Nelle prime ore di questa notte, i Carabinieri del Comando Provinciale di Napoli hanno eseguito un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata nei confronti di 4 persone, ritenute responsabili dell’omicidio del 61enne Maurizio Cerrato, custode del Parco Archeologico di Pompei, assassinato lunedì sera a Torre Annunziata.
I 4 fermati sono stati tradotti presso il carcere di Napoli Poggioreale.
Indagata a piede libero una donna, in carcere sono finiti Giorgio Scaramella (41 anni), Domenico Scaramella (51), Antonio Venditto (26) e Antonio Cirillo (33).
Il reato contestato è quello di omicidio in concorso, aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. Le indagini, condotte dai Carabinieri e coordinate dalla Procura della repubblica oplontina senza soluzione di continuità sin dai momenti immediatamente successivi all’omicidio, hanno consentito di accertare sia i motivi che la dinamica dell’omicidio e di identificarne gli autori.
In particolare si è accertato che la figlia della vittima, Maria Adriana, alcune ore prima dell’omicidio, aveva parcheggiato la propria autovettura sulla pubblica via, occupando uno spazio arbitrariamente occupato dalla famiglia di uno dei fermati con una sedia, che la ragazza aveva spostato per poter accostare l’auto. Per ritorsione era quindi stato squarciato uno pneumatico.
Al ritorno dal lavoro, la ragazza, avendo constatato la foratura della ruota, aveva collocato la sedia sul tetto dell’autovettura della famiglia che di fatto utilizzava il posto da lei occupato.
Secondo quanto emerso dalle indagini, tale circostanza aveva dato origine ad una prima aggressione, verbale e fisica, da parte di uno dei fermati, appartenente alla suddetta famiglia, il quale aveva aggredito il padre della ragazza, intervenuto sul posto per aiutare quest’ultima a sostituire la ruota bucata, colpendolo violentemente al volto con il cric della macchina, ferendolo.
Nel corso di questa prima aggressione, Maurizio Cerrato, nel tentativo di difendersi, aveva rotto gli occhiali del proprio aggressore, ma al termine dello scontro si era anche offerto di ricomprarglieli.
Successivamente lo stesso soggetto, dopo essersi in un primo momento allontanato dal posto, era ritornato in compagnia degli altri tre fermati, tra i quali un suo fratello ed un altro suo familiare, che avevano immediatamente aggredito e percosso violentemente e ripetutamente il malcapitato 61enne, il quale era stato accoltellato al torace da uno dei suoi aggressori, mentre gli altri lo tenevano fermo.
Stando a quando accertato si ritiene che si sia trattato di una vera e proprio spedizione punitiva nei confronti di Cerrato.
Nel corso delle indagini si sono dovute registrare, da un lato, l’assoluta mancanza di collaborazione da parte delle persone presenti al fatto e che avevano assistito all’omicidio e, dall’altro, alcune condotte di inquinamento probatorio, quali l’occultamento dell’arma del delitto, la predisposizione ad un alibi fittizio da parte di uno dei fermati e il tentativo di lavare gli indumenti indossati da un altro dei fermati, rinvenuti già nella lavatrice della sua abitazione poco dopo il fatto.