Duemila euro al mese per gli affiliati al clan D’Alessandro. E’ questo lo stipendio che i vertici della cosca di Scanzano garantiscono ai propri sodali. Una somma che, nel periodo natalizio, viene aumentata da un bonus legato ai proventi dell’attività estorsiva a carico di commercianti e imprenditori stabiesi. Una vera e propria tredicesima, che i capi dei D’Alessandro decidono di consegnare agli affiliati come regalo di Natale. Tutto ciò emerge dalle nuove dichiarazioni, rese ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, dal collaboratore di giustizia Pasquale Rapicano (meglio conosciuto negli ambienti criminali cittadini come Lino o’capone). Secondo il pentito a gestire le casse del clan, nel periodo compreso tra il 2012 e i 2015, ovvero quando tutti i capi della famiglia D’Alessandro erano in carcere, è stato Antonio Rossetti (alias o’guappo) tuttora in carcere.



Tutto ciò, confermerebbe il ruolo sempre più apicale che o’guappo avrebbe conquistato nelle gerarchie della cosca egemone a Castellammare dopo lunghi anni di militanza. Secondo le nuove rivelazioni del collaboratore di giustizia, Rossetti avrebbe gestito per diversi anni le finanze del clan D’Alessandro. I proventi delle attività illecite venivano distribuiti per la maggior parte ai due rami della famiglia di Scanzano: vale a dire a quella di Michele D’Alessandro (fondatore della cosca ed ex padrino defunto) e a quella del fratello Luigi, alias Gigginiello, ritornato libero dopo una lunga detenzione.



Il resto poi veniva distribuito agli affiliati. Altri importanti particolari sono stati rivelati riguardo le attività dei D’Alessandro, che negli ultimi anni avrebbero puntato tutto sul racket delle estorsioni (soprattutto nei confronti dei più importanti imprenditori edili della zona) e sull’affare delle slot machine. Tutto ciò, non tralasciando ovviamente il business della droga, legato al traffico di cocaina anche con clan siciliani di Cosa Nostra e alle coltivazioni di marijuana insieme ai Di Martino di Gragnano. Nei verbali rilasciati ai giudici dell’Antimafia, Rapicano ha spiegato anche i motivi che hanno portato alla decisione di collaborare con la giustizia. “Ho deciso di collaborare per cambiare vita e per i miei figli – ha riferito – La decisione è maturata dopo la condanna all’ergastolo per l’omicidio Scelzo, ma già da tempo avevo in animo di cambiare strada”.



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