Hanno scelto il silenzio davanti ai giudici. Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere Antonino Esposito Sansone e Vincenzo Ingenito, arrestati lunedì scorso in quanto accusati di avere avuto un ruolo nell’omicidio di Pietro Scelzo, avvenuto tra i vicoli del centro antico la notte del 18 novembre 2006. Era previsto l’interrogatorio da parte dei giudici del tribunale di Torre Annunziata nei confronti dei due imputati. Sia Sansone che Ingenito, tuttavia, hanno preferito trincerarsi nel silenzio, non rispondendo alle domande dei magistrati.
A compiere materialmente il delitto fu Pasquale Rapicano, già condannato all’ergastolo e attualmente collaboratore di giustizia. Diversi erano invece i ruoli di Sansone e Ingenito, secondo le accuse formulate dai magistrati. L’ordine di uccidere Pietro Scelzo arrivò da Scanzano. I D’Alessandro deciso di eliminarlo perché Scelzo si era affiliato al clan scissionista degli Omobono – Scarpa, decidendo di aprire una piazza di spaccio tra i vicoli del centro antico. Lo stesso Scelzo inoltre, secondo quanto emerso dalle indagini, aveva pensato di uccidere Sergio Mosca (all’epoca reggente della cosca scanzanese), ma fu intercettato prima dai colonnelli di Scanzano e trucidato davanti all’androne del suo appartamento con 11 colpi di pistola.
E la sua morte, avvenuta il 18 novembre 2006, fu “festeggiata” a Scanzano da Teresa Martone (vedova del boss Michele D’Alessandro, fondatore del clan) con una bottiglia di champagne e pasticcini. Secondo quanto ricostruito dai collaboratori di giustizia, la vedova di D’Alessandro brindò insieme al killer che aveva sparato, compiendo la missione di morte che gli era stata assegnata.