Il Gazzettino vesuviano | IGV

Ex calciatore colombiano, oggi narcos, ricercato da 17 anni, arrestato a Napoli

Ieri mattina gli agenti del Commissariato Vicaria-Mercato hanno catturato in piazza Enrico De Nicola, mentre si intratteneva in strada, Antony De Avila Charris, 58enne colombiano, ricercato dal 2004.

L’uomo è stato arrestato in esecuzione di un provvedimento di carcerazione emesso il 22 dicembre 2004 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli – Ufficio Esecuzioni Penali, poiché condannato alla pena di 12 anni di reclusione per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope e per traffico e produzione di sostanze stupefacenti commessi a Napoli e a Genova nel 2001.

Una vita al limite quella di Antony De Avila Charris, che negli anni ’80 e ’90 era un promettente calciatore, un nazionale colombiano. Con la squadra del suo Paese aveva anche partecipato ai Mondiali negli Usa nel 1994 e quattro anni dopo a quelli in Francia. Una carriera di alto livello che lo aveva visto in campo sempre nei campionati sudamericani: ha giocato anche nella massima serie argentina. Sul rettangolo verde era conosciuto come “el Pitufo”, il Puffo.


Dopo 20 anni dall’ultimo fermo in Italia e 17 anni dalla condanna per i fatti legati alla produzione e allo spaccio di droga, Charris è ritornato a Napoli forse per ricostruire la sua rete criminale dedita allo spaccio, distrutta dall’attività giudiziaria vent’anni fa. Nel frattempo i suoi “soci” sono stati quasi tutti scarcerati e da alcuni giorni il trafficante colombiano era ritornato a Napoli ed era anche subito stato registrato dalle forze dell’ordine che lo avevano notato in compagnia di due trafficanti napoletani con i quali era stato indagato oltre vent’anni fa.

Nel 2001 era finito nell’indagine che aveva sgominato un gruppo criminale che importava grossi quantità di droga dai Paesi Bassi per distribuirli alle organizzazioni del centro storico.

Poche settimane di carcere e una volta scarcerato fece perdere le sue tracce. Tre anni dopo la condanna a 12 anni, mai scontata perché probabilmente non era più in Italia e non fu più reperibile.

Il suo ritorno nel capoluogo partenopeo si è rivelato per lui un fatale passo falso. Ricostruiti in pochi giorni i suoi movimenti, gli investigatori hanno fatto scattare le manette e notificatagli la condanna è stato trasferito in carcere.


 

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