Il 23enne Dmitrij Grasso, studente dell’Accademia delle Belle Arti a Napoli, ha colto uno dei suoi primi successi di vita esponendo con il plauso e l’ammirazione di tanti, una sua creativa e altamente significativa opera, nell’ambito della mostra “Art for Rights” realizzata sulle violenza di genere, diritti negati alle persone e sulla salvaguardia della natura.

Nel corso di una intervista concessaci Grasso ci dice: “Praticamente l’opera da me esposta dal titolo “Circolo Vizioso”, vuole rappresentare, con il rosso del sangue, un mare pieno di sofferenze che hanno subito le persone alle quali sono stati negati i diritti e le loro mani fuoriescono da questo sangue come se stessero annaspando, come se stessero cercando di salvarsi, ma non riescono perché sono legate da queste catene che le intrappolano e le fanno cadere sempre più a picco. Infine ci sono dei fiori che vengono mantenuti da queste mani ed è come se l’uomo portasse a fondo anche la natura. Ho inteso rappresentare la crescita di grandi aziende che distruggono la natura e sfruttano le persone che all’interno di esse lavorano, o anche gli immigrati che provano a scappare dai loro paesi e si ritrovano in mare aperto molte volte facendo una brutta fine. Questa mia opera ed il concetto in essa insito, è stato molto apprezzato dalla professoressa di psicologia dell’arte, del mio corso, che ha proposto ai due ragazzi, sempre dell’Accademia, Cristoforo Palomba e Chiara Pezzella, che hanno organizzato questa mostra “Art for Rights” ospitata dallo storico Palazzo Venezia in via Benedetto Croce, 19 nel cuore di Napoli, e che hanno già realizzate altre mostre tese ad implementare sempre più la cultura a Napoli, collaborando e con l’appoggio anche con “Amnesty International”, di inserirla in questo contesto.

Solitamente i quadri vengono mostrati nella loro parte anteriore e difficilmente quella posteriore viene vista, invece io ho voluto creare l’originalità dell’inverso, mostrando la parte di dietro del quadro come il voler mostrare la parte più brutta dello stesso. Quindi in questo caso, quella che nasconde le cose più brutte viene mostrata con il voler essere un incipit a far capire che quel che si dice e si fa non deve essere nascosto, come avviene ad esempio nella politica, o nel fare di persone di spicco della comunità, ma le realtà anche se sfavorevoli o poco comode devono essere mostrate, perché non si può far vedere sempre la parte bella, ma occorre conoscere anche quella brutta e negativa delle cose.

La tecnica usata per la realizzazione dell’opera, delle dimensioni di 50x70cm., è : mista su tela e concludendo vuole rappresentare un circolo vizioso creato dall’uomo stesso, il quale, nega diritti al suo prossimo discriminando, commettendo violenze e, non accontentandosi, distrugge una delle cose più care a lui: la natura. L’opera è presentata sul retro di una tela, parte solitamente nascosta e mai mostrata al pubblico. In questo caso il retro viene svelato e simboleggia il luogo in cui si nascondono tutte le crudeltà che l’uomo commette. Da qui fuoriescono delle mani realizzate in gesso che stanno a rappresentare l’essere umano fragile quanto il gesso stesso e sofferente che prova ad emergere dallo sfondo rosso sangue rappresentativo delle sofferenze subite, ma che purtroppo viene portato a sprofondare sempre di più a causa delle catene che porta ai polsi, simbolo dei diritti negati. Infine le mani sprofondando, portano a fondo con se dei fiori, rappresentativi della Natura stessa che viene deturpata e distrutta.

Con ciò si chiude questo circolo vizioso in cui l’uomo ne esce sconfitto. La proposizione della propria arte al pubblico da parte del giovane e volenteroso studente Dmitrij Grasso, ha fra l’atro assunto un particolare significato culturale perché presentata nel PA-VE di Napoli dall’anno 2010 sede dell’associazione “L’Incanto S.r.l. Palazzo Venezia” aderente al Club Unesco Napoli, diretta da Gennaro Buccino imprenditore napoletano che ha inteso “rilanciare un sito che è stato, per troppo tempo, vittima di una vera e propria congiura del silenzio, al fine di riproporre quanto di buono e di culturalmente valido una simile realtà può generare in una città che tanto fatica a recuperare il suo prestigio nel mondo” come lui afferma. Buccino ha adeguato i locali storici di Palazzo Venezia all’organizzazione di serate, eventi musicali e mostre con lo scopo di promuovere la cultura, la tradizione, così come l’ingresso di nuovi artisti nel panorama partenopeo attraverso l’esposizione nel palazzo delle loro opere.

Di questo storico palazzo nella Spaccanapoli, che attualmente prende il nome di Pa-Ve, esiste una grande descrizione storica, dalla donazione che il Re di Napoli Ladislao II d’Angio’ Durazzo fece alla Serenissima Repubblica di Venezia intorno al 1412 con lo scopo di essere utilizzato come abitazione per i consoli generali a Napoli; cioè fino a prima della seconda guerra mondiale e poi si perdono le tracce. In tanti però sanno che Palazzo Venezia ha continuato ad essere un centro di cultura anche a termine della guerra e dal 1945/47, l’intero palazzo ospitò la “Pia Casa di Studi” che nacque con l’opera di una suora che attraverso l’intervento dell’allora Vescovo di Napoli, Cardinale Alessio Ascalesi, per la necessità di dare istruzione ai ragazzi riuscì ad organizzare un istituto elementare parificato, che è rimasto in vita fino ad oltre gli anni ’50.

Chi come lo scrivente, ha affrontato la prima formazione frequentando le 5 classi delle elementari in questi locali, ora adibiti ad altra cultura, non può che provare grande commozione nel rivivere i momenti della propria infanzia ricordando l’accesso attraverso le maestose scale esterne o anche dalle scalette interne della “Sala delle Carozze” che portano all’ultimo giardino pensile del 700 a Napoli, luogo dei momenti di svago e ricreazione per gli alunni dell’epoca della Pia Casa di Studi, con la Madre Superiora che dirigeva uno staff di splendide maestre formatrici di tanti giovani ora tra i circa 70 ed i circa 80 anni.

Emozioni varie nel rivedere i pavimenti originali e quelle stanze dalle volte altissime, una volta arredate con la cattedra e banchetti per gli alunni dove sedevano fanciulli con il grembiulino azzurro, la coccarda bianca ed il “cestino” di cartone pressato, piccola valigetta quadrata, dove si portava il “Sussidiario” antico libro delle scuole elementari, insieme al porta penne in legno dove trovavano posto la penna con i pennini  Cavallotti, color argento del costo di 10 Lire, dalla punta sottile per scrivere in bella copia ed il pennino semplice, color rame di prezzo inferiore, per scrivere in brutta copia ed una carta assorbente, il calamaio di inchiostro nero PeliKan o Parker ed una serie di matite colorate “pastelli” Giotto con il temperamatite e gomma.

Di gran bellezza e storicità è il giardino attiguo alla Casina pompeiana in stile neoclassico, ed anche quello alle spalle della casina con le sue grandi aiuole dove all’epoca della “Pia Casa di Studi” i giovani studenti venivano portatati dalla loro maestra per fare tutti insieme la ricreazione. Ma altre bellezze riservava e penso riservi questo storico palazzo, come il teatrino di Corte e la bellissima piccola cappella affrescata denominata “grotta della Madonnina” dove sempre negli anni di ripresa dalla guerra questi piccoli studenti venivano portati a esprimere le loro preghiere nell’ora di religione.

Giuseppe De Girolamo

 

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