Una piazza gremita, una chiesa gremita a Torre del Greco per dare l’ultimo saluto a Giovanni Guarino, il 19enne accoltellato a morte il 10 aprile nel luna park a Leopardi, dopo una lite per futili motivi. Tutti raccolti davanti alla Basilica di Santa Croce, dove alle 15,30 è partita la funzione religiosa. Striscioni e t-shirt indossate dai ragazzi ricordano il “gigante buono”, come il giovane veniva chiamato.
Applausi e fumogeni hanno accolto alle 14.40 la bara bianca portata a spalla da amici e zii davanti all’altare della Basilica. La mamma, Marianna Colantuono, e la sorella Rosa si sono accasciate sulla bara. Il Papà Antonio era seduto sulla panca, distrutto dal dolore.
Accanto ai familiari e agli amici che indossano una maglietta bianca con la foto di Giovanni, c’è anche il sindaco della città, Giovanni Palomba, i consiglieri regionali Loredana Raia e Francesco Emilio Borrelli e i vigili in alta uniforme e gonfalone comunale.
“Non è una storia di rivalità, qui non ci sono baby gang – dicono gli amici – è nato tutto da un litigio improvviso”. Parole pesanti come macigni quelle del parroco di Santa Croce, don Giosuè Lombardo, che ha affermato: “Il vero problema sono i modelli diseducativi dei mass-media. Ci sono ragazzi che crescono a pane e Gomorra. Il risultato è questa violenza assurda”.
Alle 15.30 è arrivato l’arcivescovo di Napoli, don Domenico Battaglia che ha abbracciato la madre di Giovanni. La messa è stata officiata da don Battaglia, presente don Giosuè Lombardo, parroco di Santa Croce, ed altri sacerdoti della città.
Di seguito tutto l’intervento di don Mimmo, che ha salutato il giovane ferito a morte con una coltellata al cuore e ha chiesto a tutti di non dimenticare, di lasciar svanire la rabbia e di trasformare il dolore in forza per cambiare il mondo e condannare la malavita e la camorra.
Parole forti quelle dell’Arcivescono di Napoli che condanna un sistema senza valori fatto di violenza e degrado.
Perdonami Giovanni, perdonaci tutti, perdona noi adulti che con la nostra indifferenza, con il nostro voltarci dall’altra parte abbiamo consentito alla cultura mafiosa di penetrare fin nel midollo di tanti giovani di tanti ragazzi, prede facili della criminalità organizzata. Può sembrare paradossale dirlo, ma chi ti ha portato via da noi è certamente carnefice e come tale va giudicato senza attenuanti e consegnato il percorso della giustizia umana, ma è al contempo anche vittima, vittima di un sistema valoriale mortifero, di una cultura corrotta in cui l’importanza dell’immagine di successo, del predominio sull’altro, della legge della violenza e del sopruso, vengono inculcate sin dalla tenera età. Perdonaci Giovanni se la nostra comunità sociale ha lasciato che accanto a te e alla tua vita bella, altre vite, anche se uscite immacolate dal cuore di Dio, assorbissero il marcio della camorra, il caos incontrollato della violenza. Perdonaci perché se forse fossimo stati più attenti, se avessimo avuto il coraggio di intervenire, se avessimo osato creare un sistema di vita contro il sistema di morte della camorra e della violenza forse non saremmo qui a piangerti. Perdonaci Giovanni se in questo momento di dolore estremo siamo abitati unicamente dalla rabbia e siamo incapaci di cogliere il tuo testamento, la tua giovane voce che dice a tutti noi, lasciate che mai più accada ciò che mi è accaduto adoperatevi in tutti i modi possibili per fermare la spirale della violenza, i rivoli di sangue, i dolori atroci dei genitori che la sera senza motivo non vedono rientrare a casa il proprio figlio perché ucciso da un gesto efferato e senza senso. Hai ragione Giovanni, la scia di sangue che continua ad attraversare le nostre strade procurando la morte a giovani vite come la tua e terrore e angoscia di interi quartieri e strade famiglie non può lasciarci indifferenti ed inermi ad attendere chissà cosa.
Sì Giovanni, migliorare le nostre città, invertire la marcia della contaminazione mafiosa, purificare le menti dal pensiero camorristico non è un’utopia, ma un dovere possibile. La strada di questo cambiamento non può che passare attraverso l’impegno educativo di tutti. So bene, caro fratello mio, che il tuo appello non è rivolto solo ai grandi, agli adulti, ma anche ai tuoi coetanei, ai tanti ragazzi, ai giovani presenti questa sera qui in questa chiesa. Sai Giovanni, loro sono molto arrabbiati per la tua morte ingiusta, sono indignati disgustati, atterriti da quanto ti è capitato e io lo sono con loro e per loro, ma dal cielo oggi tu ci dici, non basta la rabbia, non basta l’indignazione, occorre trasformare la rabbia in energia di vita per costruire un sistema alternativo a quello delle mafie, un sistema di vita in cui valori della giustizia e del dialogo, della non violenza e della legalità, della solidarietà della cooperazione siano mattoni solidi per costruire dighe capaci di arginare il male la camorra e l’indifferenza. Per questo a voi ragazzi, a voi amici di Giovanni dico questo dolore non sia inutile, non ci attraversi invano, diventi uno spartiacque per un impegno nuovo e concreto.
