Italia fuori dal Mondiale, disfatta assoluta: ma di chi sono le colpe?

A pochi giorni dalla clamorosa eliminazione dai Mondiali, proviamo ad ipotizzare il perché di questo assurdo tracollo

Sono passati 5 giorni dalla notte del Barbera di Palermo, una notte che, così come quella di San Siro nel novembre 2017, difficilmente dimenticheremo e alla quale forse non vogliamo neanche pensare. Umiliati per la seconda volta di fila: l’Italia rivive l’incubo dei playoff e non va al Mondiale, ma stavolta il rammarico è ben più grande.



Siamo i campioni d’Europa in carica e già questo dovrebbe farci dare per scontata la qualificazione al torneo iridato. E forse il guaio è stato questo. Ma ci penseremo dopo. L’eliminazione è più bruciante anche perché ci siamo fatti spazzare via dalla Macedonia del Nord, una nazionale che, senza Elmas, unico uomo su cui può contare, è riuscita a sbarazzarsi di noi con un tiro in porta contro i nostri quasi 30 e che non è mai stata ad un Mondiale. Mentre noi ce ne siamo portati a casa ben 4.

Lo ricordiamo come se fosse ieri: era l’11 luglio dell’anno scorso e l’Italia vinceva l’Europeo contro l’Inghilterra, di fronte ad un Wembley quasi tutto a tinte bianche e mettendo a tacere tutti gli sfottò e gli “It’s coming home”, tramutati in “It’s coming Rome”. Adesso siamo tornati di nuovo con la vergogna in faccia, siamo tornati gli zimbelli del mondo. Ed è inutile attaccarsi ad un possibile ripescaggio, la cosa è fattibile, ma con ogni probabilità l’Italia salterà il suo secondo Mondiale di fila. Punto.




E chissà se quell’”It’s coming Rome” non potevamo provare a dirlo anche in Qatar. Ma noi non ci saremo. Dobbiamo aspettare altri 4 anni, quando la qualificazione sarà ormai impossibile da non centrare: nel Nord-America infatti ci sarà il primo Mondiale a 48 squadre. E poi è ancora presto per pensare ad una possibile candidatura con l’Arabia Saudita per ospitare il Mondiale 2030. C’è da ristrutturare parecchio.

E con questa disfatta c’è da ristrutturare anche la squadra. Serve una rifondazione totale, come abbiamo visto dopo Russia 2018, con una sola differenza: Mancini resterà. In preda ai sensi di colpa, il Mancio ha deciso di prendersi la responsabilità di riprendere per mano una squadra che ormai deve ripartire da zero, costruire nuove basi e abbandonare quelle passate: è finita un’era.



Possiamo dire che questo è un Mancini bis, perché adesso l’Italia potrebbe ripartire dai giovani, dalla freschezza e dal talento dell’Under 21, su tutti dell’asso Scamacca, che potrebbe ridare vitalità ad un tridente spento. I punti fermi nel giro di pochi mesi non saranno più Chiellini e Bonucci, ma potrebbero essere ad esempio Chiesa e Jorginho, che deve ritrovare un certo feeling con la maglia della nazionale: fa rabbrividire pensare che se il centrocampista ex Napoli avesse segnato solamente uno dei due rigori a quest’ora avremmo già staccato il pass per il Qatar.

E le colpe chi se le assume? Partendo dal presupposto che le colpe sono di tutti (era bello vincere l’Europeo tutti insieme, no?) e che ci siamo chiaramente seduti sugli allori certi di una qualificazione, possiamo ipotizzare due cause di questa disfatta: la prima è forse la troppa inconcludenza, e questo non deve prenderlo in considerazione il solo organico, ma probabilmente anche Mancini, che adesso dovrà lavorare con la squadra per diventare più incisivi. La seconda è la mancanza di un bomber vero, di un numero 10 che sfondi la porta, e di conseguenza questa causa può essere un alibi della prima. Ma non si può accettare. Abbiamo Joao Pedro, naturalizzato da poco, ma si punterà tutto su Raspadori e Scamacca, che, qualora dovessero crescere, ad occhi chiusi guadagnerebbero la convocazione per il 2026, ma probabilmente anche ad Euro 2024. Ma tutto sta nel qualificarsi, che a quanto pare, pur essendo lo step più facile, rappresenta per l’Italia spesso e volentieri lo scoglio più complesso.



Questi mesi sono senza dubbio un periodo di transizione per la nostra nazionale, che inizierà a cambiare volto probabilmente fra la fine dell’anno e l’inizio del 2023, nel quale da marzo a novembre ci giocheremo le qualificazioni per gli Europei (con avversari che scopriremo il prossimo 9 ottobre).

E’ stato bello cantare le glorie della nostra nazionale mentre sollevava al cielo di Wembley l’Europeo, adesso accettiamo la sconfitta, per quanto non ci possa andare a genio: è andata così. E ci piace pensare alla fine della prima rinascita e all’inizio di una seconda. Che stavolta però ci porti al Mondiale.

Giuseppe Garofalo



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