Stop alla Superlega calcio? Al momento tutte le squadre inglesi comunicano la non partecipazione al progetto del nuovo calcio elitario.
Le proteste dei tifosi hanno dunque avuto il successo che inizialmente non era affatto previsto. Il calcio nasce dal popolo ed al popolo ritorna in via definitiva. Possiamo dire che il sogno di questo nuovo “torneo privato” ha vissuto il tempo del battito delle ali di una farfalla.
Il grande calcio si era smarcato trasformandosi in gioco d’élite, ma i colori ed i rituali ancestrali di chi abita gli stadi tutto l’anno hanno fatto tornare il pallone (o meglio il pallino) in mano al popolo dello sport. Eppure bastava informarsi un minimo per capire che con il vero calcio questo “movimento” di business finanziario non aveva nulla a che fare.
In effetti 3,5 miliardi di dollari avrebbero fatto certamente comodo ai club, che con la pandemia avevano visto non poche difficoltà nella gestione dei loro conti interni. Ma se questi fondi sono forniti in prestito dalla banca d’affari e multinazionale J. P. Morgan, da restituire poi in 15 anni, che senso ha questa operazione con la funzione che hanno lo sport e le attività motorie nella nostra società?
Parliamo di un prestito da restituire congiuntamente tra tutte le società aderenti la Superlega, con un obiettivo di ricavi totali annui di 4 miliardi. Ma con tifosi o senza?
Anche il Presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, aveva ammonito, esponendo le posizioni governative: “Il Governo segue con attenzione il dibattito intorno al progetto della Superlega calcio e sostiene con determinazione le posizioni delle autorità calcistiche italiane ed europee per preservare le competizioni nazionali, i valori meritocratici e la funzione sociale dello sport“.
Insomma quasi tutta la politica, sia quella governativa istituzionale che quella della governance sportiva, ha da subito combattuto questa posizione di divisione tra chi ha troppo e chi alla fine si sarebbe ridotto ad avere sempre meno, con i campionati letteralmente “spogliati”, non solo della loro storia, ma anche e soprattutto di una sana e “reale” competizione.
Ma poi, come dice il presidente della Federcalcio polacca, Zibì Boniek: “Siamo tutti convinti che il calcio non sia solo per squadre ricche che poi non riescono a battere la più piccola e povera Atalanta”.
Quanto ha ragione Boniek lo vediamo dalla posizione della “bergamasca“, ad oggi terza in classifica, appunto davanti alla Juventus.
Nel frattempo, in questi giorni, il presidente della Federcalcio italiana ha puntato il dito affermando di voler difendere il merito sportivo “e la possibilità per ogni squadra di inseguire un grande sogno”. Gravina ha anche aggiunto: “Il calcio è dei tifosi, va modernizzato, ma non snaturato. Il calcio è condivisione, non è un club elitario”.
Dopo lo shock iniziale i tifosi hanno fatto la loro parte in modo deciso e civile. Così mentre gli interisti hanno scritto all’ex capitano Javier Zanetti, quelli del Liverpool hanno presentato lo striscione: “Vergognatevi 1892-2021 RIP Liverpool”.
Anche Boris Johnson, aveva avvisato le squadre, rinnovandosi in un editoriale sulla testata The Sun, scrivendo che “non c’è bisogno di essere un esperto per non provare orrore per un progetto simile, gestito da un piccolo numero di club”.
Il Primo Ministro del Regno Unito ha ricordato inoltre che “il calcio non è un marchio o un prodotto. Anzi, è molto di più di uno sport”. Poi ha aggiunto che “le squadre di calcio sono una base fondamentale per la nostra società, di generazione in generazione, e potranno continuare a esserlo solo se le regole sono uguali per tutti e se il merito resta universale”.
Johnson ha anche chiarito il perché ha dato il suo ‘cartellino rosso’ alla Superlega: “La Superlega non avrebbe mai permesso favole come quella del Leicester o quella del Nottingham Forest, due volte vincitore della Coppa Campioni“.
Arrigo Sacchi invece ha fatto sapere che la Superlega non gli piace perché “il calcio è così bello per la sua universalità”. L’ex allenatore dello storico Milan (super vincente), in un’intervista alla Gazzetta dello Sport ha dichiarato anche: “Vorrei che le istituzioni internazionali, le federazioni e le leghe ricominciassero a parlare davvero di calcio. Del bene del calcio. Quando l’obiettivo è il potere, si va avanti a compromessi. E chi ha più conoscenze fa paura”.
Mentre l’allenatore del Manchester City Guardiola ha detto con rammarico che “non è sport dove non serve sforzo per vincere”.
Dunque infine Manchester City, Manchester United, Chelsea, Arsenal, Tottenham, Liverpool, lasciano il progetto Superlega. Nelle ultime ore però è arrivata la notizia anche per l’Inter, defilatosi insieme alle inglesi.
La posizione definitiva della UEFA, votata all’unanimità durante il 45° Congresso Ordinario UEFA, che si è tenuto a Montreux (Svizzera), è chiarissima ed è una condanna per la Super League.
“Le 55 federazioni e i partecipanti al Congresso UEFA condannano la cosiddetta ‘Super League’ da poco annunciata. Il Congresso UEFA – si legge nella dichiarazione – ritiene categoricamente che una ‘Super League‘ chiusa sia contraria all’essenza di ciò che è europeo, ovvero unificato, aperto, solidale e basato sui valori sportivi”.
La UEFA poi descrive “un modello veramente europeo” che continueranno a seguire, sposato da tutte le Federazioni e “fondato su competizioni aperte, sulla solidarietà e sulla ridistribuzione, per garantire la sostenibilità e la crescita del calcio a vantaggio di tutti nonché la promozione dei valori europei e dei risultati a livello sociale”.
I club che hanno dato vita al nuovo progetto vengono definiti dal Congresso UEFA “cospiratori”, addirittura clan “egoista”, inoltre come società che non sono riuscite a comprendere “che il loro status odierno non è arrivato in un contesto di isolamento, bensì nell’ambito di un sistema europeo dinamico in cui club grandi, medi e piccoli hanno contribuito ai successi e agli insuccessi di tutti”.
È un affronto ai valori europei e al merito sportivo – continua la UEFA – pensare che abbiano il diritto di ‘separarsi’ e rivendicare un’eredità a cui tutti hanno contribuito.
La decisione dell’Ente europeo si conclude poi con un appunto, dove si avvisa della lotta che procederà senza sosta per il ritorno alla normalità sportiva: “Le federazioni e tutti coloro che amano il calcio non cedono e lotteranno nella massima misura possibile contro le decisioni dei proprietari di questi club e i loro sostenitori. Sappiamo quello che c’è in gioco dal punto di vista morale e proteggeremo il calcio da un clan egoista che non se ne prende cura. Noi siamo il calcio europeo, non loro”.
Andrea Ippolito