Vi prego, scegliete di stare sempre dalla parte della vita, difendete la vita, amate la vita, non date in appalto a nessuno la vostra coscienza, non sono io a chiederlo e la vostra dignità che ve lo impone. Mettete la vostra energia, la vostra passione, la vostra bellezza, la bellezza dei vostri anni al servizio di una comunità, di una città da vivere abitando questo tempo da protagonisti perché cambiare è possibile, fatelo per Giovanni dal cielo sarà lui la vostra forza.
Giovanni, noi sappiamo che vivi, sappiamo che ora sei nel cielo tra le braccia del Signore risorto e sappiamo che il cielo non è un luogo lontano è una dimensione che si intreccia alla nostra rendendoti a noi più vicino che mai anche se in modo differente in un modo che nessuno di noi preferirebbe oggi tanto desideriamo abbracciarti, parlarti, ascoltarti.
Giovanni, vedi se tu non esisti più, neanche Dio esiste. Per noi che ci diciamo credenti l’unica risposta al dolore e alla morte è la risurrezione del Cristo, la sua risurrezione e la risposta di Dio sul male del mondo e Cristo è davvero risorto. Io credo nella risurrezione per questo sono qui stasera.
Giovanni, il dolore della tua famiglia è sacro come la tua vita, come l’amore ferito, come ogni vita ferita e dolorante. Tu comprendi la loro rabbia, la loro disperazione, il loro urlo di ingiustizia e di impotenza e la rassegnazione che tenta di attraversarli ed è per questo che oggi nel cielo stai già parlando di loro ad un’altra mamma straziata anche lei dal dolore sotto una croce ingiusta e incomprensibile. Sono certo che in questo momento starai chiedendo a Maria, donna del Sabato Santo, di prendere per mano tua madre, tuo padre e tua sorella per accompagnarli nell’attraversamento di questa valle oscura e dolorosa fino a condurli nel giardino fiorito della risurrezione. Ti immagino raccontare alla Madonna la tua gratitudine per la famiglia che Dio ti ha donato su questa terra mentre la implori di non abbandonarla alla disperazione. Sono certo che Maria, con la sua delicatezza, ti invierò ogni giorno ai tuoi cari per sussurrare loro nel silenzio della preghiera parole di speranza di vicinanza, parole che raccontano di un amore che non può spezzarsi perché è più forte della morte.
Giovanni, io non ti conoscevo, ma in questi giorni ho tanto sentito parlare di te dalle persone che ti vogliono bene, sono venuto qui per salutarti per dirti insieme a tutti coloro che ti hanno conosciuto e amato non addio, ma arrivederci. Prima però di lasciarti andare, voglio ancora pregarti per questa città e per questo mondo che hai lasciato, ma non abbandonato. Città e mondo vittime della violenza, del sopruso, della guerra. Permettimi di pregarti soprattutto per i tuoi fratelli più prossimi i ragazzi, i giovani, i tuoi coetanei. Nei loro occhi oggi vedo i tuoi occhi, nel loro volto oggi scruto il tuo volto. Se ci sono tanti giovani abbandonati al loro destino deviante, vittime di un sistema malavitoso che come carnefici continuano a tenere in vita, ce ne sono tanti altri che invece ci danno speranza e sono qui stasera in questa chiesa. Guardali, oggi sono qui, attorno a te, tristi addolorati per te.
Ci aiuti il Signore a far risorgere ogni giorno, ogni ora la speranza e a vivere da risorti dalla parte della vita e della giustizia.
Ciao Giovanni, la morte non è la fine di tutto anche se fa male e vita umana non finisce mai sotto una tomba. Questa notte, nelle nostre chiese buie, un cero benedetto con la sua piccola fiamma farà il suo ingresso a significare che la parola della risurrezione è, e sarà sempre, l’ultima parola sul dolore e sulla morte. Non so come, non so quando, non so dove, ma so che noi ci incontreremo, ci rivedremo, ci riabbracceremo nella luce della risurrezione. Il Dio della vita ti rivolga ora parole di tenerezza e ti abbracci anche per noi e sono certo che mai ti dimenticherai di condividere quell’abbraccio con chi ti amato e ti amerà per sempre. Grazie Giovanni per la tua, riposa ora nella gioia senza fine”.
All’uscita della bara, nella piazza gremita, sono state liberate delle colombe bianche, esplosi fuochi d’artificio e liberati i palloncini e fumogeni azzurri, mentre un folto gruppo dei presenti ha scandito “giustizia, giustizia”. Gli Ultras della Turris, squadra del cuore di Giovanni, hanno cantato per lui: “Giovanni uno di noi”.