Il commissario all’emergenza Covid, Francesco Paolo Figliuolo cerca di porre rimedio, come meglio può, ad uno degli “sbagli” del suo predecessore Domenico Arcuri.

Dopo la chiusura del progetto delle Primule con l’attivazione degli hub e dei centri vaccinali su tutto il territorio italiani, grazie ai quali la campagna vaccinale ha potuto prendere il volo, Figliuolo è passato ad un’altra questione per la quale cerca di trovare la soluzione meno indolore e più opportuna.


Un’ingente quantità di mascherine acquistata durante la prima ondata del coronavirus dall’allora commissario Arcuri è stipata nei magazzini ed inutilizzata. Mascherine praticamente inutili e inefficaci contro il coronavirus.

I dispositivi ordinati da Arcuri sono di tre tipi, alcuni comodi e colorati, di varia forma e misura, adattabili ad adulti e bambini, ma nessuno di questi è in grado di prevenire o proteggere dal contagio di agenti patogeni e dunque inutilizzabili nella lotta al Covid-19.


Con un avviso pubblico Figliuolo ha quindi provveduto a mettere in vendita i circa 218,5 milioni di mascherine con l’intento di “verificare l’interesse da parte degli operatori economici ad acquistare a titolo oneroso l’ingente quantitativo di mascherine di “comunità”, prive di marcatura CE (…) che non trovano alcuna possibilità di impiego quali dispositivi di protezione individuale”, ma possono comunque essere riciclate e impiegate in altri ambiti industriali.

La scelta di Figliuolo è dettata anche dalla consapevolezza che bruciare questo cumulo di mascherine, costerebbe molto alle casse dello Stato e il commissario è intenzionato ad evitarlo per quanto possibile, offrendo, nel contempo, ad un materiale apparentemente inutile un suo “riutilizzo con differente destinazione d’uso e riciclo attraverso un idoneo processo di trasformazione”.

B.D.M.



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