Madiba aveva capito una cosa fondamentale: che lo sport accomuna dal punto di vista emotivo la maggioranza delle persone, ma soprattutto che lo sport può unire un popolo.
Prima di proseguire è giusto specificare che Madiba era il nome che veniva usato per identificare Nelson Rolihlahla Mandela all’interno della tribù di appartenenza (etnia Xhosa).
Icona delle battaglie per la libertà, fu premio Nobel per la pace nel 1993 e primo Presidente nero del Sudafrica, dopo ben 27 anni di prigione.
Nelson Mandela superò nelle preferenze Frederik Willem de Klerk il 9 maggio 1994 e riuscì a ricostruire il suo Paese anche attraverso la diffusione e la veicolazione dei valori dello sport, insegnando ad una intera nazione: a perdonare, a guardare avanti, cosa sono il rispetto della dignità, l’umiltà, il senso di appartenenza, ad essere positivi, ad essere ottimisti, ad abbattere le disuguaglianze, ma anche a competere.
Ma Mandela ebbe anche il merito di dare ampia visibilità mediatica al Sudafrica, portandolo ad essere ricercato per gli investimenti privati e per il turismo internazionale.
Il premio Nobel conobbe il linguaggio del rugby durante gli anni di prigionia. Passava infatti parte delle sue giornate osservando attentamente i comportamenti, in campo e fuori dal campo, delle guardie carcerarie che giocavano.
Obiettivo del Presidente era anche quello di unire i sudafricani attraverso lo sport, che allora era giocato dalla sola minoranza bianca. Tanto è vero che le nazionali di rugby erano formate da soli bianchi e questo sin da prima che entrasse in vigore l’apartheid.
“…Io so cosa i bianchi ci hanno tolto, ma questo è il momento di costruire una nazione”.
“Il calcio è uno sport da galantuomini giocato da selvaggi; il rugby è un sport da selvaggi giocato da galantuomini”, alcune delle parole di Madiba.
Nel frattempo il rugby non era giocato dai neri che invece giocavano a calcio.
Mandela si rese conto che lo sport dei bianchi, che allora era la minoranza ricca e colta del Sudafrica, non poteva essere né abolito, né cancellato, ma che piuttosto doveva essere destinato a diventare lo sport di tutto il paese.
Bisognava dunque raggiungere l’obiettivo di unire il Paese in una sola passione: nell’orgoglio di essere sudafricani al punto da sedersi tutti insieme nello stesso stadio bianchi e neri, gli uni di fianco agli altri.
Così Madiba colse l’opportunità proprio durante i Mondiali di rugby, che si tennero in Sudafrica, con oltre 1 miliardo di persone pronte a seguirlo da tutto il mondo.
Era pertanto determinante identificare lo sport non più con i giocatori, ma con la maglia che indossavano e lo Stato che rappresentavano.
Riportiamo ora alcune parole pronunciate da Bernard Lapasset, presidente della World Rugby (2007-2016), in occasione del riconoscimento di Mandela nella World Rugby Hall of Fame:
- “Il World Rugby Hall of Fame riconosce coloro che hanno lasciato un segno indelebile sul nostro sport…Mandela…E’ stato determinante nel trasformare la World Cup di Rugby del 1995 in un’occasione importante che ha unito la nazione sudafricana attraverso il potere dello sport…Mandela ha contribuito a cambiare gli atteggiamenti, ammorbidire i cuori e convincere le menti del giusto corso della storia che il suo paese doveva prendere e, nel processo, è diventato un meraviglioso esempio per tutti noi…Ora, 20 anni dopo quel torneo storico, siamo lieti di insediare l’ex presidente nel World Rugby Hall of Fame. Si tratta di un giusto tributo ad un uomo che tanto ha fatto per il suo paese e per il nostro sport”.
Ruud Gullit fu il primo uomo sportivo ad intraprendere una vera e propria azione politica nei confronti di Mandela. Nel 1987 infatti, lo storico centrocampista del Milan gli dedicò la vittoria del suo Pallone d’Oro.
Madiba non poté incontrare il calciatore del Milan, che giocò anche una amichevole con la formazione rossonera a Johannesburg, ma la dedica riecheggiò in tutto il mondo.
Degno di nota è un aneddoto proprio di Gullit che a Radio Cusano, durante la trasmissione Tempi Supplementari raccontò:
- “Dopo aver dedicato a Mandela il Pallone d’Oro che vinsi nel 1987, quando lui uscì di prigione e divenne presidente, mi invitò in Sudafrica per conoscermi di persona e nominarmi cavaliere del Sudafrica con tanto di medaglia. Mi disse: ‘Caro Gullit, voglio premiarti perché adesso che sono diventato presidente ho tanti amici, tutti mi vogliono conoscere, ma quando ero in prigione tu eri uno dei pochi amici che avevo in tutto il mondo’. Per me fu un’emozione unica perché Mandela era unico, carismatico, speciale. Mandela è stato un eroe, perché solo un eroe può fare quello che ha fatto lui”.
Il Sudafrica vinse anche la Coppa d’Africa (3 febbraio 1996), trionfo che fu sostenuto da Mandela durante la finale con oltre 80.000 spettatori presenti. I Bafana Bafana (così si chiama la nazionale di calcio sudafricana) travolsero prima in semifinale il Ghana per 3-0 e poi la Tunisia, aggiudicandosi la finale con un risultato netto: 2-0.
Il Presidente sudafricano si trovava infatti in tribuna, indossando la maglia da gara del capitano dei Bafana Bafana Neil Tovey.
Nell’anno 1995 fu invece Francois Pienaar a guidare la squadra di rugby che disputò la sua prima Coppa del Mondo.
La competizione internazionale si tenne proprio in Sudafrica, sembrava che si volesse tirare una linea dritta ed invalicabile, oltre la quale si poteva solo intravedere in lontananza la fine del regime di apartheid, che ricordiamo era in vigore fino a pochi anni prima.
Anche in questa occasione Mandela era presente allo stadio, anche questa volta il Presidente indossava un maglia da gara, in questo caso quella del capitano Francois Pienaar.
Vestirsi con le maglie dei giocatori – comportamento che il presidente sudafricano ebbe abitudine di portare avanti anche in tante altre occasioni – voleva dire proprio entrare in quel processo di identificazione Stato-Squadra-Popolo. Questo destinava inevitabilmente tutti nel cumulare le energie, che da individuali si trasformavano come per magia in collettive. I sudafricani dunque insieme, uniti, pronti a lottare finalmente per un unico obiettivo.
Vi lasciamo sempre alle parole di Madiba, pronunciate il 25 maggio 2000 in occasione della cerimonia inaugurale dei Laureus World Sports Awards: “Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di suscitare emozioni. Ha il potere di unire le persone come poche altre cose al mondo. Parla ai giovani in un linguaggio che capiscono. Lo sport può creare speranza, dove prima c’era solo disperazione. È più potente di qualunque governo nel rompere le barriere razziali. Lo sport ride in faccia ad ogni tipo di discriminazione”.
Andrea Ippolito