Una valanga di avvisi di garanzia seppelliscono, come una valanga di fango, e si scrive fango, ma si pensa altro, la città di Torre Annunziata, che ancora una volta si vede sfregiata, maltrattata e posta al pubblico disprezzo a livello nazionale. La città del malaffare che annaspa, si affanna, ma continua ad affogare nella melma di sabbie mobili asfissianti, travestite da “politica”.



Il perché una città come Torre Annunziata abbia un destino così maligno che l’accompagna da ormai troppi anni resta tutto da analizzare. Colpa della politica, della camorra, degli affari sporchi prodotti dalla prima e dalla seconda, troppo spesso simili, parallele e colluse. Certo. Camorra, malavita, politica sono la morte di questa città che come ricorda sempre il buon Ernesto, nostro collaboratore, ebbe illustri trascorsi. Oggi le prime pagine le occupa solo per la violenza, la corruzione e la “politica”, ovviamente quella del nulla di fatto, delle beghe interne e degli scandali e scandaletti, delle mazzette e degli avvisi di garanzia per le gare d’appalto tutt’altro che trasparenti.

Non me ne vogliano i tanti amici per primi e tutti i torresi, popolo eccezionale e pieno di risorse. La colpa è certamente del malaffare, della camorra e della politica, ma sicuramente è anche proprio dei Torresi che dovranno, si spera presto, prendere il proprio futuro in mano e non votare più contro gli interessi della propria città.

Ma cosa ha portato nuovamente Torre Annunziata ai “dis-onori” della cronaca, chi sono i protagonisti e quali le loro azioni sotto inchiesta? Insomma, cosa ha cercato l’Antimafia negli uffici comunali e nelle case di sindaco, politici e faccendieri?




Tutta questa nuova inchiesta ruota attorno a Salvatore Onda, dipendente della PrimaVera, la società che gestisce il servizio di igiene urbana nella città oplontina, nipote di Umberto Onda, detenuto in regime di 41 bis ed elemento di spicco del clan Gionta, ritenuto dai pubblici ministeri, che per conto della Dda seguono l’inchiesta, “in grado di esercitare un’influenza costante, con altrettanta costante opera di condizionamento dell’attività amministrativa del Comune di Torre Annunziata”. In pratica, stando a quando affermano gli inquirenti, a guidare le scelte del comune oplontino c’era il nipote del killer dei Gionta.

Al centro dell’inchiesta che sta travolgendo la politica torrese, tre gare bandite dal Comune di Torre Annunziata e sospese per “anomalie nelle procedure di aggiudicazione e/o affidamento”. È quanto emerge dagli incartamenti che hanno portato all’arrivo dei dodici avvisi di garanzia e alle perquisizioni nelle abitazioni private e negli uffici degli indagati.

Le tre gare in questione sono:

– la procedura per l’affidamento del sistema di videosorveglianza del territorio;

–  la concessione del servizio di gestione delle aree di sosta a pagamento senza custodia con utilizzo di parcometri ed accertamento delle violazioni;

– la realizzazione di un parcheggio interrato.



Ma le indagini per arrivare a Torre Annunziata partono da tutta altra parte. L’attenzione degli inquirenti era rivolta inizialmente proprio su Salvatore Onda e sui rapporti, definiti costanti e stretti, con l’ex consigliere regionale, nonchè ex Generale di Corpo d’Armata, Carmine De Pascale (nella foto). Entrambi sono indagati nell’ambito dell’inchiesta oplontina.

Nel fascicolo d’inchiesta è finita in particolare una telefonata intercettata dagli inquirenti il 15 marzo 2020, in pieno lockdown, nel corso della quale – secondo i pubblici ministeri che indagano sul caso – sarebbe emerso che Onda “era in contatto con un imprenditore che gli proponeva l’intermediazione per la fornitura alla Regione Campania di una ingente quantità di mascherine sanitarie da utilizzare per l’emergenza Coronavirus e, nel caso l’affare fosse andato in porto, avrebbe preso una non specificata provvigione”.

Ma l’inchiesta parte due episodi intimidatori: prima il ritrovamento di un ordigno inesploso del tipo “bomba ananas” di fabbricazione serba nel Caf gestito dai commercialisti Marco Varvato e Francesco Conte (anche loro coinvolti nell’inchiesta) il 31 ottobre del 2019. Poi, qualche giorno dopo, il 2 novembre dello stesso anno, l’esplosione contro la serranda dello stesso studio di alcuni colpi di arma da fuoco.




Dalle indagini è emerso come lo studio si occupasse della gestione di attività e società riconducibili in particolare a Salvatore Onda. Proprio le attività di monitoraggio avviate su Onda avrebbero permesso di rilevare come l’uomo (considerato a capo della presunta organizzazione) avrebbe rivestito “un ruolo chiave – sottolineano i tre pubblici ministeri che indagano sul caso – nella vita politica di Torre Annunziata, costituendo elemento di raccordo e collegamento tra amministratori pubblici del Comune, consiglieri regionali ed imprenditori che gestiscono i vari servizi concessi in appalto dal Comune in maniera diretta o attraverso società ‘partecipate’”.

Iscritti nel registro degli indagati dodici soggetti, tra i quali l’attuale sindaco di Torre Annunziata Vincenzo Ascione, l’ex vicesindaco Luigi Ammendola, coinvolto in un’altra indagine insieme all’ex dirigente dell’ufficio tecnico Nunzio Ariano (anche lui tra gli indagati in questo ulteriore filone), il presidente del Consiglio comunale Giuseppe Raiola e l’assessore Luisa Refuto, tutti accusati in concorso di associazione di tipo mafiosa, traffico di influenze e corruzione (per quest’ultimo reato il primo cittadino non è indagato). Tra le persone raggiunte da avviso di garanzia figura anche l’ex consigliere regionale Carmine De Pascale, accusato di traffico di influenze in concorso.



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