Lo scorso week end presso la sala convegni della Distilleria Feltrinelli, grazie all’ iniziativa del gruppo cittadino “Città Aperta “, l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano ha presentato il suo libro “Il fuorilegge”. All’incontro sono intervenuti l’ex sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, l’ex vicesindaco Tommaso Sodano e la senatrice Paola Nugnes, ha moderato l’incontro la professoressa Clelia Politane.


Il libro che l’ex primo cittadino di Riace sta presentando su tutto il territorio parla della sua vicenda giudiziaria, una sentenza che ha sicuramente scosso le coscienze per la sua asprezza, creando una forte spaccatura nell’opinione pubblica. Ma facciamo un passo indietro. Nel 2018 Mimmo Lucano, ritenuto personaggio simbolo dell’integrazione, fu travolto dall’inchiesta della Procura di Locri, la quale ipotizzò l’esistenza di un sistema criminale dietro quello che per antonomasia era diventato il paese dell’accoglienza.

Dalle carte della Procura emerse che assieme ad altre 31 persone allora indagate, l’ex fascia tricolore di Riace, fu accusato di aver commesso diversi reati, dall’ associazione per delinquere, all’abuso d’ufficio, alla truffa alla concussione e peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Tra le accuse l’ex primo cittadino di Riace fa riferimento a quella rivoltagli per l’affidamento diretto di appalti per la raccolta porta a porta e il trasporto dei rifiuti alle cooperative Eco- Riace e l’Arcobaleno, dall’ottobre 2012 fino ad aprile 2016. Secondo l’accusa senza indire nessuna gara di appalto e senza che le due cooperative fossero iscritte nell’albo regionale come previsto, il sindaco si sia affidato direttamente l’appalto.


Lucano rispetto a quest’accusa spiega al pubblico in sala, che in quel caso Il gip di Locri definì l’accusa della Procura laconica, congetturale, sfornita di requisiti di chiarezza univocità e concordanza. Per giustificare l’arresto rimase però l’accusa di turbata libertà degli incanti riferibile al condizionamento illecito di una gara d’appalto, più quella di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Successivamente Lucano venne sospeso dalla carica di sindaco. Due settimane dopo il tribunale del riesame annullò l’ordine di custodia cautelare e lo sostituì con il divieto di dimora a Riace che poi fu annullato dalla cassazione nel febbraio 2019, con rinvio a giudizio dell’ex sindaco

Insomma la condanna al processo fu sorprendente per gli stessi imputati e ritenuta eccessiva dall’ opinione pubblica, mentre il Procuratore capo Luigi D’Alessio e Il Pm Michele Permunian avevano chiesto 7 anni e 11 mesi di pena per questi capi d’imputazione la condanna fu addirittura raddoppiata dal tribunale di Locri presieduto dal Giudice Fulvio Accurso. Lucano racconta che nel corso della requisitoria l’accusa aveva affermato che –numerose conversazioni dimostravano in modo netto che l’agire, anche illecito, di Lucano era determinato da interessi di natura politica-. In altri termini non era importante la qualità dell’accoglienza ma far lavorare i riacesi cosi da conseguire, quale contraccambio, un sostegno politico elettorale. –Lucano è il dominus assoluto a Riace comanda lui- aggiunse il Pm Permunian –il fine dell’accoglienza è quello di creare sistemi clientelari per un tornaconto politico elettorale-.


Purtroppo la sentenza del giudice Fulvio Accurso ha portato non solo alla condanna con pena raddoppiata per ogni capo d’imputazione provato, ma a questa è stata sommata una pena pecuniaria per tutti gl’imputati pari a 750mila euro, insieme dovranno restituire a vario titolo 200 mila euro, in più il principale accusato da solo dovrà restituire più di 7600 euro alla SIAE.

Dopo la sentenza in seduta di tribunale Lucano candidato alle regionali, capolista di” Un’altra Calabria possibile per Luigi De Magistris presidente, rinunciò alla candidatura. Alla Distilleria al suo fianco in questo tour della confessione di innocenza, lo stesso ex sindaco partenopeo, Luigi De Magistris che con parole forti dichiara: “Mimmo Lucano è un uomo giusto, un simbolo di umanità e fratellanza universale, non si è mai voltato dall’ altro lato di fronte alla richiesta di vita degli esseri umani di popoli diversi. Riace prima di Lucano era un borgo deserto, con lui era diventato un paese pieno di energie con un’economia circolare con una comunità viva figlia dell’integrazione sociale. Per me Lucano è l’antitesi del crimine non era certo un cultore del diritto amministrativo, avrà pure commesso delle irregolarità delle illegittimità, ma alla fine sarà assolto perché ha agito a fin di bene. Per il bene bisogna avere ancora fiducia nella Magistratura e nella presunta innocenza fino a sentenza definitiva”.

Lucano conclude con il suo grido d’innocenza e la sua speranza proprio alla vigilia della sentenza definitiva. “Non patteggerò un solo giorno di quelli che la sentenza del giudice mi ha dato da scontare ma sono fiducioso e voglio dimostrare la mia innocenza. Ho agito per il bene della comunità e per amore dell’umanità”.


Con grande amarezza conclude la sua testimonianza e il suo racconto dichiarando: “Due uomini hanno contribuito alla mia condanna, un politico di razza e un magistrato importante”. Si riferisce a Matteo Salvini che allora Ministro degl’interni indicò Michele Di Bari, che rivestiva il ruolo di Prefetto di Reggio Calabria durante il processo mosso contro di lui, come capo dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero degl’Interni nel 2019. Lo stesso Di Bari secondo i fatti di cronaca, che oggi si è dovuto dimettere dal Viminale a causa dell’iscrizione nel registro degli indagati della moglie Rosalba Liviero accusata di caporalato in Puglia. Conclude la sua testimonianza con parole di perdono e umiltà “Non auguro del male a nessuno ma sono stati loro a inquinare la mia immagine e a volere che il modello Riace cessasse d’esistere.  Non smetterò di combattere e di dimostrare la mia innocenza”.                

Cinzia Porcaro



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Da sempre affascinata dal giornalismo ,ha coltivato questa passione per anni. Laureata in lettere presso la Federico II è iscritta all'albo giornalisti pubblicisti. Continua a fare informazione e pensa ancora che un giornalista racconta la verità ,non quella Pirandelliana del "Io son colei che mi si chiede", ma quella dei fatti e delle persone.