Il Gazzettino vesuviano | IGV

Ricordi piccoli… la nostra festa era di tutti

Ci si girava e rigirava in quel letto di lana nel qual si sprofondava prendendo la forma del corpo, l’anta del balcone, non chiudeva ermeticamente e da quella striscia di legno, appena si vedeva che la luce del mattino era ancora lontana. Il cuscino raccoglieva i pensieri, le fantasie, i sogni ad occhi aperti… quel vestito nuovo che i miei mi avevano comprato, era poggiato sulla sedia di fronte al letto, pronto ad essere indossato per il giorno in arrivo… il 22 ottobre.

E venne il mattino, con le sue tenui luci che man mano prendevano colore, mi alzai di buon ora, pieno di sonno, ma ricco di entusiasmo, era presto ma volevo indossare quella giacca che alla prova m’era così piaciuta ma era presto. Poi tutto prese velocità, cioè da quando si attendeva, all’improvviso, dai facciamo presto altrimenti si fa tardi.

Di tutto punto vestito con la farfallina al collo, svalutavo i miei 12 anni tanto da indossare un’altra età. Scendemmo uniti e da Largo Grazie prendemmo via Castello, fino ad arrivare alla Chiesa dell’Annunziata. Già da lontano si percepiva il suono ed il profumo della festa, i suoni delle bande che provavano ed accordavano i lor strumenti. Gli odori della vanillina, con cui si cuocevano le mandorle, ti entrava direttamente nello stomaco non fermandosi al naso, parimenti il torrone seguiva lo stesso cammino. Qualche auto cercava spazio per arrivare davanti la Chiesa, quelle grandi auto, bardate di fiori con le napoletane vestite di tutto punto con antiche stoffe ingioiellate.

La nostra festa era di tutti e in quel giorno tutti erano una cosa sola, era la Torre Annunziata che non sapeva di dover morire d’inedia, di stanchezza e di povertà.




Era la città che non privilegiava chi era contro la legge, ma che sapeva dare tutto a lei, la nostra Madonna della neve, arrivata in queste contrade sulle onde del mare già dal 1300. Quivi ha manifestato nei secoli il suo amore per Torre, salvandola dalla lava che stava per distruggere il cimitero ed ancora, aprendo un cielo chiuso dalla cenere, portata in processione si aprì un raggio di luce solare illuminando la sacra immagine squarciò la cenere vulcanica e luce fu. Non è la storia dei prodigi che ha donato a questa città e che ora soffre la presenza di un virus temibile, che ha causato tanti morti anche qui.

Il tempo è passato, ora la Chiesa è diventata Basilica Pontificia ed il 22 ottobre lo si celebra andando ad omaggiare la Vergine ed il suo Divin Figliolo, un via vai di anime che chiedono soltanto la sua divina protezione. Niente bancarelle, niente odori, niente suoni di bande, niente atmosfere di feste, solo un convivio in famiglia e la speranza che tutto ritorni alla sua normalità, alla sua vita.

Ernesto Limito



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