C’è una svolta dopo quattro mesi nelle indagini per l’omicidio di Antonio Morione, titolare della pescheria “il Delfino” a Boscoreale, ucciso nel corso di un tentativo di rapina nella serata dell’antivigilia di Natale lo scorso dicembre.
Quattro i presunti autori del raid finito nel sangue il 23 dicembre del 2021 e sarebbero tutti vicini agli ambienti del clan Gallo-Limelli-Vangone.
Quella tragica sera, quando i rapinatori, armi in pugno, entrarono nella sua pescheria, alla vista della pistola puntato contro la figlia minorenne, Morione reagì e i criminali che pochi minuti prima avevano assalito anche la pescheria del fratello di Antonio, non esitarono ad esplodere quei colpi, uno dei quali ridusse in fin di vita il commerciante, che morì, a 41 anni, poco dopo all’ospedale di Castellammare di Stabia. Dopo il feroce atto criminale, la fuga a bordo della Fiat 500 ritrovata poi abbandonata e semidistrutta dalle fiamme a pochi chilometri dall’omicidio, tra le palazzine del, purtroppo famigerato, “Piano Napoli” sempre nel comune di Boscoreale.
La famiglia Morione, appena la settimana scorsa e come ha sempre fatto dal giorno dell’omicidio, aveva ancora una volta chiesto, attraverso i media, che venisse fatta luce su quanto accaduto, chiedendo giustizia per il loro Antonio.
Il cambio di marcia nelle indagini due notti fa, quando i carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Torre Annunziata hanno notificato, emesso dal procuratore Nunzio Fragliasso e dai sostituti Giuliana Moccia e Andreana Ambrosino della Procura oplontina, notificato a quattro persone il decreto di perquisizione. Provvedimento eseguito nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio Morione.
Il primo degli indagati, ritenuto il capo della gang delle rapine di Natale, è Luigi Di Napoli, affiliato al clan Gallo-Limelli-Vangone. Gli atri tre indagati sono il pregiudicato del Piano Napoli, Angelo Palumbo 33 anni, che da alcune settimane si è trasferito in Lombardia; il 32enne Francesco Acunzo e il 30enne Giuseppe Vangone, giovane esponente dell’omonima famiglia di camorra, entrambi questi ultimi residenti a Boscotrecase.
Le perquisizioni hanno portato al sequestro di cellulari, tablet e computer. Rinvenute e forse usate in altre rapine, anche armi giocattolo modificate. Nessuna traccia invece della pistola utilizzata a Boscoreale contro il commerciante di origini oplontine.
Ad essere perquisita, pur non risultando indagato, anche la casa del 70enne boss Giovanni Antonio Vangone.
Proprio Luigi Di Napoli, figliastro del boss Andrea Vangone, quella stessa notte delle perquisizioni fu poi arrestato nell’ambito dell’altra inchiesta che da qualche giorno ha sconvolto Torre Annunziata: l’omicidio, deciso e pianificato dell’avvocato Antonio Iorio, reo, stando alle intercettazioni telefoniche tra Di Napoli e il figlio Emanuele, detenuto, di non averli ben difesi, e di non aver profuso per loro il massimo impegno messo in campo per difendere altri affiliati del clan.
Con Luigi Di Napoli arrestato anche il 18enne Christian Cirillo, con decreto di fermo della Dda di Napoli, anche lui accusato di aver organizzato l’agguato contro l’avvocato torrese. L’omicidio è stato sventato proprio dall’intervento dei carabinieri. Avevano deciso di ammazzare “come un topo” l’avv. Iorio mentre apriva il cancello del suo studio. Gli investigatori avrebbero riscontri per tre appostamenti. Il commando incaricato dell’azione avrebbe addirittura calcolato tutti i tempi di percorrenza, il tragitto e le vie di fuga.
Luigi Di Napoli a telefono con il figlio diceva “Lo dobbiamo scamazzare proprio”, e chiedeva di iniziare un’opera di diffamazione contro il legale anche all’interno del carcere di Poggioreale. Una vicenda che oggi passerà al vaglio del giudice per la prima convalida del fermo.
Iorio è sotto scorta da due settimane, con tanto di auto blindata, poiché ritenuto in imminente pericolo di vita, ha dichiarato nei giorni scorsi: “Sono sconvolto, ma vado avanti”.