli ospedali. Il rapporto rischi-benefici è straordinariamente positivo – ha – si tratta di casi rarissimi, poche decine contro decine di milioni di vaccinazioni, ma il problema esiste e se c’è alternativa si può fare a quella categoria di persone un altro vaccino”.


Sulla questione è intervenuto anche il virologo Roberto Burioni che ha voluto sottolineare l’importanza del vaccino Vaxzevria, come viene chiamato ora il vaccino Astrazeneca,  nella lotta al Coronavirus, precisando altresì che dai dati raccolti per quanto la sua efficacia si attesti ad una percentuale di gran luna inferiore allo Pfizer-BionTech e Moderna, l’efficacia aumenterebbe dopo la somministrazione della seconda dose.

Resta da capire se i casi di reazioni avverse o gravi siano riconducibili al prodotto Vaxzevria o alla tipologia di vaccini a vettore virale a differenza dei vaccini a mRNA, come quello di Pfizer e il Moderna.

Bianca Di Massa



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