Il Garante privacy ha avviato un’indagine sulle sulle app “rubadati” e sul mercato dei dati, riguardante i microfoni degli smartphone che rimarrebbero sempre accesi per carpire informazioni rivendute poi a società per fare proposte commerciali.

Nel suo comunicato l’Autorità avvisa che si tratta di un “fenomeno sempre più diffuso”, che sembrerebbe causato anche dalle app che scarichiamo sui nostri cellullari.

“Molte app, infatti, tra le autorizzazioni di accesso che richiedono al momento del download, inseriscono – spiega il Garante – anche l’utilizzazione del microfono. Una volta che si accetta, senza pensarci troppo e senza informarsi sull’uso che verrà fatto dei propri dati, il gioco è fatto”.

Il Garante per la privacy aggiunge infatti nella sua nota, di aver avviato l’indagine “dopo che un servizio televisivo e diversi utenti hanno segnalato come basterebbe pronunciare alcune parole sui loro gusti, progetti, viaggi o semplici desideri per vedersi arrivare sul cellulare la pubblicità di un’auto, di un’agenzia turistica, di un prodotto cosmetico”.

L’istruttoria, che prevede l’esame di una serie di app tra le più scaricate, verrà portata avanti in collaborazione con il Nucleo speciale privacy e frodi tecnologiche della Guardia di Finanza, al fine di verificare anche che l’informativa resa agli utenti sia chiara e trasparente, inoltre che sia stato correttamente acquisito il loro consenso.

Andrea Ippolito

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