I pusher costretti a pagare la tangente ai Cesarano per spacciare nel loro territorio. E’ questo il piano, secondo i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che indagano sulla camorra stabiese, attuato dal clan del rione Ponte Persica per espandere il proprio dominio tra Castellammare e Pompei. Una smania espansionistica che puntava però anche ad alcune realtà della provincia di Salerno, soprattutto su Scafati dove c’è già la presenza dei Ridosso – Loreto. Ad ogni modo i capi dei Cesarano avrebbero deciso di accelerare con il “marchio di fabbrica”, vale a dire le estorsioni. Secondo l’ex capoclan Luigi Di Martino (alias o’profeta) tutti dovevano piegarsi alla legge dei Cesarano.


Dai negozi a chi installava le slot machine, fino addirittura agli spacciatori. E così, sempre secondo le risultanze investigative dell’Antimafia, la cosca di Ponte Persica aveva imposto una tangente da 1 euro per ogni grammo di cocaina venduto nel territorio di propria competenza. Secondo quanto si apprende da fonti investigative, la decisione di imporre il racket ai pusher sarebbe maturata al termine di un summit di camorra avvenuto a Santa Maria la Carità. In questa riunione, i capi dei Cesarano avrebbero deciso di taglieggiare anche gli spacciatori con una quota simbolica di 1 euro per ogni grammo di cocaina venduta. Un modo per far capire a tutti chi comandava e, quindi, per accrescere il peso criminale della cosca.

Per gli inquirenti, ad ogni modo, al vertice della cosca sarebbe in atto un ricambio. Tutto ciò, anche alla luce dell’arresto di Vincenzo Cesarano (alias o’mussone) cugino del boss Ferdinando Cesarano e ritenuto dagli inquirenti a capo della cosca che gestisce gli affari criminali tra i confini di Castellammare e Pompei. O’mussone fu arrestato lo scorso 10 dicembre, nell’ambito dell’inchiesta dei carabinieri sui clan dell’area stabiese-vesuviana e scafatese, che sgominò i Cesarano, i Buonocore-Martone e i Ridosso – Loreto. Secondo gli inquirenti fu proprio Vincenzo Cesarano a fare da mediatore con le altre due cosche e a siglare una pax camorristica, che vigerebbe tuttora nel territorio compreso tra la periferia di Castellammare, Pompei, Santa Maria la Carità e Scafati.

Secondo la ricostruzione allo stato ritenuta fondata, il nuovo corso delle relazioni, improntato a una linea di non belligeranza e di sostanziale riconoscimento delle prerogative territoriali dei vari gruppi criminali, aveva tra gli artefici, oltre ai rispettivi elementi di vertice dei sodalizi protagonisti, l’intervento agevolatore anche di Ferdinando Cirillo (alias o’battlamiere), che assumeva un ruolo di mediazione sulla base della sua storica contiguità ai Matrone e, allo stesso tempo, dei consolidati rapporti vantati all’interno della compagine dei Cesarano.



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