Novanta minuti senza un attimo di respiro. Un incontro che sembrava un incontro di boxe, con i due rivali che si studiavano nei primi passaggi in attesa dell’errore di un avversario.

Una vera battaglia pallone dopo pallone che ha visto l’Argentina di Messi, e perchè no, di Diego Armando Maradona, conquistare il trofeo omologo di quello che in serata andrà a giocarsi la nazionale Azzurra: la Copa America.



L’Argentina torna a gridare “campione” in Copa América dopo 28 anni e lo fa con il sapore della rivincita dopo aver sconfitto per 1-0 il Brasile, che ha detronizzato proprio nel Maracanà in una finale da sogno che passerà alla storia pur non avendo brillato in campo.

A punire la nazionale verde oro Angel Di María, dimenticato dalla difesa brasiliana, al 21′ con l’unico gol della partita, un pallonetto sull’uscita del portiere Ederson dopo un passaggio dalla distanza di Rodrigo de Paul, che taglia il campo e supera il tentativo di chiusura di Renan.


Ed è proprio su questo punteggio che si chiude il primo tempo, con l’Argentina che ha giocato a denti stretti e difendendo ogni pallone contro un Brasile sempre pericoloso, ma che non ha sfruttato le occasioni che comunque ha creato.

Nel secondo tempo il nervosismo la fa da padrone. Calcio duro, calcioni e corpo a corpo continui. Il Brasile attacca di più e si scopre di più. L’Argentina ne approfitta in un paio di occasioni, ma non riesce a mettere al sicuro il risultato. Ottima la prestazione dell’estremo dell’albiceleste Emiliano Martínez, bravo sul finale a neutralizzare una gran botta di Gabigol.




Clamorosa l’occasione all’87’, non concretizzata dalla Pulce che nonostante tutto ritirerà il trofeo di miglior giocatore e di miglior realizzatore, oltre alla coppa dei vincitori in qualità di capitano.

Al Brasile non sono bastati i cinque minuti aggiuntivi concessi dall’arbitro uruguaiano Esteban Ostojich, che ha ben diretto la gara, né sono bastati i cambi che Tite ha provato a fare per dare più convinzione e precisione ai continui attacchi della “canarinha”.

Alla fine, brasiliani in lacrime e argentini che ballano e cantano con il pubblico. A chiudere le “ostilità” un lungo abbraccio tra i due ex compagni al Barcellona, Messi e Neymar.

L’Argentina esulta con un solo gol di vantaggio sulla classica rivale, ma lo fa in casa del Brasile e in una finale di Copa América che si è giocata come se fosse la finale di un Mondiale. Quindicesima corona per un “albiceleste” che ha riconquistato lo scettro in Copa América, e ora condivide il primato di più vincente con l’Uruguay, nientemeno che contro il Brasile, ospite e che ha subito oggi la sua unica sconfitta nel torneo, la più dolorosa possibile, senza dubbio.

“Maradona è meglio ‘e Pelé…”, continua cantando l’Argentina che festeggia con un Messi che canta alla grande con tutta la sua squadra.










 

Donazione sostieni il Gazzettino Vesuviano
Condividi
PrecedenteOk alla cura Ascierto: “Mortalità meno 13%”. Con i monoclonali 6.198 pazienti in Italia
SuccessivoDivertirsi per vincere: andiamo a prenderci l’Europeo
Il giornale “il Gazzettino vesuviano”, fondato nel 1971 da Pasquale Cirillo e attualmente diretto da Gennaro Cirillo, si interessa principalmente delle tematiche legate al territorio vesuviano e campano; dalla politica locale e regionale, a quella cultura che fonda le proprie radici nelle tradizioni ed è alla base delle tante associazioni e realtà che operano sul territorio.Siamo impegnati a garantire la massima qualità e la massima integrità nel nostro lavoro giornalistico. Ci impegniamo a mantenere alti standard etici e professionali, evitando qualsiasi conflitto di interesse che possa compromettere la nostra indipendenza e la nostra imparzialità.Il nostro obiettivo è quello di fornire ai nostri lettori notizie e informazioni affidabili su una vasta gamma di argomenti, dalle notizie di attualità ai reportage approfonditi, dalle recensioni ai commenti e alle opinioni. Siamo aperti a suggerimenti e proposte dai nostri lettori, e ci impegniamo a mantenere un dialogo aperto e costruttivo con la nostra community.