La Guardia di Finanza di Salerno ha portato alla luce un traffico di droga proveniente dalla Siria che transitava nello scalo marittimo di Salerno prima di raggiungere i paesi del Medio Oriente.
Due le persone coinvolte, cui è stato contestato, dalle Fiamme Gialle e dal GICO- Goa dei nuclei di Pef di Salerno e Napoli, il reato di traffico internazionale di droga. Il primo il 45enne Alberto Eros Amato, titolare di una società di servizi elvetica attualmente tradotto presso l’istituto di pena romano di Rebibbia e il secondo uno spedizioniere doganale, Giuliantonio Apicella di 49anni, per il quale sono scattati i domiciliari, presso la sua abitazione di Baronissi.
L’inchiesta era partita nel giugno del 2020 quando i finanzieri avevano effettuato il sequestro di un grosso quantitativo di hashish e anfetamine, occultato in container che trasportavano abbigliamento, mobili da ufficio e finte bobine di carta per la produzione di scatoloni per imballaggi, imbottite con 14 tonnellate di captagon pari a 84 milioni di pasticche col logo ‘Captagon‘ prodotte in Siria da Isis/Daesh per finanziare il terrorismo.
I militari sono giunti a capo della vicenda dopo una lunga ed accurata indagine, basata sulla raccolta di intercettazioni telefoniche ed ambientali e la verifica dei conti bancari, grazie ai quali si è potuto ricostruire tutti i passaggi che consentivano il transito indisturbato degli stupefacenti.
Grazie alle informazioni raccolte, gli inquirenti della Procura di Salerno sono risaliti non solo ai versamenti di denaro estero su estero che dalla società elvetica venivano emessi a favore del doganiere, ma anche alla tecnica del “tramacco” utilizzata per rendere “invisibili” le sostanze stupefacenti.
Il carico, infatti, dopo essere stato opportunamente privato di ogni segno distintivo del paese siriano ripartiva dal porto di Salerno in container utilizzati per il trasporto di altra mercanzia e con nuove polizze di carico emesse dall’agente doganale.
Lo spedizioniere, come ha spiegato in una nota il procuratore capo di Salerno, Giuseppe Borrelli, “avrebbe provveduto all’eliminazione sia dalla documentazione commerciale che dai container di ogni segno distintivo del luogo di provenienza del carico al fine di evitare ispezioni doganali negli scali portuali intermedi, essendo la Siria inserita nella “black list” del sistema doganale Schengen per i rischi connessi a spedizioni pericolose (armi, droga e altro)”. Dal canto suo l’imprenditore elvetico provvedeva a una nuova fatturazione con la complicità di aziende commerciali compiacenti.
La droga, così dissimulata in “carichi di copertura” transitava inosservata negli scali portuali intermedi, evitando eventuali verifiche da parte delle autorità competenti.