L’anno magico dell’Italia. In una Europa stravolta dal coronavirus, il 2021, secondo anno dell’era delle restrizioni, l’Italia e tutti noi ci stiamo togliendo un po’ di soddisfazioni che mancavano da anni.

Oggi abbiamo ancora negli occhi la plastica parata del Gigio nazionale che ha condannato all’ennesimo flop la britannica armata di Southgate e spedito direttamente in paradiso tutta una nazione. Ben 53 anni dopo l’ultimo trofeo continentale conquistato dai giovani di Ferruccio Valcareggi che il 10 giugno, all’Olimpico di Roma, sconfissero 2-0 la Jugoslavia grazie ai gol di Riva e Anastasi in una finale che era già stata disputata.



Ed in effetti la finale si era svolta già due giorni prima, l’8 giugno 1968 sempre a Roma. In quella occasione andarono in vantaggio i nostri vicini balcanici, allora ancora tutta un’unica nazione, con una rete segnata da Dzajic e pareggio di Domenghini nel finale. L’1-1 resistette oltre i tempi supplementari, ma all’epoca non erano previsti i calci di rigore. E allora non restava che ripetere la partita, finalmente vinta dagli Azzurri 48 ore più tardi.

Un anno di rivoluzioni e grandi novità, e non solo per la Nazionale Italiana. Era appunto il 1968, periodo di Governi balneari, anno di contestazioni nelle Università, di lotte tra padri e figli, di sogni, di luna da toccare e raggiunta appena l’estate successiva con il mondo attaccato alla TV.

Un anno particolare quel ’68, una edizione straordinaria per l’Italia del calcio che veniva dalla storica eliminazione ai Mondiali del 1966 ad opera della Corea del Nord del signor nessuno Pak Doo Ik che con un colpo di testa ci mandò fuori dalla competizione in terra inglese. Terremoto in federazione e panchina dell’allora CT Edmondo Fabbri che salta a favore di Valcareggi. La sua “rivoluzione” nel secondo atto di quella finale quando sostituì cinque giocatori rispetto alla prima gara. Piazzò De Sisti al posto di Juliano, rimise Mazzola e recuperò Riva, che andò a sostituire Prati e che si piazzò, in attacco, accanto ad Anastasi e la vittoria non tardò ad arrivare. Schivo e tanto lontano dai riflettori, Valcareggi non fece nemmeno una foto con la coppa: “Tenete ragazzi – disse ai giocatori – questa l’avete vinta voi ed è giusto che siate voi ad alzarla”.


Troppi i parallelismi con questa nuova Italia rinata dopo la grande delusione del Mondiale mancato in Russia, l’Italia del Mancio chiamato sulla panchina azzurra e portatore di grandi novità e tanti giovani talenti. Lui qualche foto, anche più di qualcuna, l”ha fatta, ma come il suo illustre predecessore non smette mai di sottolineare il merito dei suoi ragazzi, principali artefici della vittoria Europea in un anno, che a causa del coronavirus, è stato sicuramente tragico, indimenticabile e ricco di aspettative. Il “Rinascimento Italiano” hanno titolato alcune testate europee, tra esse la francese Liberation e la spagnola El Mundo. E allora, che Rinascimento sia a partire proprio da questa vittoria.

Ma a ben pensarci le soddisfazioni italiche e le prime luci di questo “Rinascimento” le avevamo già intraviste qualche mese fa. Il 22 maggio scorso, a portare l’Italia sulla vetta dell’Europa erano stati quattro giovani romani, i Maneskin, che contro tutti i pronostici, con una musica rivoluzionaria dalle sonorità che strizzano l’occhio al grande rock degli anni Sessanta e Settanta, prima hanno vinto Sanremo e poi stravinto Eurovision Song Contest.


E anche in questo caso il digiuno durava da oltre trent’anni. Ultima affermazione tricolore risaliva al 1990 con il per nulla rivoluzionario Toto Cutugno. Niente da fare per la contestazione francese: Italia in vetta e senza rivali. Proprio come ieri a Wembley con tutti i rivali, i favoritissimi, usciti o direttamente sconfitti. Ultimi a Rotterdam, nell’occasione canora europea, il Regno Unito rappresentato da James Newman rimasto a zero punti contro i 524 punti assegnati all’Italia. Forse un segno di quanto stava per accadere sul prato inglese.

E allora “Zitti e Buoni” a cominciare dagli inglesi, che prima di riprovarci dovrebbero cominciare con l’imparare il rispetto dell’avversario e il saper perdere, medaglia d’argento al collo, anche quando la coppa d’argento, la Coppa Delaunay, questo il suo nome dall’ideatore cento anni fa della competizione continentale, è nelle mani dell’avversario, degli Azzurri.

Mai nessun Paese aveva vinto, lo stesso anno, Europei di calcio ed Eurovision Song Contest. Un altro record tutto italiano.

L’Italia del nuovo Rinascimento è qui ed è pronta ad affrontare tutte le nuove sfide che verranno.

Gennaro Cirillo



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