Cos’è l’Alcesti? Una tragedia? Un dramma? L’indefinitezza del genere è per l’autore e regista Fabio Pisano il punto di partenza o il pretesto per sconvolgere il testo di Euripide in A.D.E. – A.lcesti D.i E.uripide, con Francesca Borriero, Roberto Ingenito e Raffaele Ausiello, in scena giovedì 24 marzo 2022 (repliche fino a domenica 27) al Teatro Nuovo di Napoli.

Presentato da Liberaimago, l’allestimento si avvale delle scene a cura di Luigi Ferrigno, il disegno luci di Cesare Accetta, i costumi di Rosario Martone, con il contributo della residenza artistica C.O.S. / C.Re.A.Re. Campania.

Alcesti, moglie di Admeto, si offre di morire al posto del marito. Il suo gesto di generosità e di affetto viene premiato dagli dèi, ed ella torna a vivere con lo sposo amatissimo, grazie soprattutto all’intervento di Eracle, amico di Admeto. Ma in questa versione, in questa appropriazione, qualcosa non va come Euripide ha scritto.



Proprio l’indefinitezza di genere, che ancor oggi dà vita a un’interessante diatriba tra storici e studiosi, rappresenta la chiave per scompaginare il testo originale, per provocarlo, asciugando ai raggi del tempo i rapporti epici tra i protagonisti, portando all’interno della perversa scatola del dramma borghese ciò che resta di un giorno di lutto.

E’ una grande risorsa che consente di muoversi con una certa libertà all’interno del capolavoro di Euripide, sempre, però, mantenendo una coerenza rispetto a quelli che sono i cardini intorno cui ruota il testo, i punti chiave, i punti luce e i punti di buio della “fabula”.

La riscrittura, che determina una lingua nuova la cui cornice è un coro antico, non appartiene, e forse troppo appartiene, ai pensieri di un marito, una moglie, un padre, un amico, rendendo tutto un tiepido A.D.E.



Molte sono state le domande che hanno mosso questa particolare riscrittura. Cosa accadrebbe, se crollasse la struttura che determina la tragedia classica greca? Se Apollo fosse troppa vita/dramma, e Tanato troppa morte/tragedia? Se Alcesti, prima d’essere un’eroina classica, fosse una moglie ormai stanca e affetta dal “morbo” dell’abitudine?

Se Admeto fosse un marito, un figlio, un amico “mite” e “temperato”? Cosa accadrebbe se Eracle prima d’essere Eracle, fosse un amico pentito di un torto? Cosa accadrebbe se un padre, un nonno, un suocero fosse spietato nella sua vecchiaia? Cosa accadrebbe se, invece di un primo posto, si cercasse, per riparare, di vincere il “secondo premio in palio”?

Di quell’edificio tragico, resterebbe soltanto un dramma borghese, che rappresenta la vita nei suoi aspetti dolorosi e in quelli lieti, concomitanti, con fine positivo. O meno.



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