«La richiesta di un’adesione lampo dell’Ucraina all’Ue non è solo, al momento, inaccettabile ma direi farsesca. Il presidente Volodymyr Zelensky, che non è uno sprovveduto, dovrebbe rendersene conto e impedire che gli slogan politici dell’ultimo minuto si sostituiscano alla diplomazia e al diritto internazionale».
A dirlo è Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale, già commentatore per la Bbc e per il New York Times su temi di attualità e di politica giudiziaria.
«Spiace doverlo ammettere ma, allo stato, gli unici interessati davvero all’ingresso di Kiev nell’Ue sono i colossi multinazionali che si troverebbero a dover corrispondere a lavoratori ucraini uno stipendio medio di circa 350 euro a fronte di prestazioni e competenze intellettuali e tecniche di livello assolutamente medio-alto».
«Per di più, forzare il Trattato e consentire l’adesione all’Ucraina significherebbe assestare un colpo ferale ai Pil di Italia, Spagna e Irlanda e far collassare nazioni economicamente più fragili come Lituania, Polonia e Grecia che rischierebbero il default».
«Diverso sarebbe, ed è l’auspicio del nostro osservatorio giuridico internazionale, un trattato speciale tra Europa e Ucraina, quale partnership privilegiata, per consentire, in vista di un futuro ingresso formale entro i cinque anni, a Kiev di migliorare e settare gli indicatori economici di riferimento, una volta superato il conflitto».
«Il rischio concreto, e peraltro già in atto, è che di questo passo l’Ue si caratterizzi come una Unione formalmente politico-amministrativa ma sostanzialmente commerciale controllata dai grandi appetiti delle multinazionali e delle banche d’affari che restringono sempre più il perimetro della politica e delle libere scelte democratiche. È necessario costruire una Europa dei popoli democratica».