Napoli in lotta scudetto: la rivoluzione-Spalletti in 3 fattori

Ad oggi si può dire che le scelte societarie abbiano pagato, ma i tempi per un successo vero e proprio sono maturi da tanto ed è arrivato il momento di affondare il colpo

C’è una squadra che da decenni sogna di tornare sul tetto d’Italia e più volte è stata sul punto di riuscirci, per poi cadere senza troppe pretese. Si tratta del Napoli, indubbiamente tra le compagini della Serie A più continue negli ultimi 10 anni, che non manca mai l’appuntamento con le coppe europee. De Laurentiis ha optato sempre per una gestione oculata, che l’ha portato addirittura a investire poco sul mercato di gennaio in quelle annate in cui i partenopei potevano lottare seriamente per lo scudetto. Ad oggi si può dire che le scelte societarie abbiano pagato, ma i tempi per un successo vero e proprio sono maturi da tanto ed è arrivato il momento di affondare il colpo.

Con l’avvento di Carlo Ancelotti nel 2018 il Napoli sembrava finalmente aver acquisito quella dimensione internazionale che cercava, ma il tecnico ha fatto un po’ di confusione nell’applicare le proprie idee e la dimostrazione si è avuta con la gestione di Hirving Lozano, strapagato e impiegato spesso in un ruolo non suo. In seguito all’interregno di Gattuso, che ha fruttato comunque una Coppa Italia, il club era costretto a tornare a pensare di nuovo in grande. Se fino a qualche anno fa si fosse data un’occhiata ai commenti degli addetti ai lavori o ai numeri delle scommesse online su eventi sportivi, che danno un’indicazione chiara sulla forza delle squadre, ci si sarebbe resi conto che lo scudetto del Napoli pareva un’utopia. Luciano Spalletti è però un allenatore di grande affidabilità per le squadre di vertice: lui aveva riportato l’Inter in Champions dopo 6 anni, lui aveva riportato ancor prima la Roma ad essere una big. I pronostici possono essere ribaltati, specie negli scontri diretti.

Il primo fattore che il mister ha impresso nel suo Napoli risiede dunque nella mentalità. Per anni il Napoli si è comportato come una provinciale con le potenzialità di un’affermata realtà europea, ma sul più bello ha sempre mollato finendo col rimanere con un pugno di mosche. Stavolta l’aria che si respira è diversa e tutti credono di poter arrivare lontano con questo progetto. Era dai tempi di Sarri che non c’era questa convinzione. La squadra è sicura e consapevole della propria forza e non è costretta a ritrovare periodicamente una motivazione come accadeva con Ancelotti e Gattuso. Questo è ufficialmente il Napoli di Spalletti.

La gestione della rosa appare abbastanza equilibrata. Inutile nasconderlo, De Laurentiis ci ha sempre tenuto. Non vuole che i giocatori vengano svalutati sul mercato e pretende minutaggio per tutti. Una richiesta che illo tempore poteva imbarazzare un totem come Ancelotti, ma che è stata accolta di buon grado dal mister di Certaldo, capace di rivitalizzare i vari Rrahmani, Lobotka e persino Fabian Ruiz, in passato sul patibolo mediatico. Anche il tanto vituperato Mario Rui, già allenato alla Roma, gode della fiducia del tecnico e non viene più considerato come il semplice surrogato di Ghoulam.

Sul piano tattico, infine, si potrebbe parlare di una sorta di integralismo trasformista. Spalletti non ha mai cambiato radicalmente modulo, passando al limite dal 4-3-3 al 4-2-3-1, senza le continue modifiche della formazione titolare tipiche dell’era Ancelotti. Piuttosto, l’attuale mister del Napoli opta per dei turnover a gara in corso, agevolato evidentemente anche dalla possibilità di effettuare 5 cambi. Insomma, i punti fermi non devono mancare e si parla chiaro. Chi pensava che dopo i casi di Totti e Icardi ci sarebbe stata una lite anche con Insigne si è dovuto ricredere. Spalletti sembra aver portato a Napoli proprio tutto quello che mancava.



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