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Estorsioni a Sant’Antonio Abate, blitz contro il clan: 13 indagati. In manette il boss Catello Fontanella

Estorsioni aggravate dal metodo mafioso: blitz a Sant’Antonio Abate. Tra gli indagati il ras 58enne Catello Fontanella, che aveva rifondato il suo clan di camorra appena uscito dal carcere nel 2018. L’inchiesta è stata condotta dai carabinieri della compagnia di Castellammare di Stabia e dai militari della stazione abatese, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli. Stando a quanto raccontato questa mattina dal quotidiano “Metropolis”, Fontanella avrebbe rifondato la cosca specializzandosi nelle estorsioni ai danni delle imprese e dei commercianti.

Estorsioni a Sant’Antonio Abate, blitz contro il clan

In totale sono tredici le persone indagate nell’ambito delle indagini. Oltre al boss risultano indagati nel giro di estorsioni anche Manolo Martinez, Michele Sabatino, Vincenzo Abagnale, Tommaso Di Nola, Teresa D’Alfonso, Anna D’Auria, Catello Fontanella (omonimo del capoclan, ndr), Luigi Fontanella, Vincenzo Fontanella, Salvatore Gallo, Michelangelo Rosanova ed Anna Ruotolo. Tutti indagati a piede libero tranne il boss Fontanella e Manolo Martinez, arrestati ieri dai carabinieri, e Michele Sabatino, finito invece ai domiciliari.

Racket, la cosca ed i ruoli apicali

Stando a quanto accertato dalle autorità la cosca agiva anche al di fuori dei confini di Sant’Antonio Abate. La sua azione si estendeva anche nella vicina Angri. Catello Fontanella, come già accennato, aveva lasciato il carcere nel 2018 dopo ben 26 anni di reclusione. Ruoli apicali nell’organizzazione li rivestivano Martinez, considerato esecutore materiale delle richieste estorsive, e Michele Sabatino, che si poneva invece come intermediario tra il clan e le vittime.

Assunzioni in una ditta di Angri

Nell’inchiesta di carabinieri ed Antimafia sul clan Fontanella di Sant’Antonio Abate anche richieste di auto di lusso, polizze assicurative ed assunzioni. E’ il caso, ad esempio, di un’azienda di Angri cui sarebbero state imposte almeno venti assunzioni. Il boss aveva poi l’obbligo di soggiorno sul territorio abatese una volta uscito dal carcere, ma questo non gli ha impedito non solo di organizzare un clan vero e proprio ma anche di andare a passeggiare talvolta in costiera amalfitana.

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