Accusato di avere adescato alcune bambine tramite chat di un social network, un giudice onorario del Tribunale dei Minori di Napoli, è stato condannato a 10 mesi e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici legati a minori dal giudice monocratico di Roma dove il procedimento è giunto per competenza territoriale.

Con un falso account, “Cristiano” partiva sempre allo stesso modo, partendo con complimenti che mano mano diventavano sempre più espliciti e portando le ragazzine sull’argomento sesso. Aveva contattato con lo stesso modus operandi decine di ragazzine, tutte giovanissime, poco più che bambine, ma dietro quell’account falso c’era un 47enne, psicologo e, appunto, giudice onorario del Tribunale dei Minori di Napoli.



I fatti risalgono agli anni 2016 -2017 e, da quanto emerso dalle indagini, i dialoghi avvenivano anche con altre utenze (di cui non è stato possibile risalire all’identificazione e non compaiono nel capo d’imputazione), con una media di 9 contatti al giorno per un totale di quasi ventimila messaggi, attraverso un account fittizio, con cui l’uomo avviava conversazioni con bambine utilizzando espressioni sessualmente esplicite.

Nel corso delle indagini sono state identificate due vittime ma secondo gli inquirenti sarebbero state molte di più, probabilmente decine. Un incontro reale non ci sarebbe mai stato ma, secondo gli inquirenti, a impedirlo sarebbe stato soltanto l’intervento degli investigatori.




“Quando siamo venuti a conoscenza di tale condotta – afferma Roberto Mirabile presidente della onlus La Caramella Buona – abbiamo valutato approfonditamente quanto in nostro possesso e abbiamo deciso di costituirci parte civile al processo perché combattiamo la pedofilia da 25 anni e lo facciamo con ancora più forza quando a macchiarsi di questo reato sia un soggetto che dovrebbe proteggere i bambini e non importunarli. Grazie al lavoro del nostro avvocato Monica Nassisi siamo riusciti a confermare con forza il quadro accusatorio e il giudice ha condannato l’imputato nonostante il Pubblico Ministero ne avesse richiesto l’assoluzione”.



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