Potrebbe trattarsi dei resti di un ufficiale di Plinio il Vecchio, quello rinvenuto fra i fuggiaschi seppelliti sotto le ceneri dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.c. e ritrovati sulla spiaggia di Ercolano.

Inizialmente la vittima era stata catalogata come un semplice soldato allorquando all’inizio della campagna di scavi iniziata quarant’anni fa, furono rinvenuti i resti di 300 fuggiaschi che avevano cercato scampo dall’immane tragedia che si stava consumando recandosi verso la spiaggia.

In questi giorni gli archeologi sono ritornati proprio su quella spiaggia per continuare l’opera di scavo e conservazione del sito ed in particolar modo della strada che collegava la spiaggia della cittadina romana alla Villa dei Papiri.


Gli studiosi hanno riconsiderato l’identità di una delle vittime ritrovata in uniforme, con una parte dell’armatura e strumenti da lavoro contenuti in una sacca. In vita un cinturone ricoperto da lamine di argento e oro, dal quale pendeva da una lato una spada, decorata e dotata di un’impugnatura in avorio e dall’altro un pugnale. Nei pressi 12 monete d’argento e due d’oro che, all’epoca rappresentavano lo stipendio mensile dei pretoriani.  Il ruolo di quest’uomo raggiunto dalla furia dell’eruzione e scaraventato a terra con il viso nella sabbia e le braccia poste come a cercare appoggio nella caduta, doveva essere di gran lunga superiore da quello a lui attribuito durante i primi scavi.

“Potrebbe trattarsi  di un ufficiale della flotta che partecipava alla missione di salvataggio lanciata da Plinio il Vecchio per soccorrere le popolazioni dei centri e delle ville affacciate su questa parte del Golfo di Napoli” – ha spiegato Francesco Sirano, il direttore del Parco Archeologico di Ercolano.


Dunque un ufficiale della marina inviato sul posto nel tentativo di mettere in salvo le centinaia di persone che si erano precipitate ed ammassate in spiaggia per allontanarsi dal gigante esploso, cercando riparo anche nei ricoveri delle reti e degli attrezzi. Raggiunto dalle correnti piroclastiche fuoriuscite dalla bocca del cratere che erano scese ad una velocità di 80-100 chilometri orari, travolgendo al loro passaggio, cose e persone, il militare era morto in pochi istanti, come tutti coloro che si trovavano sulla sabbia divenuta bollente.

Grazie ad un gioco di venti e correnti, il materiale organico ritrovato presso il sito di Ercolano si è conservato molto meglio di quello ritrovato nel Parco archeologico di Pompei, altro sito noto in tutto il mondo.


Dalle indagini effettuate sulle ossa della vittima, si è potuto constatare che si tratta di un uomo tra i 40 e 45 anni, in ottima forma fisica. L’armatura, la sacca con gli arnesi da carpentiere, le monete e la presenza poco distante di un’imbarcazione militare hanno rafforzato l’idea che si trattasse di un componente della spedizione militare per il soccorso ai cittadini di Ercolano. Quello che fu catalogato negli anni ’80 come la vittima numero 26, potrebbe essere un faber navalis, una figura ben conosciuta sulle navi militari romane, in pratica un geniere, specializzato nei lavori di carpenteria.

I nuovi studi aprono nuovi orizzonti nella ricostruzione della storia di Ercolano e più in generale dell’epoca romana. Archeologi e professionisti dell’Herculaneum Conservation Project non vedono l’ora di ricominciare gli scavi che potrebbero portare alla luce nuove storie o approfondire quelle già conosciute.

Bianca Di Massa



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